La festa di Liberazione sobria degli alpini italiani “nella campagna di Russia”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Laura Prologo
La festa di Liberazione sobria degli alpini italiani “nella campagna di Russia”
SU MIO PADRE “la sua liberazione che coincide con la liberazione dell’Italia”.
Oltre al pudore Forse anche la paura di non essere compresi fino in fondo, questo per loro, dopo tutte le sofferenze, sarebbe stato terribile. Mio padre che aveva fatto “la campagna di Russia” era contento di raccontare la sua esperienza, ma lo faceva raramente e solo con persone che potevano capire… Un giorno, quando era ormai vecchio, ho preso un piccolo quaderno di scuola, con foderina azzurra, una penna ed ho iniziato a scrivere la Storia di mio padre, lui raccontava ed io scrivevo… In mano i documenti in suo possesso… date certe, quindi! Ho scritto cose importanti ma era solo l’inizio. Sono stati due giorni intensi, nella mente di mio padre era ancora tutto chiaro, come scolpito ed era felice di poter raccontare, tornare indietro nel tempo…Contento di quella figlia “curiosa” che ogni tanto gli chiedeva di raccontare quella storia per lei così lontana… Poi ho sempre pensato di riprendere il racconto, ma ho sempre rimandato, e non me ne do pace.
Quel racconto incompiuto ogni tanto lo tiro fuori, ne parlo con i miei figli che hanno amato quel nonno scampato da una guerra terribile che però aveva mantenuto intatta la sua umanità.
Da bambina sentivo parlare della linea del Don quando ebbe l’ordine della ritirata, parlava di un esercito sbandato, i capi avevano dato un ordine: “si salvi chi può”
Parlava dei ragazzi che erano rimasti sepolti sotto la neve durante la ritirata… Della marcia con gli scarponi di “cartone” con la neve che arrivava fin le ginocchia, del passo lento e faticoso e della neve che impediva la vista…
Parlava delle donne russe che gli avevano salvato la vita avendolo ospitato nelle loro case calde, scaldate da una stufa a legna che serviva anche per cucinare e offrendogli un piatto di minestra calda. Sulla bontà di queste donne si soffermava sempre. Era davvero convinto che si era salvato anche per questo. Quelle donne che avevano “adottato” questi poveri giovani mandati al fronte per una guerra che non era la loro, erano per mio padre donne da portare per sempre nel cuore.
Ma l’odissea di mio padre non era finita, per chi come lui non aderì alla repubblica di Salò, ci fu quest’altra vergogna dell’Italia fascista che consegnò questi giovani soldati sbandati ai tedeschi. Mio padre fu rastrellato nelle campagne intorno al suo paese, dove si nascondeva, e spedito in un campo di concentramento in Germania dove restò per quasi un anno.
Venne liberato dagli inglesi, il 16 aprile 1945.
Questi militari non vennero mai riconosciuti come prigionieri, per i tedeschi furono Solo degli internati: I.M.I.
INTERNATI MILITARI ITALIANI
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