Basta piangersi addosso. Diamoci da fare

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Giangiuseppe Gattuso
Fonte: Politica.prima.it
Url fonte: http://www.politicaprima.com/2015/08/matteo-renzi-basta-piangersi-addosso.html

di Giangiuseppe Gattuso – 8 agosto 2015

Basta piangersi addosso, basta lamentazioni, rimbocchiamoci le maniche“.  Devo confessare di condividere questa esortazione.

La voglio ritenere una presa di coscienza nuova del nostro sempre giovane Presidente del Consiglio. Un’acquisita consapevolezza sulle reali condizioni del nostro Paese. E credo sia un appello importante, un modo per spingere i cittadini verso un maggiore impegno. Nella vita di ogni giorno, nel sociale, nel mondo del lavoro. Nella ricerca di opportunità per migliorare, per dare una mano, per uscire dal guado.

Sono convinto sul serio che questa sia la strada giusta. Perché è vero, le potenzialità di un essere umano sono tante, le capacità di resistenza, di impegno, di creatività e di superamento anche delle peggiori difficoltà sono sbalorditive. Nel mondo del lavoro gli esempi non mancano. Così nel sociale, nel volontariato e nell’impresa. E non c’è poi tanta differenza tra pubblico e privato. Siamo capaci di eccellere in ogni campo e di fare emergere doti nascoste.

E ci sono spazi di miglioramento notevoli, enormi potenzialità inespresse, sacche di sottoutilizzazione e spreco di risorse umane inenarrabili. E, diciamocelo francamente, molti di noi potremmo fare di più, parecchio di più. Se solo ci fosse una motivazione, una spinta propulsiva, un sentimento condiviso, uno spirito comunitario capace di mettere da parte stupidi egoismi e anacronistici campanili. E trasformare milioni di singoli cittadini in comunità nazionale, per essere e sentirsi un popolo.

Dice Renzi “L’Italia ha finalmente svoltato dopo anni di decrescita infelice. Segno “più” su tutto…., vuol dire che con le riforme le cose cambiano. L’Italia ha qualità straordinarie non valorizzate a sufficienza”. “L’Italia è molto più forte delle sue paure, più solida di qualsiasi difficoltà. Non lasciamo il futuro ai lamenti dei gufi, riprendiamoci il domani centimetro dopo centimetro”.

Sono parole significative, anche se a parti invertite le lamentazioni facevano parte del suo vocabolario prima della conquista del potere. Quando gli attacchi erano rivolti alla vecchia guardia, che gestendo il potere precludeva gli spazi ai giovani trentenni e quarantenni. Ma è la storia che si ripete, è sempre così.

E allora va bene l’appello e la chiamata alle armi. C’è bisogno di tutti. C’è bisogno dell’aiuto delle forze politiche e sociali, delle organizzazioni imprenditoriali, e, principalmente c’è la necessità di crederci ancora.

Ma al di la dell’ottimismo di maniera e obbligato dalle responsabilità di governo c’è, purtroppo, la constatazione quotidiana di una realtà diversa che tocca milioni di famiglie. E ci sono i dati, nudi e crudi, che fanno a pugni con gli ottimismi e fanno pure molto male. Sono le certificazioni di autorevoli istituzioni nazionali come Svimez con il suo rapporto annuale 2015 sul nostro meridione, e internazionali come il Fmi. Venti anni ci vogliono, senza una significativa ripresa della crescita, per tornare ai livelli occupazionali pre-crisi del 2007, è quello che prevede il Fondo Monetario Internazionale. Una valutazione oltremodo negativa e preoccupante per le prospettive dei più giovani.

E di “Generazione Perduta” ha parlato, un facile profeta, l’allora Presidente del Consiglio Mario Monti in una significativa intervista confessione al magazine del Corriere della Sera “SETTE”, il 27 luglio 2012. “Si può cercare di trovare formule compensative per attenuare il fenomeno e limitare i danni alla “generazione perduta”, ma soprattutto impegniamoci seriamente a non ripetere gli errori dei passato, a non crearne altre, di “generazioni perdute” (clicca per il testo completo)». Più chiaro di così. (Il manifesto della generazione perduta)

E poi c’è la grave “questione meridionale”. Un Sud Italia in grande difficoltà e sempre più povero. Che ha registrato una radicale diminuzione del tasso di crescita ben al di la della Grecia. Siamo fermi al 1977 per i livelli occupazionali e al 1860 per i nuovi nati. Un disastro, la cui soluzione è esiziale per l’Italia intera. Non si va da nessuna parte con un Paese spaccato a metà.

A questo fa riferimento Roberto Saviano nella sua lunga e accorata lettera al Presidente del Consiglio (clicca per leggere) che traccia le linee di una società sempre più impoverita con un forte aumento dell’emigrazione giovanile. Un Sud spesso vittima dell’assistenzialismo, e di se stesso, ma anche depredato dalla malavita. In un Paese che non ha forse mai voluto risolvere definitivamente questo grave situazione economico e sociale. Tante cose sono rimaste ferme, tanta noncuranza, tanta superficialità e tanta indifferenza. Il sentimento peggiore.

E allora che fare. Il Presidente del Consiglio ostenta ottimismo a palate e continua a dare la caccia ai gufi. Le riforme costituzionali in corso, intanto, seguono lo spirito guida di una sempre più verticalizzazione e concentrazione del potere, con il rischio di uno squilibrio dei rapporti tra gli organi o di “un uomo solo al comando”. La nostra Costituzione ha disegnano un sistema equilibrato di controlli reciproci e di influenze tra organi e poteri dello Stato che non deve essere cambiato.

Mentre le altre riforme già approntate dovrebbero bastare a invertire davvero la china e spingere il Paese verso una crescita vigorosa. Ma questo, però, non può prescindere da una politica di sviluppo che includa fortemente tutto il Sud Italia. E i dati SVIMEZ, le previsioni del FMI, l’appello di Roberto Saviano ad agire e a fare presto, dovrebbero quindi servire per cambiare la rotta.

Matteo Renzi, guida l’Italia dal 22 febbraio 2014, un anno e mezzo di governo, sulla base dei risultati elettorali del 2013 quando non vinse Bersani. È anche il Segretario del Partito Democratico. È giovane e vigoroso, furbo e cinico quanto basta. Una responsabilità e un potere enorme. Se ne ha la volontà e se ne è capace, concentri maggiore attenzione a quelle generazioni che non possiamo rischiare di perdere ancora e agli annosi e cronici problemi del Sud. E dimostri al Paese, con una buona dose di umiltà, di volere effettivamente unire. I cittadini, nonostante tutto, hanno bisogno di speranza. Per continuare a crederci.

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