Boschi, Finocchiaro e le riforme di re Giorgio

per mafalda conti
Autore originale del testo: Michele Prospero

di Michele Prospero – 5 ottobre 2015

nap4

Il ministro Boschi dice che il padre delle riforme si chiama Giorgio Napolitano. L’affermazione rivela la statura (proprio nulla) del ministro nell’esercizio del ruolo di governo. Nella sua infima levatura istituzionale, Boschi pensa di aver pronunciato una parola gentile e per di più indice di un grande spessore culturale. Non sospetta neppure, il ministro per caso, che ha stabilito delle connessioni improprie, che il presidente emerito sicuramente non avrà gradito.

Con un non richiesto riconoscimento di paternità, Boschi dà, infatti, alimento alle correnti dottrine del “re Giorgio” quale occulto manovratore, che non sono proprio un complimento entro una repubblica parlamentare. Un capo dello Stato, indicato come l’artefice di grandi riforme, apre delle questioni istituzionali e di etichetta. Il loro semplice sentore sicuramente spingerà il vecchio inquilino del Quirinale a un tempestivo disconoscimento di ogni paternità.

Il solo artefice di questo misfatto chiamato riforma del senato è Renzi. Il giornale apocrifo sabato titolava a tutta pagina: “Conto alla rovescia”. E per sottotitolo, in pieno stile populista, annunciava: “Tra dieci giorni la buona politica taglierà 315 deputati”. La filosofia del foglio renziano è la stanca ripetizione della solita litania: il capo del governo non è uno sporco politico come tanti, lui è il gran castigatore della casta, e quindi il solo campione della buona politica.

E però, proprio una storica esponente della casta, come Anna Finocchiaro, ha contribuito al senato a spianare la strada della riforma anticasta confezionando emendamenti e nuovi canguri per strozzare il dibattito in aula. Nell’aprile del 2013, Renzi inveiva con impeto contro la sua attuale musa salvatrice: “Sarebbe bello un presidente donna, ma leggo nomi sui giornali che sono improbabili: Finocchiaro la ricordiamo per la splendida spesa all’Ikea con il carrello umano. Servono personaggi anti casta”.

Ora proprio l’impresentabile frequentatrice dell’Ikea, con scorta a seguito, diventa la consulente tecnica del premier per abbattere la vana resistenza dei signori della casta. La camicia immacolata di Renzi deve dunque ringraziare la senatrice che nell’aprile del 2013, sembra un secolo, trovò la dignità di replicare a tono alle sue insulse parole demagogiche. Allora Finocchiaro dipinse l’attuale presidente del consiglio come un mediocre personaggio dalla prosa “davvero miserabile, per i toni e per i contenuti”.

Nella sua giusta replica al rottamatore, Finocchiaro così proseguiva: “Trovo inaccettabile e ignobile che simile attacco venga da un esponente del mio stesso partito. Sono dell’opinione che chi si comporta in questo modo potrà anche vincere le elezioni, ma non ha le qualità umane indispensabili per essere un vero dirigente politico e un uomo di Stato”. Sante parole. Però, dopo che il “miserabile” e il campione dell’attacco “ignobile” ha conquistato il potere, senza mai passare attraverso il voto, Finocchiaro ha dimenticato in fretta il brutto volto di un politico che ha raffigurato come un capo senza qualità, un dirigente improbabile e un impossibile statista. Nella sua nuova veste di consigliere del principe, la senatrice rimuove i fatti recenti e rispolvera nelle pieghe della memoria genealogie sterili: “Noi nominati? Anche i primi costituenti”.

Ma come? A parte l’ilarità involontaria che scatena il solo accostamento tra lei, i suoi freschi sodali, e i padri della repubblica, la senatrice dimentica che la costituente fu eletta a suffragio universale e con scrutinio proporzionale. L’allegra combriccola che senza affanni distrugge la democrazia parlamentare, strattona le regole costituzionali, sfida le sentenze della Consulta con l’Italicum ha sicure affinità solo con Calderoli e Berlusconi. Non certo con la grande storia repubblicana.

Il rottamatore prova un piacere incalcolabile nel vedere al proprio servizio chi l’ha chiamato “miserabile” per via delle sue parole o chi nella minoranza Pd gioisce nella ritrovata unità della ditta. Renzi sarà sicuramente spazzato via dagli elettori, non appena il popolo riavrà in mano il diritto di esprimere chi lo governa. Gli esponenti della minoranza, invece, non hanno diritto neppure a una sconfitta politica. Per loro basta la censura peggiore, quella di Crozza che li ha da tempo sepolti negli echi di una superiore risata ironica e beffarda, quella che sempre cade sui vili, gli irresoluti. Se Renzi, nella storia della seconda repubblica, è una vera pagina della tragedia, la minoranza è solo una nota a piè di pagina, quella in cui si racconta delle comparse in una farsa.

nap2

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.