di Alfredo Morganti – 6 marzo 2018
Prima di discutere, bisognerebbe dare un’occhiata ai numeri. A disposizione abbiamo già quelli dell’Istituto Cattaneo e di Ipsos-Corriere della Sera. C’è un dato generale, intanto, che fa pensare. Ci sono stati, rispetto al 2013, 1.800.000 voti validi in meno. Il bacino dei voti, cioè, si è ristretto. Nonostante ciò il PD ne perde 2.600.000, corrispondenti a un terzo circa del suo elettorato. La sinistra estrema, quella storicamente appartenente a Rif. Comunista e ad sigle minori, perde, a sua volta, oltre 350.000 voti (-40%). Solo LeU, che si installa di fatto all’interno del bacino della ex SEL (di sinistra democratica e riformista) guadagna 6.000 voti, mostrando di tenere comunque ‘compatta’ quella specifica area identitaria. In un generale arretramento della sinistra, solo in quel segmento c’è una sottile tenuta elettorale. Si tratta di 1.100.000 voti che per buona metà è voto militante, attivo, consapevole, non di mera e mutevole opinione. La base su cui è possibile costruire un discreto, ancorché nuovo edificio.
Ipsos racconta anche di chi sia composto quel voto: il 62% è di elettori della vecchia ‘Italia Bene Comune’ di Bersani, il 7,2% di giovani al primo voto politico (18-22 anni), il 6,1% proviene dall’astensione. Solo la Bonino è premiata in termini più alti (12,9%) dal voto ultra giovanile (il PD tocca qui appena il 4,5%). Per il resto, LeU è votata da giovani 18-34enni (in questa fascia prende il 5,5%, due punti in più del dato nazionale), da laureati (ancora il 5,5%) e diplomati (4,7%). Meno, molto meno da anziani e da elettori con bassa scolarità. Gli altri indici di votanti sono in linea con il dato del 3,5%.
Questa la radiologia del voto a sinistra. Che dire, allora? Abbandonarsi alle lagnanze, vedere tutto nero, scomodare l’Apocalisse, esigere il ‘nuovo’ à la Renzi, prendersela coi dirigenti, lamentarsi dei tempi bui? Io, per natura, non amo chi si lamenta o si duole. Preferisco magari essere fuori dal coro, piuttosto che ripetere quel che sento in giro. Per questo, dico che si deve continuare a lavorare, perché un nucleo c’è, e il resto verrà se si imboccherà la strada di un partito nuovo. Non c’è un ‘popolo’ ancora dietro? Verrà se i contenuti saranno appropriati alle disuguaglianze e alle ingiustizie, se le forme saranno efficaci, se ci sarà un percorso che preveda la definizione di una leadership potente e preparata, se non si cadrà nella trappola di aver fretta, di buttare tutto a mare, di ricominciare sempre daccapo. Si deve lavorare sui mali sociali, sui mali politici, su meccanismi culturali che rendono oggi la sinistra invisa. La classe dirigente sarà il frutto di un lavoro comune, di un’assunzione di responsabilità individuale e collettiva. Serviranno giovani e anziani, donne e uomini, colti e persone semplici. E poi idee e valori che appartengono alla nostra storia, ma capaci di interpretare i guai e le contraddizioni dei nostri tempi.
Ma soprattutto non dovrà essere un percorso autistico, implosivo, chiuso in una bolla o in una camera iperbarica ideologica, tanto per portare a casa qualche voto identitario e, magari, poi lagnarsene un attimo dopo. Bisognerà stare, invece, attenti a quel che ci accade attorno, allo scombiccherato destino del PD post renziano, alle dinamiche politiche della sinistra, alla possibilità di essere aperti e inclusivi, alla capacità di riaprire un dialogo con la società molto più ampio di quello sinora tentato. Non sto dicendo che tutto va bene madama la marchesa. Sto dicendo che non si deve mai ripartire da zero. Sarebbe sciocco farlo adesso, magari per purismo politico o intellettuale. Dico che il voto è fluido, le opinioni mutevoli per natura, le contraddizioni sociali più dense e ingombranti delle proposte populiste di varia natura. Anche la democrazia rappresentativa è in crisi e toccherà farsi carico per prima cosa delle basi del nostro viver comune. Si aprirà una fase tellurica, certamente, con un nuovo, possibile voto alle porte. Dico però che la sinistra, magari un bel Partito del Lavoro, ha ancora molto filo da tessere. Glielo impone la realtà che viviamo ogni giorno, ancor prima dei nostri desideri.