Aborto: nella legge il diritto, nella pratica il giudizio

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: MARIANNA STURBA
Fonte: IlSudEst.it
Url fonte: http://ilsudest.it/component/content/article/90-forum/10657-aborto-nella-legge-il-diritto-nella-pratica-il-giudizio.html

di MARIANNA STURBA

“Manda giù con un sorso d’acqua e tutto sarà finito”. Questa la promessa nascosta nei farmaci che stringi in mano.

  Un aborto clandestino è la soluzione: lo si compie ingerendo farmaci come il Cytotecun anti ulcera che a dosi massicce compromette la gravidanza. Sono medicinali che si comprano online, al mercato nero vicino alle stazioni delle grandi città, o anche in farmacia, con una ricetta che non è difficile procurarsi.

Eppure questa donna aveva tentato di seguire l’iter della L194/78 che da quasi quarant’anni riconosce alle donne il diritto di scegliere se dar seguito ad una gravidanza o no.

Seguiamo la sua storia

Una donna, una come tante, si guarda allo specchio, si sente diversa…sospetta una gravidanza, un viaggio per cui non è pronta. Si attiva subito, test, esami del sangue e poi consultorio o medico di famiglia per chiedere un aiuto. Tutti la fanno ragionare, pochi ragionano con lei. In certi momenti devi essere fortunata ad incontrare chi vuole aiutarti a ragionare sulla tua vita senza proiettarti addosso le proprie paure le proprie convinzioni i propri dogmi.

Decide di interrompere la gravidanza.

Prossimo passo recarsi in un ospedale in cui è possibile abortire. Arriva e è un numero che prima o poi verrà chiamato. Se sei fortunata hai con te un ‘ amica o il padre del bambino, raramente tua madre, altrimenti sarai sola con le tue ansie. Lei era con il suo Lui, ma non sapendo che dire taceva in un silenzio pieno di dolore e solitudine.

Il medico che la visita è gentile, lui sì ha capito cosa sta provando, le fa l’ecografia, gira il monitor verso di sè così che lei non posso guardare, perché  non abbia una conoscenza dell’essere che porta in grembo per il quale probabilmente non prova nulla.

Data la gravidanza, fissa il tempo entro cui può interrompere la gravidanza, purtroppo ha poco tempo, ma tutte in sala d’attesa dicono la stessa cosa.

In quello ospedale non c’è posto per lei, pieno.

Ne visita un altro ma dato l’alto numero di obiettori le sedute per le interruzioni si riducono ad una a settimana.

Gira come una trottola  alla ricerca dell’ospedale disponibile nel frattempo scadono i tempi. Non può più accedere all’ interruzione legale. È disperata decide di farlo come si è sempre fatto prima della leggi, illegalmente.

Il dolore diventa pervasivo perché l’impossibilità di percorrere la strada legale, ti conduce verso un baratro di solitudine e non assistenza che oltre alla ferita, che comunque l’aborto lascia nella donna, aggiunge una gamma di segni indelebili inevitabili. Il sotterfugio, la vergogna, la paura e gli effetti collaterali di un’espulsione del feto molte volte parziale, feriscono in una profondità inarrivabile.

Se ti scoprono rischi una multa, come se parcheggi in doppia fila o se superi i limiti di velocità, dal 15 gennaio 2016 è stata aumentata la  multa per chi si sottopone ad aborto clandestino da 51 euro a una cifra tra i 5.000 e i 10.000 euro. Le denunce diminuiscono ancora di più.

L’aborto clandestino, torna ad essere una soluzione alla difficoltà

Una realtà non quantificata.

Dove finiscono le donne che prima chiedono di abortire e poi spariscono?

Dati precisi non ci sono. La dimensione dell’aborto clandestino si potrebbe calcolare? Qualcuno dice di Sì, studiando la domanda e valutando l’offerta data, e anche trovando indicatori adeguati. Solo che nessuno vuole fare questo studio.

Non si trovano dati certi del fenomeno, solo proiezioni. Quasi come se non esistesse.

La Laiga (Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194), parla di due tipi di aborto quello che riguarda donne italiane di alto livello sociale, detto “d’oro”, che evitando attese e per riservatezza ,vanno in cliniche private dove l’igv (interruzione gravidanza volontaria) viene fatto passare per aborto spontaneo; e quello più cruento e drammatico che riguarda le donne che hanno meno mezzi. Naturalmente sono queste seconde che pagano le multe!

Chi subisce l’aborto illegale paga, anche se prima ha tentato un’interruzione legale. Contro questo decreto si sono mosse associazioni di ginecologi e femministe, che hanno scritto una lettera alla ministra della Salute Beatrice Lorenzin, e si è mobilitando anche la Rete con l’hashtag #obiettiamolasanzione.

Se il servizio pubblico , quello che la legge ha riconosciuto come necessario per dare esecuzione alla legge, è carente per la troppa presenza di obiettori, allora le donne possono obiettare contro la “punizione” per una infrazione che non è dipesa dalla propria volontà.

L’aborto diventa un luogo di guadagno, il posto della speculazione, il mercato del corpo delle donne che nella pratica non possiedono ancora il proprio corpo.

La riflessione finisce col pensare  alla  effettiva Laicità del nostro stato.

A partire dal crocifisso nelle scuole pubbliche, l’esenzione fiscale per le proprietà del Vaticano, le pressioni degli organismi cattolici su questioni politiche che esulano dalla religione. Tante intromissioni fra due poteri che già nel 1929 si dichiaravano autonomi e non condizionati.

Che tipo di laicità cerchiamo? Quella francese, ad esempio, che consiste in una pressoché totale sterilizzazione della sfera statale, e pubblica in genere, rispetto alla presenza delle religioni? Oppure  la laicità come intesa dalla Corte europea per i diritti umani, che è compatibile con la presenza delle religioni nella sfera pubblica, e perfino di una religione di Stato, ma con il limite del divieto di indottrinamento religioso nei confronti dei cittadini e di discriminazione nei confronti di chi pratica una religione diversa o non ne pratica alcuna? O funziona meglio il modello proposta dalla Corte costituzionale italiana, che la intende non come indifferenza dello Stato rispetto alla religione, ma come pari valorizzazione di ogni religione praticata nell’ambito della società?

Non sappiamo quale modello funzioni meglio in tutti i settori ma sicuramente in sanità, nella sanità dei diritti di autodeterminarsi la laicità che funziona meglio il modello francese.

Abbiamo dati inquietanti rispetto alle percentuali dei medici obiettori che non doveva essere permesso, lì dove lo stato non ha vigilato e non ha sentito l’esigenza di gestire in ottica protezionistica la possibilità poi di applicare la legge, è avvenuto che la sfera del credo personale ha di fatto mozzato l’applicazione della legge dello stato.

Cosa sta facendo la politica per garantire questo diritto sancito da apposita legge dello stato?  In Parlamento sono state depositate proposte di modifiche alla 194 da diversi partiti. Una di queste è una  proposta che ha l’obiettivo di portare a “un migliore bilanciamento tra il legittimo esercizio dell’obiezione di coscienza e l’altrettanto legittimo ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza” garantendo che una percentuale di almeno il 50 per cento del personale sanitario e ausiliario degli enti ospedalieri e delle case di cura autorizzate non sia obiettore, e istituendo un numero di telefono gratuito che informi i cittadini sulle modalità di applicazione della legge. È presentata dai deputati di Alternativa libera-Possibile  a febbraio 2016 e vede tra i primi firmatari Beatrice Brignone e Giuseppe Civati.

Il senatore Maurizio Romani, si spinge oltre affermando che nelle strutture la percentuale di personale medico non obiettore dovrebbe essere del ,  70% ossia il contrario di quanto avviene attualmente.

Giuditta Pini propone una norma che preveda che, per diventare direttore di una struttura sanitaria e di un dipartimento o per presiedere policlinici sia necessario non essere obiettori né esserlo stati nei 24 mesi precedenti. Questo dovrebbe garantire che in quell’ospedale la norma venga applicata.“L’obiezione di coscienza è un diritto e uno strumento di tutela, non deve diventare un abuso, e deve essere sempre garantita la presenza di medici non obiettori – ha chiarito Pini a ilfattoquotidiano.it – Tutto ora è delegato alle Regioni, che però in questi anni non hanno agito, portando a situazioni limite”. Per questo si chiede anche una centralizzazione del controllo e della mobilità dei medici nelle strutture, in modo che non siano penalizzati sempre i pochi non obiettori, costretti a spostarsi perché i soli a effettuare il servizio richiesto.

Un messaggio positivo nel Lazio è stato lanciato dal Governatore Zingaretti che, in risposta a questa difficoltà ha avuto il coraggio di bandire un concorso per Dirigenti non obiettori. Criticata come scelta ma assolutamente necessaria alla causa.

Non ci resta che guardare anche noi quella donna nello specchio, che mentre scopre una gravidanza non desiderata, scopre anche i limiti di uno stato ancora pieno di troppe contraddizioni, che da una parte afferma l’importanza del diritto ma dall’altra ne nega l’applicazione; guardiamo quella donna che una volta conosciuto l’aborto clandestino ha anche accettato volontariamente di mercificare la propria sofferenza e in quella contraddizione si sente morire; guardiamo quella donna e chiediamoci quanto ancora il mondo femminile deve sopportare e patire prima di vedere riconosciuti i propri diritti? Quanto ancora la donna dovrà pagare sul proprio corpo qualsiasi leggerezza o gioco del destino?  In una norma il diritto, nella sua applicazione il giudizio!

Non voglio essere io quella persona che accende il rovo sotto il corpo della donna legata al palo e bruciata come strega. Non lo sia neanche chi deve vigilare e rendere possibile il rispetto dei diritti. Ogni volta che si rifiuta ad una donna l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, si appicca volontariamente il fuoco che brucerà la strega.

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