Assolti Erri de Luca e il diritto di parola

per Gabriella
Autore originale del testo: Eleonora Martini
Fonte: il manifesto
Url fonte: http://ilmanifesto.info/erri-de-luca-la-francia-mi-ha-difeso-e-in-italia-il-codice-fascista-sabota-la-costituzione/

intervista a Erri de Luca di Eleonora Martini  20 ottobre 2015, il Manifesto

Erri de Luca, non se l’aspettava un’assoluzione, vero?
Per mio tem­pe­ra­mento sono sem­pre pre­pa­rato al peg­gio ma in que­sto caso i pro­no­stici erano impos­si­bili per­ché si è trat­tato di un pro­cesso spe­ri­men­tale: nes­suno scrit­tore era mai stato incri­mi­nato prima con que­sto arnese del codice fasci­sta — l’istigazione — che risale al 1930.

La sua dichia­ra­zione spon­ta­nea prima della sen­tenza ha messo in luce l’assurdità di avere ancora in vigore il codice Rocco.
Quell’articolo 414 non era mai stato usato prima con­tro l’opinione di una per­sona, ma ho voluto sot­to­li­neare il con­flitto tra l’articolo 21 della Costi­tu­zione che garan­ti­sce la nostra libertà di espres­sione e quell’articolo del codice penale fasci­sta che invece la nega. Que­sta era la posta in gioco nel pro­cesso, al di là del mio tra­scu­ra­bi­lis­simo caso per­so­nale. Aveva un peso per sta­bi­lire la tem­pe­ra­tura della libertà di parola: se sof­fre di feb­bre, aggre­dita da una volontà di cen­sura, o se è sfeb­brata ed è sana.

E qual è la dia­gnosi?
La sen­tenza dice che l’articolo 21 della Costi­tu­zione gode di ottima salute: il ten­ta­tivo di sabo­tag­gio da parte della pub­blica accusa è stato respinto.

La mini­stra di Giu­sti­zia fran­cese, Chri­stiane Tau­bira, ha twit­tato due volte in suo onore. «#Erri­De­Luca, quando tutto sarà scom­parso die­tro all’ultimo sole, resterà la pic­cola voce dell’uomo, citando ancora Ten­nes­see Wil­liams», scrive nel primo post. Men­tre nel secondo la Guar­da­si­gilli fran­cese usa una delle poe­sie del comu­ni­sta Louis Ara­gon per salu­tare la sen­tenza nella quale, a suo giu­di­zio, sfuma la giu­sti­zia salo­mo­nica.
Non lo sapevo. Posso solo dire che da noi un mini­stro di giu­sti­zia che cita uno scrit­tore come minimo sbaglia.

In que­sta vicenda, ha sen­tito più vicine le isti­tu­zioni fran­cesi che quelle ita­liane?
La Fran­cia si è espressa al mas­simo livello delle sue isti­tu­zioni, con­si­de­ran­domi un suo cit­ta­dino: il pre­si­dente della Repub­blica fran­cese è inter­ve­nuto più volte su que­sto caso.

Lo stesso Fra­nçois Hol­lande avrebbe tele­fo­nato a Renzi per invo­care cle­menza nei suoi con­fronti. Che lei sap­pia, è vero?
Così risulta dal Jour­nal Du Diman­che, ed è evi­dente che que­sta noti­zia non può essere uscita che dall’Eliseo. Il pre­si­dente fran­cese ha evi­den­te­mente per­messo che la noti­zia diven­tasse pub­blica. Dun­que, è una cosa certa. La Fran­cia, attra­verso il suo mas­simo espo­nente, si è tirata fuori da que­sta sto­ria: è come se avesse detto «una con­danna di que­sto tipo non è con­ce­pi­bile per noi, non in nome dei francesi».

Secondo lo stesso set­ti­ma­nale fran­cese, però, il pre­mier ita­liano non avrebbe mostrato «alcuna indul­genza». E comun­que ieri Palazzo Chigi ha smen­tito «il merito e le cir­co­stanze» della noti­zia.
Negare l’evidenza è uno degli stati dell’ubriachezza. Ma tra Renzi e Hol­lande io credo al pre­si­dente fran­cese, ovviamente.

Lei ha avuto con­tatti per­so­nali con le isti­tu­zioni d’Oltralpe? Per­ché l’hanno presa così a cuore?
No, mai avuto con­tatti. Lo fanno solo per­ché sono uno scrit­tore. E uno scrit­tore incri­mi­nato per le sue parole viene adot­tato da quella società civile, da quella opi­nione pub­blica. È già suc­cesso ad altri scrit­tori, che erano in situa­zioni ben peg­giori delle mie, di tro­vare lì una seconda cit­ta­di­nanza. Io resto un osti­nato cit­ta­dino ita­liano, non mi fac­cio smuo­vere dalla mia cit­ta­di­nanza, ma lì mi hanno voluto soste­nere come se fossi un loro concittadino.

Prima della sen­tenza ha voluto ripe­tere che per lei la Tav va osta­co­lata e sabo­tata. Voleva farsi capire meglio o sfi­dare il suo giu­dice?
La parola sabo­tag­gio ha tanti signi­fi­cati che non riguar­dano il dan­neg­gia­mento fisico. Non volevo che il verbo «sabo­tare», che ha piena cit­ta­di­nanza nel voca­bo­la­rio ita­liano, fosse ridotto a que­sto: a un gua­sto mec­ca­nico. O che fosse cen­su­rato da una con­danna penale. D’altra parte, anche que­sta incri­mi­na­zione con­tro di me voleva sabo­tare la libertà di parola. Ho detto che se quelle mie parole erano un cri­mine, non solo ho ripe­tuto il cri­mine ma lo avrei con­ti­nuato a ripetere.

Adesso che «è stata impe­dita un’ingiustizia», come ha detto lei, c’è da fare qual­cosa ancora su que­sto fronte?
Intanto è stato fer­mato un ten­ta­tivo di cen­sura che poteva essere un pre­ce­dente. Dun­que, le per­sone si pos­sono sen­tire più inco­rag­giate nella loro libertà di espres­sione. Ma c’è ancora molto da fare per­ché le lotte delle popo­la­zioni rie­scano ad avere accesso ai canali di infor­ma­zione che costrui­scono l’opinione pubblica.

E sulla Tav?
La Tav della Val di Susa — sedi­cente «alta velo­cità», parole che sono una frot­tola oltre che una truffa — è un’opera che non si farà. Si sabo­terà. Da sola: per man­canza di coper­tura finanziaria.

Nell’aula giu­di­zia­ria c’erano molti val­su­sini…
Sì, e giu­sta­mente con­si­de­rano que­sta asso­lu­zione una loro vit­to­ria, per­ché è stata una delle rare volte in cui qual­cuno impe­gnato a con­tra­stare la Tav è stato assolto.

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