di Anna Falcone – 30 maggio 2019
Tutto quello che c’era da dire sul futuro della “Sinistra che non c’è ancora” lo abbiamo detto fin dall’appello Brancaccio, che fu “fatto fallire” proprio perché quel progetto, innovativo e unitario, ma su presupposti radicalmente nuovi, non andava bene né alle vecchie classi dirigenti – preoccupate solo della propria sopravvivenza – né a quell’identitarismo sterile che ancora alimenta le divisioni e la fragilità della proposta politica a Sinistra. Non chiedetemi cosa penso, io continuo a pensare quello che scrissi e dissi allora: concretezza dei progetti e credibilità delle persone che li portano avanti. Senza non c’è futuro. Premesso che “Il nuovo non può nascere se non muore il vecchio”, se chi ha fatto del fallimento la propria cifra e condizione di esistenza non si fa da parte. L’elezione plebiscitaria di Pietro Bartolo, votato a furor di popolo anche da tanti elettori della Sinistra c.d. “radicale”, pur nelle liste del PD, è la prova lampante di tutto ciò: perché vedete, il medico di Lampedusa, un esempio vivente, è lo stesso che fu costretto a ritirare la sua candidatura in LEU per far posto a chi pretendeva per sè, e per le sue bende mummificate, il “seggio sicuro”. E così fu per tanti.
Non servono analisi dotte per capire che non è la Sinistra che non votano, non è il Nuovo Ecologismo che non votano: non votano voi, i vostri odi e veti incrociati, il vostro sterile identitarismo, la totale lontananza dai drammi quotidiani della maggior parte delle persone. E lo dico con la massima considerazione e rispetto per quanti, al contrario, hanno lavorato fino all’ultimo per scongiurare questo esito, come per le tante candidate e candidati che, nonostante le scarse probabilità di successo, si sono spesi in queste elezioni europee: non è la prima volta che quelli bravi li candidano solo quando non ci sono poltrone da spartire. Li ho votati, e ne sono orgogliosa. Ecco, smettiamola di levare le castagne dal fuoco a chi è diventato ostacolo alla nascita di una nuova Sinistra e di un progetto politico credibile e “votabile” anche da quei tanti cittadini che non votano perché non c’è nulla che li convinca e li rappresenti. Perché quel mondo nuovo, a cui in tanti ambiamo e per cui vorremmo lavorare anche senza alcun riconoscimento personale, quella società giusta, quei diritti universali, quella proporzionalità nei doveri e quel modello di sviluppo ecosostenibile non potranno mai nascere senza un radicale cambiamento di metodi e persone.
Basta? Assolutamente no. Perché con quel “metodo democratico”, tanto sbandierato e poco praticato dagli altri movimenti e partiti, prima o poi bisognerà fare i conti: una Sinistra dirigista che ha paura del suo popolo, di ciò che potrebbe fare se messo nelle condizioni di “partecipare” e “decidere” liberamente, getta quello stesso popolo fra le braccia della destra e di chi lo prende in giro con false promesse e plebiscitarismo a buon mercato. Come se un applauso all’uomo solo al comando potesse sostituire le idee di tanti…figurarsi degli ultimi! Eppure, sono questi applausi, così gonfiati, così fragorosi, che abdicano alla libertà e alla responsabilità di essere e decidere quali cittadini liberi, del nostro futuro, che ci dicono quanto poco tempo ci sia. Il futuro è nero, ma io sono ottimista, perché, mai come adesso, morire può essere un buon inizio. L’unico possibile. Al lavoro, dunque, umilmente, costruttivamente, seriamente, e che nessuno si tiri indietro.