Lega in crisi, il Veneto processa Salvini

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: LAURA BERLINGHIERI, FRANCESCO MOSCATELLI
Fonte: La stampa

Lega in crisi, il Veneto processa Salvini

VENEZIA. Un’Opa del Veneto sulla Lega. Lo scenario, man mano che si avvicinano il voto del Senato sul terzo mandato per i governatori (e i sindaci delle grandi città) e le Europee del 9 giugno, sta agitando più di un sonno. Perché se le differenze fra lighismo a trazione Zaia e Lega sovranista salviniana sono palesi da tempo, nelle prossime settimane si potrebbero gettare le basi per una prova di forza del venetismo. Con esiti imprevedibili per il Carroccio, per il suo segretario, ma a ben vedere per tutto il centrodestra. Lo stesso posizionamento della Lega a destra di Fratelli d’Italia certificato in Europa dall’alleanza con Le Pen potrebbe essere messo in discussione.

La data da segnare sul calendario è quella del voto di palazzo Madama sul terzo mandato. «Tra un paio di settimane. E il nostro voto non cambierà: siamo contrari» conferma Maurizio Gasparri, capogruppo dei forzisti al Senato. L’occasione sarà quella della conversione in legge del dl sull’Election day. «Dopo il bagno di sangue in Commissione, è un secondo suicidio» mugugna qualche salviniano. Ma i lighisti veneti tirano dritto, pronti a difendere la loro linea del Piave. «Se dovessero bocciarci di nuovo il testo, siamo pronti a riproporlo ancora» dice l’ariete veronese Paolo Tosato, primo firmatario dell’emendamento. A quel punto, FdI potrebbe alzare il tiro e porre la questione di fiducia sul provvedimento, obbligando i leghisti ad arrestare l’offensiva. «Allora sì, saremmo costretti a fare un passo indietro. Certo non voteremo la sfiducia al governo» ammette Tosato.

Ma, davanti a un centrodestra sempre più sfilacciato, i lighisti veneti suonano la carica. «Dopo Zaia, ancora Lega» sentenzia l’assessore regionale Roberto Marcato, confermando il progetto di una corsa solitaria nel 2025. Lo stesso Doge, tra l’altro, ha già dato il via libera a una lista con il suo nome per le regionali, indipendentemente dalla sua candidatura. «Vogliamo una Lega progressista: né di destra, né di sinistra, ma partito di territorio. Che muove dalla Lega Nord, ma che è attenta ai diritti civili. Non certo la Lega di Roberto Vannacci» dice Marcato.

Il ragionamento che si fa dalle parti del K2, il quartier generale trevigiano dal quale sventola orgogliosa la bandiera con il leone di San Marco, è che, indipendentemente dai «voti politici», la Liga può contare sui «voti territoriali». Gli esempi non mancano. Oltre al risultato della lista Zaia nel 2020 (44,5%), molti citano le performance di Massimiliano Fedriga alle Regionali del Friuli Venezia Giulia e di Mario Conte alle comunali di Treviso. In entrambi i casi nel simbolo della Lega c’era il cognome e pure le loro civiche hanno fatto il pieno di consensi.

Per la corsa solitaria ci sono già anche i nomi dei possibili candidati: il trevigiano Mario Conte, il segretario della Liga Alberto Stefani e, appunto, Marcato. Un Marcato che non lesina le bordate nemmeno contro Salvini: «Le Europee saranno un terreno di prova per tutti. Se otterremo meno voti di FdI, bisognerà aprire una discussione. Perché le sconfitte hanno sempre una titolarità».

Fratelli d’Italia, dall’altra parte, potrebbe schierare il segretario regionale Luca De Carlo, il ministro Adolfo Urso, Elena Donazzan (l’assessora più longeva del Veneto) o Raffaele Speranzon, da sempre vicino a Meloni e grande sostenitore del siculo-musulmano Pietrangelo Buttafuoco alla Biennale (ci sarebbe lo zampino della moglie marocchina). Le quotazioni di Speranzon, in particolare, crescono in modo speculare all’ipotesi che Zaia possa sostituire Luigi Brugnaro come sindaco di Venezia. E infatti, a proposito dell’ipotesi Zaia-quater, il meloniano dice: «Eravamo contrari in Commissione, saremo contrari in Aula». E poi, fuori da FdI, ci sarebbe pure Flavio Tosi, sostenuto da Forza Italia. Ma il punto è un altro: cosa accadrebbe a Lega e centrodestra in caso di spaccatura e di vittoria dei venetisti ribelli?

Salvini, in ogni caso, deve prima affrontare l’esame Europee. Chi candiderà la Lega nella circoscrizione Nord Est dato che Zaia sembra non averne alcuna intenzione? «In via Bellerio pensano di sfangarla con Paolo Borchia, che magari a Verona dovrà contendersi le preferenze con Tosi? Tanti auguri. I sondaggi riservati ci danno al 5,5%» mastica amaro un lighista della prima ora. C’è poi chi è convinto che, in caso di débâcle, indipendentemente dal fatto che il partito oggi si chiama “Lega per Salvini premier”, il 10 giugno «voleranno tavoli e sedie».

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