20PIETRE: UNA CASA DEL POPOLO NEGLI ANNI DUEMILA CAMBIERA’ LA NOSTRA SOCIALITA’ DOPO IL COVID-19?

per ALICE STRAZZERI
Autore originale del testo: Alice Strazzeri

20PIETRE: UNA CASA DEL POPOLO NEGLI ANNI DUEMILA

CAMBIERA’ LA NOSTRA SOCIALITA’ DOPO IL COVID-19?

Alice Strazzeri

Abstract

In Emilia e in particolare a Bologna, l’attività ricreativa è molto viva e variegata, caratterizzata dalla presenza di: associazioni; centri sociali; società di mutuo soccorso come il “20pietre” di cui ci racconta Maurizio Pulici del direttivo. Queste realtà hanno avuto una vita difficile osteggiate spesso dalla politica nazionale che le ha presentate sotto una luce negativa e come una minaccia. In questi mesi costretti a casa dall’emergenza sanitaria siamo portati a riflettere sull’importanza del ritrovarsi, dell’attività ricreativa e della solidarietà tra gli individui. Quando torneremo alla “normalità” modificheremo il nostro tempo libero? Vorremo limitare quell’aspetto individualistico che già faceva parte delle nostre vite strettamente vincolate dai veloci ritmi della quotidianeità? Se avessimo incentivato le esperienze associative avremmo oggi una società migliore? Una società in cui avremmo affrontato il covid-19 in maniera diversa? Dalle esperienze associative avremmo potuto imparare la condivisione degli spazi, l’autogestione, la solidarietà e il rispetto reciproco che oggi risultano essere elementi necessari per vivere nelle nuove condizioni restrittive che ci ha costretto questa emergenza sanitaria?

Nella nostra società viviamo frequentemente isolati perché spesso conduciamo una vita solitaria, scandita da una rigida routine (casa-lavoro-casa) e caratterizzata da ritmi molto veloci.

La tecnologia ha permesso maggiore facilità nel mantenere i rapporti, infatti, grazie agli smartphone e ad internet, in ogni momento possiamo metterci in contatto con tutti, anche con un nostro amico che si trova, magari, dall’altra parte del mondo. Tuttavia abbiamo forse perso quella socialità, quella spontaneità nel fornire aiuto reciproco e quel sentimento di condivisione che è stato invece elemento fondante delle organizzazioni operaie nate a partire dall’Ottocento. Gli operai che avevano iniziato a ritrovarsi nelle osterie, successivamente hanno edificato delle proprie sedi, le Case del popolo, per condividere tra loro problemi di lavoro e di vita quotidiana.

L’esperienza delle Case del popolo si affermò in Italia, particolamente in Toscana, Piemonte, e in Emilia-Romagna, quando il nostro Paese, sebbene con tempi più lenti rispetto al resto dell’Europa, fu attraversato dalla rivoluzione industriale che portò alla creazione di una classe operaia e di un forte movimento socialista.

I primi gruppi di lavoratori delle campagne e delle prime fabbriche si organizzarono in Leghe e Società di Mutuo Soccorso e costruirono autonomamente le Case del popolo, locali dove si svolgevano tanto riunioni politiche quanto feste. Durante il fascismo queste strutture furono soggette alle violenze squadriste. Terminato il conflitto molte di esse tornarono ad essere sedi operaie, mentre altre furono requisite dallo Stato in base alla legge Scelba-Saragat del 1954, per essere trasformate in caserme, uffici pubblici o semplicemente abbandonate. Nel dopoguerra gli operai ne edificarono anche molte ex-novo per soddisfare la voglia di ritrovarsi.

Negli anni Settanta e Ottanta con il gemmare delle iniziative ricreative si creò un panorama molto vasto di offerte in cui molti erano centri privati come: palestre e associazioni polisportive, sale da ballo, pub, bar e tanto altro. Davanti anche alle nuove esigenze dei giovani nati sotto l’età d’oro degli anni Sessanta e Settanta, le Case del popolo entrarono in un periodo di grande crisi.

Tuttavia, in Emilia e in particolare a Bologna, l’attività ricreativa legata alle varie associazioni che operano in campo sociale e solidale è rimasta molto viva e variegata sino ai giorni nostri. In questi ultimi anni, però, la politica nazionale, che ha sposato delle posizioni di centro-destra, ha posto i centri sociali e le varie associazioni ricreative in generale, sotto una luce negativa, identificandole come una minaccia per la società.

Una di queste realtà ricreative bolognesi è stata la società di Mutuo soccorso “20pietre” che all’interno della sua sede in via Marzabotto ha ospitato varie associazioni tra cui: il mercato contadino “Campiaperti”; il Comitato “RigenerazioneNoSpeculazione” nato in opposizione alla ristrutturazione dello Stadio comunale di Bologna perché ciò comporterebbe la riduzione della zona boschiva dei Prati di Caprara; i “Giovani danzatori bolognesi” che organizzavano serate danzanti facendo rivivere soprattutto danze rinascimentali; “Sopra i ponti” che operando insieme al Ministero degli Interni, si proponevano di dare un conforto linguistico e burocratico agli stranieri ed extracomunitari per le pratiche che sono portati quotidianamente ad affrontare; l’associazione iraniana presente con la propria biblioteca e che a fine febbraio organizzava la festa per l’uscita dall’inverno; i corsi di italiano per stranieri e il dopo-scuola. Ci racconta Pulici del direttivo: “C’abbiamo di là, il martedì e il venerdì, i corsi di italiano per le signore del Bangladesh; durante il corso di lingua italiana c’è un dopo-scuola che è allestito qui da Raffaele e da un’altra compagna, e poi c’è l’associazione iraniana. Queste sono alcune delle cose fatte per gli stranieri. Poi, in questo periodo, la Casa è particolarmente frequentata da tutti i partiti che fanno la campagna elettorale, e oggi partono anche la campagna del Comitato del referendum per la raccolta firme contro la buona scuola di Renzi, e quella per abrogare l’attuale legge elettorale con cui si va alle elezioni il 4 di marzo…”.

Nella Casa erano anche presenti laboratori di falegnameria, orafo e altri. Per frequentare il laboratorio era necessario diventare soci e contribuire a proprie spese nell’acquisto dei materiali necessari per il corso, però il corso in sé era gratuito.

Erano inoltre organizzati eventi e convegni, sulla tematica dell’autogestione, dell’associazionismo e della larga presenza di stabili sfitti nelle nostre città, in collaborazione anche con altre realtà nazionali come “Rimaflow” (Milano), “Benicomuni” (Napoli), “Mondeggi” (Firenze), e internazionali come i catalani di “Podemos”.

L’obiettivo del “20pietre” era quindi quello di ospitare associazioni che si autogestivano e utilizzavano gli spazi ma che allo stesso tempo si interessavano alle attività che venivano svolte dalle altre realtà presenti e si adoperano per il miglioramento della Casa del popolo.

“La nostra concezione della Casa del popolo è vedersi qui per utilizzare gli spazi e i servizi, ma anche per conoscerci e costruire delle iniziative insieme. Bisogna che tra di noi reciprocamente seguiamo le attività che facciamo e seguiamo anche i cambiamenti delle persone che partecipano a queste attività, perché qui dentro vengono persone che appartengono a strati sociali diversi. Quali sono le domande e i bisogni che esprimono questi strati sociali? Che tipo di coinvolgimento hanno nell’attività che organizziamo? L’obiettivo che ci siamo sempre posti noi è inoltre quello di stabilire delle buone relazioni con gli altri centri (sociali, giovanili, anziani…) che sono presenti sul territorio. In maniera sbagliata si pensa che questa Casa del popolo, sia l’unica che debba nascere a Bologna, mentre noi auspicheremo che nascessero tanti luoghi come questo soprattutto nei locali dismessi o abbandonati.”.

Questa realtà associativa inizia la sua attività nel 2015 quando si stabilisce in uno stabile, in via Marzabotto, sino ad allora abbandonato. Molte associazioni bolognesi hanno avuto la stessa storia, come il Labàs che ha trovato la sua sede in una vecchia caserma o l’Xm-24 che si trova in quello che un tempo era la sede del mercato civico del quartiere Bolognina.

L’associazione “Planimetrie culturali” si occupa proprio di censire gli stabili abbondanati presenti nel capoluogo emiliano per poi proporlo alla associazioni e cooperative che hanno necessità di una sede.

La struttura di via Marzabotto fu utilizzata per anni dall’Aci (Automobile Club d’Italia), successivamente abbandonata era diventa il rifugio per i senza fissa dimora e per piccioni, ratti, scarafaggi, etc… La situazione di degrado a cui la struttura stava andando incontro, allarmò il vicinato, gli uffici comunali e gli ufficiali sanitari che mandarono diversi reclami al proprietario dello stabile. Quest’ultimo, venuto a conoscenza da “Planimetrie culturali” della possibilità di fare un contratto di comodato d’uso gratuito temporaneo con associazioni, risolse il problema stipulando un contratto col “20pietre”. Racconta Pulici: “Il lavoro più grosso è stato quello di bonifica iniziale che abbiamo effettuato con il lavoro volontario e gratuito dei soci, e che ha comportato la rimozione di tutti i detriti presenti nei vari locali della Casa del popolo. Dopodiché si è proceduto al ripristino dell’impianto elettrico e idraulico che erano stati manomessi.”.

Il contratto veniva rinnovato ogni anno perché la struttura era sul mercato immobiliare per la vendita. Spiega Pulici: “La nostra difficoltà maggiore è quella di rinnovare ogni anno il contratto e la scadenza annuale è una scadenza breve per fare degli investimenti significativi e migliorare la struttura.” Per l’impossibilità di fare dei progetti a lunga scadenza, il “20pietre” pensava anche ad un eventuale trasferimento, “Contemporaneamente con Planimetrie culturali, abbiamo fatto un’indagine, qui in zona esistono quattro o cinque stabili che sono nelle stesse condizioni. In tutta la città ci sono duecento stabili che sono sfitti e stanno degradando, per cui le possibilità per sviluppare la contrattualizzazione di stabili e di locali che possano essere riutilizzati a scopo sociale, sono molto alte qui a Bologna. I partiti politici e l’amministrazione comunale sul riuso degli stabili non stanno facendo niente. Fanno un gran parlare di rigenerazione degli spazi urbani disoccupati però, nel concreto, non si sta muovendo niente. L’unica alternativa è quella, come dicono loro, valorizzazione, cioè vendere questi stabili, però il mercato immobiliare è bloccato non si vede la prospettiva di profitti adeguati a quelle che sono nelle loro aspettative, per cui tutti questi locali, rimangono disabitati e si stanno degradando in maniera rapidissima.”

Sebbene non venisse pagato un affitto, essendoci il comodato d’uso gratuito temporaneo, il mantenimento dello stabile comportava comunque delle spese che riguardavano l’energia elettrica per l’illuminazione; il riscaldamento e l’acqua. La Casa si autofinanziava con: le quote di iscrizione annuali dei soci; le donazioni; i contributi finanziari per l’utilizzo dei locali da parte di coloro che organizzavano riunioni ed eventi; il ricavato del punto ristoro-bar e con il lavoro volontario-gratuito di ciascun socio. Per i lavori di manutenzione e ristrutturazione spesso erano gli stessi soci che prestavano gratuitamente la propria manodopera.

La Casa del popolo “20pietre” si trovava nel quartiere Borgo-Reno, dove ci sono due aree molto popolari (Barca e la periferia di Borgopanigale) ma per il resto prevale il ceto medio, impiegatizio e piccoli imprenditori. Tutto il quartiere ha accolto positivamente l’attività del “20pietre”. Continua Pulici: “Ci sono solo alcuni negozianti che sono leghisti che sparlano delle voci e dei commenti ostili nei nostri confronti. Il quartiere in generale ci ha accolto bene, l’edicolante ci vuole un mondo di bene anche perché gli abbiamo bonificato il salone dove c’era di tutto e sta difronte all’edicola. […] La scelta di questa zona nasce dai locali. Alcuni di noi abitano in questa zona.”

Ad oggi la società “20pietre” esiste ancora ma non ha più una sede perché lo stabile che la ospitava è stato venduto. Durante l’inverno 2018 sono stati sgomberati i locali.

La chiusura dell’attività ricreativa e gli sgomberi hanno interessato, come il “20pietre” anche altre realtà bolognesi: Xm24, Labàs, Crash e via dicendo.

L’attuale pandemia da covid-19 ci ha portato a vivere isolati in casa esaltando l’individualismo già insito nella maggiorparte delle persone così come la paura dell’altro e la scarsa solidarietà. Davanti a tale situazione viene da porsi una domanda: se invece che osteggiare le realtà associative, come il “20pietre”, che permettevano quell’importante incontro e confronto tra gli individui, oltre alla conoscenza di esperienze anche molto lontane dal nostro quotidiano e che ci insegnavano all’ascolto dell’altro, oggi vivremmo diversamente questa crisi umanitaria? L’autogestione degli spazi operata dalle associazioni ospitate nel “20pietre” ci avrebbe aiutato a capire meglio come organizzarci in questi momenti in cui siamo portati a condividere luoghi e tempi con gli altri all’interno dei contesti condominiali e cittadini?

Questa pandemia ci ha portato tutti a riflettere anche sull’ambiente e a constatare come il discorso ecologico sia strettamente connesso a quello sociale. Le misure restrittive adottate per contrastare il covid-19, hanno infatti migliorato la qualità dell’aria. Se in passato avessimo avuto maggior rispetto per l’ambiente, oggi ci rallegreremmo di come quest’emergenza sanitaria, sebbene le perdite umane e la situazioni di crisi non solo economica in cui ci ha portato, ha avuto esiti positivi sul piano ambientale?

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