Ulteriore riflessione sulle primarie e sulla politica

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 3 maggio 2017

Oggi Polito sul Corriere faceva una giusta considerazione. Diceva che i voti che (pare) Renzi abbia raccolto (a tutt’oggi) siano anche “molti di meno di quelli annunciati domenica sera”. Perché questo è avvenuto: domenica sera alle primarie avevano votato ‘quasi’ due milioni di cittadini (il doppio di quelli previsti furbescamente da Renzi stesso), subito divenuti sui media due milioni tout court. Poi però la cifra si è ridimensionata a circa 1.850.000. Peraltro si tratta di una stima, perché non è ancora chiaro quanti abbiano effettivamente votato (e chissà se si saprà mai con esattezza). Siccome stiamo parlando di chi vorrebbe che ‘sin dalla domenica sera’ fosse chiaro il vincitore alle elezioni politiche (e non solo il nome, ma i votanti effettivi, nonché i voti effettivamente conseguiti da ognuno dei candidati), magari un po’ più di precisione e di rapidità non guasterebbero.

Oggi Diamanti su ‘Repubblica’ parla di un PD invecchiato. Il cosiddetto popolo delle primarie è al 42% composto da ultra65enni e, per un altro 21%, da ultra55enni. In tutto fa 63%, ossia due terzi dei votanti. I pensionati sono il 40%, i lavoratori dipendenti circa un 30%, gli autonomi un 15%. C’è poco spazio per i giovani e per chi studia, non ha un lavoro, è inattivo o è precario: tutti costoro sono appena una nicchia di coloro che hanno scelto Renzi il 30 aprile. Nel 2013 gli anziani erano solo il 29%, i giovani il 4% in più di oggi. Sappiamo anche che il 19% di costoro sono orientati al Centro (16%) o a destra (3%), e che solo un terzo (34%) si dichiara di sinistra tout court. Se non è una macedonia politica questa, cos’altro? A questa vaghezza compositiva si affianca, poi, una parallela vaghezza dei contenuti politici.

Diamanti, dinanzi alla constatazione di un partito che invecchia e si indebolisce proprio laddove ha le sue radici (le regioni rosse, ma anche Roma e il settentrione), spiega che “non basta un leader ‘forte’ al comando a ri-generarlo”. E “soprattutto non è chiaro ‘se’e ‘come’ intenda farlo”. Se e come, dice Diamanti, ossia metodi e contenuti. Polito rincara la dose, parlando di “una certa vaghezza programmatica” ed elencando anche i punti politici dove non si sa nulla riguardo alle intenzioni effettive del PD e del suo segretario, a partire dalla legge elettorale e quella di Bilancio: “Non è chiaro agli elettori dei gazebo cosa abbia in serbo il loro segretario” chiosa lo stesso Polito. E allora mi chiedo: su che basi è stato votato Renzi: solo perché è lui, medesimo verbalizzante? Per la sua storia recente (una storia da perdente per altro)? Perché dà addosso ai gufi? Perché è ottimista? Perché parla molto in tv? Perché la base elettorale del PD ormai si contenta del personaggio ed è poco curiosa dei contenuti? Perché la politica è talmente personalizzata che l’uomo oscura ogni idea ed è bastante a se stesso? Perché conta solo la vittoria? Ecco il tema vero. Non solo i numeri che ballano o le primarie aperte ai passanti. Ma il fatto che si voti a scatola chiusa, che sia il tifo a guidare le urne, e le scelte effettive sfuggano, o meglio siano una specie di optional, come era una volta il climatizzatore per le automobili.

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