Bersani: “La sinistra deve fare un passo avanti. Meloni? La nonna di Cappuccetto Rosso”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Francesca Schianchi
Fonte: La stampa

Bersani: “La sinistra deve fare un passo avanti. Meloni? La nonna di Cappuccetto Rosso”

«Sono giorni pieni di soddisfazioni: ho anche ricevuto la notifica della querela del generale Vannacci», scherza l’ex segretario Pd

a settimana scorsa, Pier Luigi Bersani ha trascorso qualche giorno in Sardegna, incontri e comizi di campagna elettorale. «Sono giorni pieni di soddisfazioni: ho anche ricevuto la notifica della querela del generale Vannacci», scherza. La prossima settimana, sarà in Abruzzo, dove si vota il 10 marzo. «I sardi hanno sperimentato cos’è la destra e hanno risposto. Ma c’è stato anche uno squillo di tromba al Paese: ora serve un cambio di passo».

Cosa intende?

«Man mano che si disvela questa destra, si vede che tipo di mucca nel corridoio è e sarà, perché questa destra non cambia. Pd, M5S, Alleanza verdi-sinistra e, se vuole, Calenda, devono capire che c’è un mondo più largo di loro che chiede di mettersi al servizio dell’alternativa. Non solo politica: ma sociale, civica, morale, democratica».

Un’alleanza strutturale?
«I partiti devono capire che loro sono gli affluenti, ma il fiume è l’alternativa. Questo mondo più largo non incrocia l’idea tolemaica dei partiti, vadano loro a Copernico. E non so se l’hanno capito».

Le dichiarazioni all’indomani della vittoria sarda non l’hanno convinta?
«C’è un dibattito stucchevole sulla definizione campo largo o giusto, parole che non dicono nulla se non la divisione. Chiamiamolo campo dell’alternativa; poi, quando saremo vicino alle Politiche, troveremo un nome meno campestre».

Mentre tutti festeggiano, lei vede ancora un problema serio per il centrosinistra…
«Siamo a un passo dal poterlo superare. Ma guardi i dati: andiamo bene nelle città, spesso perdiamo ancora nella Sardegna profonda, come nell’Italia profonda. Continuo a dirlo, a modo mio: la sinistra deve frequentare di più i bar».

Secondo Prodi, Conte esiterà fino alle Europee sperando di diventare il leader della coalizione.
«La gente non ragiona così! Bisogna fare come in Sardegna: trovare la candidatura giusta che interpreti questo mondo più largo, come ha saputo fare Todde, ben oltre la sua casacca di partito: una sarda di sinistra, democratica, progressista, antifascista».

Quindi un domani alle Politiche la candidatura giusta potrebbe essere anche qualcuno che non sia né Conte né Schlein?
«Ce lo dirà il popolo e non i media. Usciamo da Tolomeo. Elly questo lo ha proprio capito».

Schlein è più generosa di Conte?
«Sì, ma vede, la generosità, che è la materia prima della politica, è come le terre rare: ci sono, ma si fa fatica a tirarle fuori. Ed è contagiosa: se uno ce la mette, alla lunga anche gli altri sono costretti a metterla».

Da destra fanno notare che nel voto di lista la loro coalizione resta avanti rispetto al centrosinistra.
«Perché si è candidato Soru, a proposito di generosità… Ma se si sommano i suoi voti, siamo avanti noi di due punti».

Calenda ha sostenuto Soru. Dovrebbe esserci anche lui nel campo dell’alternativa?
«Facciamo un passo verso di lui, lui due verso di noi, e arriviamo a incrociarci. E facciamo davvero un passo avanti».

Come lo immagina questo passo avanti?
«Cominciamo a dire chiaramente che noi siamo l’alternativa, poi ci battezzeremo con un nome quando sarà ora della battaglia. Ma cominciamo a costruirla nel Paese, con un programma scritto attraverso dei comitati per l’alternativa, viaggiando e ascoltando in tutta Italia. La destra è forte, ma il resto del mondo è più o meno alla pari: il problema è che non si concepisce come un’alternativa».

Non pensa che ci siano temi importanti, come la politica estera, su cui Pd e M5S sono molto, forse troppo distanti?
«No. Se si vuole fare un’alleanza, il punto di mediazione si trova. È l’inverso: viene drammatizzata la politica estera per sottolineare i distinguo, è la dimostrazione che ancora non si pensa sia il tempo di costruire l’alternativa».

Conte ha definito il Pd «bellicista», nel suo partito non l’hanno presa bene.
«Nella posizione di Conte c’è un eccesso di distinguo, ma bisogna tenere conto che i Cinque stelle quando partecipano a un’alleanza hanno bisogno di caratterizzarsi su uno o due temi. Ci dica quali sono e vediamo come fare. Il Pd deve sapere che nelle frasi di Conte c’è del tatticismo, ma sono una forza politica recente, hanno bisogno di riconoscersi in una bandiera. Che spesso, anche se con i suoi limiti, come il reddito di cittadinanza, è evolutiva e progressista».

Todde all’indomani della vittoria ha detto: «La Sardegna ha risposto con le matite ai manganelli».
«Grande frase. Mi ha ricordato Michela Murgia, è una vittoria anche sua, lei ha rappresentato un pezzo del mondo che dobbiamo mettere insieme. I manganelli di Pisa sono stati una vergogna cosmica, ma incredibile è la posizione della destra».

A chi si riferisce?
«Meloni sta zitta. Salvini sta coi manganelli. Tajani dice: i poliziotti sono figli del popolo, non figli di radical chic. Ma caro Tajani, già devi fare la parte di Berlusconi, vuoi fare anche quella di Pasolini? Non è troppo sforzo per un fisico solo? La destra è questa roba qui, nella loro cultura arretrare non è contemplato. Guardi quello che hanno fatto con le norme sulla sicurezza sul lavoro».

Non le piace l’idea della patente a punti?
«Mi piace se succede che quando muoiono tre persone per colpa tua chiudi e vai in galera! La reazione dei sindacati alle loro proposte è stata fin troppo moderata, perché sono norme intessute di compliance, conformità, ravvedimento… Un conto, e già mi fa schifo, è se il condono lo applichi agli evasori, ma quando ci sono dei morti è gravissimo».

La sconfitta sarda della destra è sintomo di qualcosa di profondo o solo un incidente di percorso?
«Dipende solo da noi. Se facciamo un passo avanti, è l’inizio di un problema serissimo per la destra. Se cincischiamo, sarà solo una battuta d’arresto, comunque non da poco».

È d’accordo con chi dice che Meloni è stata arrogante in questa partita?
«Non c’è dubbio, ma non ci illudiamo: loro sono in grado di superare ogni divisione. Meloni arrogante… Ma sa, è quella cultura lì. Non riesce a considerare tutti gli italiani come figli suoi. La destra ha sempre bisogno di un avversario, e quando non c’è, lo inventa. Guardi con gli agricoltori: hanno detto “qualcuno li considera privilegiati”, intendendo noi, naturalmente. Ma noi quando lo abbiamo detto?».

Meloni però riconoscendo la sconfitta sarda ha aggiunto che impareranno e miglioreranno.
«Ma sì, ogni tanto si rende conto di dover aggiustare la comunicazione. Ma sa che effetto mi fa quando dice così? Me la vedo come travestita da nonna in Cappuccetto rosso».

In Abruzzo riuscirete a fare il bis della Sardegna?
«Quando si può vincere, si deve vincere. Non sto a guardare i sondaggi, ma so che bisogna partire con questa psicologia. Ora tutti in Abruzzo, io andrò e sarò sul palco con Elly Schlein: nessuno stia a pettinare le bambole».

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