Bruno Bolelli, partigiano

per Luca Billi
Autore originale del testo: Luca Billi
Fonte: i pensieri di Protagora...
Url fonte: http://ipensieridiprotagora.blogspot.it/

di Luca Billi – 26 gennaio 2017

ll 22 gennaio è morto Bruno Bolelli; avrebbe compiuto 94 anni il prossimo 8 aprile. Lo voglio ricordare a voi che non avete avuto la fortuna di conoscerlo, perché è stato uno degli uomini che ha combattuto per questo paese, è stato uno che ha fatto l’Italia. Mi sarebbe facile usare parole più enfatiche per ricordare quello che ha fatto Bruno, ma non lo voglio fare, perché lui non era così e soprattutto perché per me Bruno era una persona di casa, qualcuno che ricordo da sempre. Ma che ho imparato a conoscere poco a poco.
Quando ero un bambino Bruno era il gerente – così lo chiamavano i miei – della minuscola cooperativa di consumo di Quarto, il paese vicino a Bologna in cui sono nato e cresciuto, un paese davvero piccolo dove ci conoscevamo tutti. E io ero il figlio di Gigi e della Nadia, il nipote della Lalla e di Vincenzo. Se la mamma o la nonna si erano dimenticate qualcosa, andavo a comprarlo io in cooperativa e qui incontravo Bruno. Era una persona gentile, attenta, sempre pronta a darti a mano, ma era anche pronto a rimproverarti se facevi qualcosa che non andava, perché allora a Quarto era così: tutti erano un po’ i nostri nonni e tutti avevano il diritto – e il dovere – di riprenderti.
Quando sono diventato un po’ più grande ho conosciuto il compagno Bruno. Lui era il responsabile dello stand del pesce alla Festa dell’Unità di Quarto e tante volte ci siamo incontrati in sezione; Bruno era uno di quei compagni che parlava poco, ma che parlava a proposito, era uno di quei compagni che stavi ad ascoltare e che ti ascoltavano, con pazienza, anche quando dicevi qualcosa di stupido. Bruno è una di quelle persone che hanno insegnato a me, come a tanti altri, a fare politica, ci hanno insegnato che la politica è importante e che può essere bella, che deve essere bella.
Trascorso ancora qualche anno ho conosciuto la storia di Fulmine, il partigiano, l’uomo che ha combattuto con coraggio durante la Resistenza, l’uomo tenace, dietro quell’aria sempre così piena di bonomia. Bruno conobbe la guerra, quando venne arruolato e mandato in Jugoslavia. Dello scomodo viaggio in treno verso Brodna Cupi ricordava le case bruciate in campagna, che gli ricordavano casa sua, e pensava alle sofferenze delle persone che vivevano in quei poveri casolari. Dopo l’8 settembre Bruno tornò a Quarto, ma non ci rimase, perché la sua strada era un’altra: la clandestinità e la lotta partigiana. Bruno partecipò alla Resistenza nella 36° brigata Garibaldi, combattendo sull’Appennino romagnolo, e successivamente venne inquadrato nella divisione Cremona, con la quale partecipò alla presa del fiume Po e alla liberazione del Veneto.
Bruno però non amava raccontare gli scontri, a cui pure partecipò, ma voleva parlare delle storie degli ultimi, di quelle famiglie che ospitavano, rischiando, i partigiani e che dividevano con loro il pochissimo che avevano da mangiare, delle mondine che avevano il coraggio di ribellarsi e di scioperare. Bruno voleva raccontare queste storie, perché quella era la sua parte, la parte in cui aveva deciso di stare.
Bruno raccontava con ritrosia le sue azioni da partigiano, perché era fatto così, non gli interessava dire quello che lui aveva fatto – che gli sembrava poco rilevante, anche se aveva fatto tanto – ma voleva raccontarci – e l’ha fatto fino all’ultimo – quello che fecero tutti insieme.

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