Bonomi, lor signori e il gruzzolo

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

Bonomi, lor signori e il gruzzolo

Leggo l’intervista su Repubblica a Bonomi e mi chiedo se queste classi dirigenti ce le siamo davvero meritate. Dalla loro bocca non senti mai una parola o una sillaba di solidarietà e mai una accenno alla vita di tutti, al bene pubblico, alla comunità nazionale, ma solo un focus sempiterno sul mondo delle imprese, sulle fabbrichette, sulla produttività, sulla crescita, sul fatturato aziendale, come se l’economia fosse solo la macchina che loro dipingono, e non invece anche consumo, domanda, condizioni di esistenza e tutela dei soggetti deboli, quelli che si affacciano sul mercato e vengono regolarmente divorati dagli squali che chiedono pure il taglio delle tasse come digestivo.

In mezzo a tanta fuffa (una su tutte: non ci sono investimenti sulla sanità! Come se non fossero stati i tanti governi ‘capaci’, da Monti in poi, a ridurre la sanità pubblica a mera spesa corrente, tagliando 30 miliardi di investimenti che oggi avrebbero salvato vite umane, non fabbriche – come se questo governo non stia avviando un inversione di tendenza), in mezzo a tanta fuffa, dicevo, la sostanza è sempre la stessa, ossia soldi alla imprese, perché è inutile spenderli a pioggia direttamente sui poveri, su chi ha bisogno, su chi è stato colpito dalla crisi epidemica. Solo soldi alle imprese sennò le consuete minacce: licenziamenti e chiusure.

Nemmeno una parola che esuli dalla cortina di ferro del “mondo delle imprese”, non un accenno a qualcosa che si differenzi anche solo un po’ dal circuito del profitto. Eppure l’economia è fatta di donne e uomini, di beni e di consumo, di condizioni sociali e personali, di saperi e di lavoro, di fiducia e di aspettative, di tanto lavoro e tanti lavoratori, gli stessi che oggi, secondo Bonomi, dovrebbero rinunciare a chiedere aumenti e farsi licenziare zitti zitti, sacrificandosi invece per la produttività delle imprese: non lavoratori ma “addetti”, non persone ma “unità produttive”, non uomini ma pedine, meglio se quasi aggratis.

Mi chiedo: ma come crede Bonomi di risollevare l’economia, di riprendere la crescita, se la domanda è quasi azzerata? Crede che basti tornare a produrre, a sfornare prodotti senza commesse, e senza che il consumo dia almeno un segnale di vita? Se non si riattiva la domanda, quello che Bonomi che chiede per le imprese è solo assistenza, solo tagli alle tasse, solo sostegno pubblico. Lo stesso che rimprovera alla politica, lo stesso che va bene se beneficia la classe dirigente ma non va bene se è diretto a chi ne ha bisogno per sopravvivere.

Queste continue minacce, di cui Repubblica per prima è la eco, sono una specie di baubau che vuol dire: il malloppo è il nostro, guai ai morti di fame che ci mettono le mani sopra. Restino morti di fame (tanto che gli cambia) e pieghino la schiena davanti al banco da lavoro e alle macchine. Noi, cioè il mondo delle imprese, abbiamo bisogno di profitto, il più ampio possibile, con la minore fatica e nel tempo più breve. Il nostro governo dei capaci siamo noi stessi: d’altra parte, chi saprebbe curare gli interessi della classe dirigente più della stessa classe dirigente? Nessun’altro.

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