A quelli che “SENZA DI LUI NON SI VINCE”!

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Antonio Napoletano
Fonte: facebook

di Antonio Napoletano – 7 agosto 2014

Ci stiamo scordando o abbiamo tutti sottovalutato – me ne rendo conto mentre ne sto scrivendo come una specie di futuro ‘esiliato’ in patria – che molti nostri compagni, generalmente persone perbene, stanno dietro le insegne di questa compagnia di guitti, capeggiata da un giovanotto dalla parlantina facile e dalla naturale propensione, se non alla bugia, alla disonesta dissimulazione.
E’ gente che conosciamo.
Che abbiamo frequentato e frequentiamo.
Salutiamo, scambiandoci notizie e auguri.
E’ gente comune, insomma.
Essi sono la sostanza vivente della “rivoluzione passiva” che si sta mangiando la Repubblica e le sue libere Istituzioni.
Non che a loro sia ascrivibile questo disegno criminale, ma, certamente, non senza di loro, del loro sfiancato consenso, che tutto questo si sarebbe potuto perfino progettare.
E se avessimo più riflettuto e agito tempestivamente avremmo compreso per tempo, come ogni nostro silenzio o privata ira favoriva quella specie d’infezione che, senza dare segni visibili del male, fiaccava e corrompeva le loro resistenze, li predisponeva a dare la loro disponibilità a farsi volenterosi e silenti sostenitori di questa fiduciosa e disperata resa alla propria spoliazione civile e politica.
Non c’è ‘ragione superiore’ a giustificazione di questa devoluzione democratica.
Né è sufficiente farla discendere ‘coerentemente’ dalla più lunga e violenta crisi, la stessa che ha messo il belletto alle poche e scombinate idee del denaro e dei suoi poteri.
Pensavo a tutto questo leggendo quanto qui riproduco del commento di Gustavo Zagrebelsky, apparso ieri – non senza una qualche involontaria ironia – sulla “Repubblica”, il giornale, l’apparato ideologico che più d’ogni altro ha contribuito, giorno dopo giorno, a questa spoliazione. A questa resa.

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<< I nostri riformatori che così parlano e agiscono, ne siano consapevoli o no, potranno essere un giorno ascritti alla storia dell’antiparlamentarismo, una lunga e nefasta storia iniziata negli ultimi decenni dell’Ottocento e proseguita nel tempo della Repubblica. Già subito, nel 1948, dopo le elezioni del 18 aprile, si sostenne, quattro mesi dopo la sua entrata in vigore, che la Costituzione era morta e sepolta sotto la valanga di voti che aveva consegnato il Paese alla DC. La Costituzione ‘consociativa’, avente cioè nel Parlamento il suo luogo d’elezione era superata – si disse – da una costituzione materiale il cui fulcro era il governo e il suo partito. De Gasperi, com’è noto, non aderì, anche perché non considerò mai la DC partito ‘suo’, nel senso odierno, La ‘legge truffa’ poca cosa rispetto a certe attuali proposte in materia elettorale) fallì: Le maggioranze furono di coalizione, le coalizioni avevano il loro fulcro in Parlamento e la Costituzione resse all’urto. Da allora, però non si è cessato d’immaginare, progettare e perfino tramare contro l’odiato consociativismo, attribuito come peccato originale a una Costituzione che, in verità, è soltanto un’onesta, per quanto sempre perfettibile, costituzione non di un’oligarchia ma della democrazia pluralista. Sotto la pressione delle crisi che viviamo, quelle proposte sono ritornate d’attualità, rivestendosi – ora come allora – di efficientismo e di colore patriottico, ‘nazionale’. La vocazione totalizzante è una caratteristica comune a tutte le forme di antiparlamentarismo, una vocazione lampante quando il capo di un partito vuole essere l’incarnazione del ‘partito degli italiani’ (versione Berlusconi) o del ‘partito della nazione’(versione Renzi). […]

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La storia è antica, ma l’illusione di un governo dalle mani libere e per ciò stesso benefico, altrettanto. In una società segnata da tante profonde fratture, la nostra, possono bastare l’attivismo, il giovanilismo, il futurismo ottimistico sempre ostentato e regolarmente smentito, gli annunci e le promesse quasi sempre rimangiate, il nascondimento delle prove che ci dobbiamo preparare ad affrontare? Quale natura dimostrerebbe a breve il preteso governo delle mani libere? O un qualche populismo o un qualche autoritarismo, oppure l’uno e l’altro insieme. Inevitabilmente ciò sarebbe la dissimulazione del vero volto di un potere che lo sostiene da dietro le quinte: il volto di un’oligarchia oggi nobilitata dall’avvallo europeo (“ce lo chiede l’Europa”, ma quale tra le diverse e possibili Europe?).>>

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