#‎Brexit‬: fuori o dentro da cosa?

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 26 giugno 2016

Per settimane ci hanno bombardato di ‘remain’ e ‘leave’. Proponendoci, secondo me, una lettura distorta di quel che stava davvero accadendo. Perché io credo che la ‘comunicazione’ della contesa sia stata molto fuorviante. Direi assolutamente ideologica. ‘Restare’ o ‘andare’ sono verbi che non danno l’idea esatta di ciò che stia accadendo e quale sia la posta effettiva in gioco. Che solo apparentemente era quella di ‘rimanere’ o ‘fuoriuscire’ dalla unione europea. In realtà, la contesa era tra chi è o si percepisce in linea con gli effetti positivi della globalizzazione e della unificazione (chi ne gode seppur minimi vantaggi) e chi no – tra chi cavalca i processi di internazionalizzazione (o ritiene di farlo!) e chi li subisce, anche pesantemente.

La comunicazione ha proposto una metafora spaziale, geografica, quale surrogato del nocciolo effettivo della contesa, che era invece il confronto aperto tra i soggetti sociali più cosmopoliti e quelli che nel processo di unificazione invece restano indietro, come rigettati, come una specie di scarto di lavorazione. Tra i giovani che viaggiano con Erasmus, lavorano all’estero e vivono il mito cosmopolita e i vecchi che in casa loro difendono a fatica una nicchia produttiva e lavorativa dall’assalto dei grandi marchi, dalla possente distribuzione internazionale, da Amazon, dai container, dal costo del lavoro asiatico. Questo è.

Qui nessuno ‘resta’ e nessuno ‘lascia’. Non è questione di andarsene: da questa organizzazione del mondo non se ne va nessuno. I pescatori che hanno sfilato sul Tamigi per difendere la loro nicchia nazionale o regionale minacciata dallo scatolame super veloce o dai surgelati pronta consegna internazionale, non vedranno mutata la loro prospettiva, né cambierà la loro condizione economico-sociale. Non ci salveranno due quote di latte in eccesso, né qualche pesce in più dal mare del nord venduto in un mercato di contea. Il confine nazionale si innalzerà, ma non potrà fermare l’assalto dei marchi, del franchising o della finanza. Insomma la Gran Bretagna perderà qualche risorsa e qualche quota di mercato garantita dalla UE, ma non si ‘sgancerà’ (leave!) da nulla, resterà (remain!) ingabbiata come tutti noi in un sistema-mondo più forte delle singole volontà nazionali. Più forte dei presunti vincenti e dei sicuri perdenti messi assieme.

D’altra parte, se il mondo è ‘globale’, che vuol dire ‘uscire’? Uscire da dove? Certo, si può tornare a innalzare i confini locali, ricostruire muri, ritornare a essere biechi nazionalisti, ma tutto ciò servirà a fermare gli uomini, le loro migrazioni, non le merci, non le culture, non i media, non le pressioni ideologiche. A fermare gli uomini che fuggono dalla guerra e dal bisogno, o che vorrebbero lavorare nel pieno dei loro diritti. A fermare la solidarietà, la tutela, le regole condivise. A fermare la responsabilità e l’etica. Ma poi l’economia andrà che è un piacere, i commerci, i mercati, i flussi finanziari che arricchiscono i soliti pochi non troveranno ostacoli. Fuori o dentro da cosa, se la globalità è mondo, se i confini esistono solo per drenare la povertà ma non i profitti, se la terra è piatta e uniforme negli stili, nelle immagini urbane, nei marchi, nelle culture e negli atteggiamenti? E Londra resta la città più cosmopolita di tutte?

E allora ritorna quello che dico da sempre: che la comunicazione comunica solo ideologia, ossia sposta su piani neutri e laterali quello che, se fosse detto con più chiarezza, sarebbe una raffigurazione diretta e più aderente della cosa stessa. Si è fatto credere a tutti che si trattava di staccarsi o meno dall’Europa, con una metafora spaziale. Non si è detto che si trattava invece di fermare ai confini nazionali gli esseri umani (in primis i poveri) e di lasciare tutto il resto com’era, a partire dalle regole della globalizzazione, a partire dal liberismo come ideologia, economia e come modus vivendi. I perdenti restano sempre perdenti, ‘dentro’ o ‘fuori’ che sia. Giovani o vecchi che siano. Che vinca il ‘si’ o vinca il ‘no’ poco cambia. Almeno sinché la sinistra non ricorderà di essere sinistra e deciderà di ripartire dagli ultimi, dagli sconfitti, da chi perde sia dentro sia fuori. Giovani e vecchi senza distinzioni. Fuor di metafora spaziale e fuori da presunti conflitti generazionali.

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