L’INFANZIA SMARRITA DEGLI ADULTI E IL RINNOVAMENTO CULTURALE NECESSARIO

per Filoteo Nicolini

L’INFANZIA SMARRITA DEGLI ADULTI E IL RINNOVAMENTO CULTURALE NECESSARIO

È giustificato porsi la domanda sulla necessità di un rinnovamento culturale? Soprattutto tra i giovani disorientati notiamo anime alla ricerca di significato profondo nella vita artistica e nella sfera etica e religiosa. E dove cercare il rinnovamento delle idee adeguate alle sfide che egoismo e violenza ci pongono? Nel campo dell’educazione è fin troppo palese che c’è molto da dire e da fare, quindi da rinnovare.

 

La richiesta di un rinnovamento culturale nasce di forma eloquente dalle generazioni giovanili.

Negli ultimi tre o quattro secoli è comparso qualcosa di assolutamente nuovo se paragonato con la costituzione spirituale che esisteva prima in occidente.

Allora, volgendosi al mondo fisico, la persona percepiva lo spirito vivo nelle manifestazioni della natura, aveva ancora una disposizione per sentire intimamente l’essenza spirituale. Inoltre,  non separava il suo corpo dalla sua anima ovvero dal suo sentire, volere e pensare. Aveva ancora una relazione intima col mondo esterno e poteva affermare che quello che viveva in lui, allo stesso tempo viveva ed animava il mondo e l’universo.

 

Questo sentire oggi noi non l’abbiamo più, né è facile comprenderlo o immaginarlo, perché tutto si è trasformato.  E si badi bene che questo cambiamento non riguarda solo gli scienziati, ma si rivela in ogni anima umana e in ogni cuore. E non solo nel modo in cui osserviamo il mondo ma anche nel modo in cui stabiliamo relazione con i nostri simili e nella vita sociale.

 

Quale è allora la natura di tale cambiamento? I secoli trascorsi hanno visto il sorgere dell”intellettualismo e la piena fiducia nell’intelletto per sperimentare e comprendere il mondo.  Abbiamo interiorizzato la tendenza a considerare tutto per mezzo della rappresentazione intellettuale stimolata dai sensi. Ma una delle conseguenze, a titolo di esempio, è che la nostra esperienza interiore assume sfumature fredde e sbiadite. Abbiamo guadagnato la spiegazione soddisfacente del mondo materiale ma si è chiuso il cammino per conoscersi intimamente con altrettanta sicurezza. Quell’elemento spirituale che brillava nel passato, che percepiva l’anima del mondo nei colori, nei suoni, nelle stagioni dell’anno, che sapeva leggere nel cuore dei propri simili, quell’elemento è stato smarrito.

 

Possiamo conoscere con l’intelletto la vita esterna della natura, ma non troviamo più quel sentimento intimo di unione con l’universo che ci faccia sentire membri spirituali. È l’enigma dell’essere umano. Ci accorgiamo allora che la nostra educazione e il nostro sentire siano state influenzate da forze sorte negli ultimi secoli. L’enigma non è teorico ma investe aspetti reali, come quello di incontrare amici e cari e non avere capacità di comprenderli nella loro unicità. Abbiamo perso la comprensione empatica, siamo diventati asociali, e onestamente non siamo in grado di costruire un organismo sociale.

 

La cultura dell’intelletto dovrebbe essere connessa con una età definita dell’essere umano, diciamo l’epoca della pubertà, quandi si attivano i poteri del ragionamento e il giovane interviene nel mondo fisico. Ma non è affatto una caratteristica durante la fanciullezza e i primi anni di vita, né dovrebbe essere stimolata durante l’infanzia, perché smorza forze vitali proprie della tenera età. Questo culto dell’intelletto,  il suo imporsi in età precoce, il suo diffondersi pervasivo, ha la conseguenza di privarci in età matura dei più bei ricordi della nostra Infanzia. Se guardiamo indietro alla nostra età infantile non riusciamo a evocare a fondo i sentimenti e i ricordi  che pur sono impressi nel profondo, che raramente emergono deboli e fugaci. Ci troviamo di fronte alla incapacità di contemplare vivamente come fu la nostra infanzia. Per noi è un enigma.

 

Altre erano le condizioni vigenti nel passato, quando le persone avanzate in età parlavano con ricchezza della loro infanzia. Ora non riusciamo ad esprimere, se non con parole e concetti “invecchiati”, le esperienze vissute nell’infanzia,  ma queste esercitano un’influenza nella piccola creatura molto più viva di quanto possano essere espresse in modo intellettuale. C’è una felice espressione per questo mistero: durante i primi tre anni di vita la creatura apprende molto di più che durante tre anni di studi superiori. La cultura attuale tende a ignorare questi primi anni. Quindi, se siamo incapaci di dare colore, animare e spiritualizzare le nostre parole adulte dell’età matura con le forze che provengono dalla nostra infanzia, non possiamo parlare ai giovani in modo vivo e intenso.

 

Allora parliamo invano a una gioventù vivente intorno a noi di una infanzia di cui non ricordiamo nulla e della nostra giovinezza smarrita quando l’abbiamo concettualizzata. E ciò è destinato  a ripetersi quando tali giovani arriveranno all’età matura.

 

È un dilemma su cui riflettere,  è necessario un rinnovamento culturale tutto da costruire. Conoscere le forze spirituali che hanno edificato i nostri primi anni di vita, e da lì conoscere come lo spirito continua ad agire in noi.

 

FILOTEO NICOLINI

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