Bruxelles: le vittime e i colpevoli

per Luca Billi
Autore originale del testo: Luca Billi
Fonte: i pensieri di Protagora...
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di Luca Billi – 23 marzo 2016

Ieri era il giorno della commozione, non potevamo far altro che stringerci, in qualche modo – ciascuno con la nostra sensibilità – intorno alle vittime. Oggi la commozione non deve bastarci più.
Nella notte del 18 marzo scorso l’Europa ha subito un attacco violento, uno dei più duri che abbia dovuto patire in questi anni, un attacco probabilmente mortale. I responsabili di questo vero e proprio attentato all’Europa sono Merkel, Hollande, Cameron, Renzi e gli altri leader che hanno sottoscritto un accordo giuridicamente illegale e politicamente vergognoso con il governo di Erdogan. Con quel trattato l’Unione europea ha delegato la gestione dei profughi alla Turchia, un paese che non ha ratificato la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951: inviare dei profughi in un paese che non rispetta quell’accordo significa violare il diritto internazionale. I profughi saranno deportati in massa, senza che le loro richieste d’asilo siano valutate individualmente: anche in questo caso una violazione del diritto internazionale. Per fortuna in queste ore il governo greco sta facendo resistenza, proprio in nome delle regole del diritto che vuole siano comunque rispettate, ma temo che anche in questo caso l’Unione riuscirà ad accerchiare il governo Tsipras, con la minaccia che, se non si piegherà, i profughi saranno tutti a loro carico, un peso che evidentemente quel paese – già stretto dai tagliagola inviati da Draghi e da Lagarde – non può sopportare.
In base a questo accordo la Turchia si impegna ad accogliere i profughi che si trovano già ad Idomeni e negli altri campi in Grecia e soprattutto a impedire che nelle prossime settimane avvengano nuovi sbarchi in Europa attraverso l’Egeo. Da parte sua, l’Unione europea si impegna ad accogliere tanti profughi siriani – che ora si trovano in Turchia – quanti saranno forzatamente rimpatriati dalla Grecia – ma comunque non più di 72mila – e soprattutto a versare al regime turco sei miliardi di euro, in due rate. Al di là di generiche buone intenzioni, non ci sono garanzie che verranno rispettati i diritti dei rifugiati, non ci sono assicurazioni su come verranno scelti i 72mila siriani di cui il regime di Erdogan vuole liberarsi. I governi europei hanno consapevolmente e colpevolmente deciso di girare le spalle a questi poveri cristi, di gettare alle ortiche i più elementari principi di umanità e di solidarietà, di affidare a un sicario prezzolato – i cui metodi sono stati più volte denunciati – le vite di migliaia di donne e di uomini, la cui unica colpa è quella di essere poveri, di aver tentato di fuggire da una realtà spaventosa, dalle guerre di cui i governi occidentali sono responsabili, dai disastri ambientali provocati dalle multinazionali che finanziano quei governi. Quei profughi li hanno creati i governi occidentali e adesso pagano il regime turco perché elimini il problema.
Questi stessi personaggi, che si sono macchiati di questa infamia, oggi piangono le vittime di Bruxelles, come ieri hanno pianto le vittime di Parigi, si avvolgono nelle bandiere – che sono anche le nostre – cantano gli inni – che sono anche i nostri – sfoderano tutta la loro retorica, per condannare la strage di vittime innocenti nella capitale belga. Ci dicono che saranno loro a difendere la “nostra” civiltà, così duramente colpita, e che ci condurranno in questa guerra sanguinosa, ma necessaria. Ci spiegano che dovremo fare dei sacrifici, che dovremo rinunciare alla nostra libertà, per avere maggior sicurezza. Anch’io piango quei morti, anch’io voglio cantare quell’inno d’Europa, che è un pezzo importante della nostra identità – perché davvero mi sento più europeo che italiano – ma non voglio combattere con i terroristi di stato, con i governi che sono più pericolosi di quelli da cui dovrebbero, almeno formalmente, difenderci.
Questa consapevolezza non significa sottovalutare il pericolo che il terrorismo islamico rappresenta per noi e per le donne e gli uomini che lo subiscono, a differenza di noi, ogni singolo giorno, in quei paesi che, secondo la retorica guerresca dei nostri mezzi di informazione, dovrebbero essere nostri nemici, senza distinzioni. Non posso e non voglio considerare miei nemici le donne e gli uomini dell’Africa e del Medio oriente solo perché hanno un colore diverso dal mio o professano una religione diversa da quella che io ho conosciuto da bambino. E dobbiamo lavorare affinché loro non ci considerino nemici, anche se i governi – nostri e loro – fanno di tutto per convincerci del contrario.
I terroristi sono un pericolo reale, che dobbiamo temere, ma evidentemente gli strumenti utilizzati fino ad ora per contrastarli sono inefficaci, nonostante i governi ci rassicurino di essere capaci di difenderci. Fermare un folle che ha deciso di farsi saltare in aria in un aeroporto o in una stazione della metropolitana è impossibile, impedire un attacco suicida è come voler svuotare il mare con un cucchiaio. Per neutralizzare il terrorismo bisogna tagliare la testa del serpente, ma questa testa è quella degli emiri del Golfo, è quella della famiglia degli Saud, è quella dei signori del petrolio; la testa del serpente è ospite d’onore nelle cancellerie occidentali, è un alleato temuto e riverito e soprattutto è qualcuno con cui ogni giorno le compagnie internazionali fanno i loro affari. Troppo comodo incolpare un Salah Abdeslam qualsiasi e allo stesso tempo stringere le mani insanguinate di Mohammed ben Nayef, a cui Hollande ha dato la Legion d’onore. I governi occidentali non vogliono e non possono tagliare la testa del serpente, perché è la loro testa, e quindi gli attentati continueranno, il problema non è sapere se, ma solo quando e dove. Continueranno perché servono ai governi occidentali che – come è avvenuto in Francia – possono instaurare uno stato di emergenza perenne e servono a chi con il terrorismo conduce la propria lotta politica.
I terroristi hanno ucciso persone a caso, a Bruxelles come a Parigi, come ovunque, ma non hanno colpito dei bersagli a caso. Nei giorni scorsi hanno fatto esplodere una bomba in Turchia – uccidendo anche lì nostri fratelli innocenti, per cui non abbiamo alzato bandiere – perché gli emiri del Golfo persico considerano il regime di Erdogan come un loro nemico nella complicata scacchiera mediorientale e volevano dare un segnale forte proprio mentre l’Unione europea faceva affari con quel regime, sulla pelle dei profughi. Bruxelles è stata scelta perché è la città dell’Europa – e della Nato – e perché in questi mesi il governo di quel paese ha tentato di scendere a patti con il serpente: ma si tratta di un gioco pericoloso, in cui la sconfitta è quasi certa.
L’altra cosa da fare per eliminare il terrorismo è svuotare quei serbatoi di possibili esecutori di attentati che sono le grandi periferie delle nostre città. Ci sono migliaia di ragazze e di ragazzi, di donne e di uomini, che facciamo vivere in brutti palazzi, che facciamo lavorare senza diritti, a cui facciamo frequentare scuole spesso inadeguate. Ci sono migliaia di persone che vedono ogni giorno la parte peggiore di quella che noi chiamano pomposamente la civiltà occidentale, che ogni giorno sfruttiamo, di cui ogni giorno compriamo i corpi e di vorremmo spezzare le anime. A queste persone chiediamo solidarietà dopo ogni attentato, ma ogni giorno vedono i nostri sguardi torvi e sospettosi quando li incrociamo nella metropolitana o sono davanti a noi in una fila. Chiediamo loro di aiutarci a sconfiggere i terroristi, ma poi votiamo per partiti razzisti che fanno campagna incitando l’odio contro di loro. Neghiamo loro i diritti e pretendiamo che conoscano solo i doveri, che noi per primi non rispettiamo. Noi ogni giorno ci facciamo odiare e poi non possiamo stupirci se qualcuno di questi giovani si sveglia una mattina e pensa che la soluzione sia uccidere qualcuno di noi.
I governi occidentali, le multinazionali che li sostengono e da cui prendono ordini, sono responsabili degli attentati di Bruxelles, come di quelli di Parigi, non solo perché fanno affari con il serpente, ma perché tengono in piedi questo sistema, dal momento che la paura garantisce il loro potere e il razzismo paga elettoralmente, perché le nostre società sono razziste, perché noi non siamo disposti a dividere il nostro con chi ha più bisogno, perché ci siamo convinti che il mio nemico sia Mohamed, mentre il vero nemico è il capitalista che sfrutta allo stesso modo Mohamed e me.
Per questo dobbiamo ribellarci alla guerra che vogliono farci combattere, dobbiamo ribellarci allo scontro di civiltà, e dobbiamo combattere con chi guadagna da questa situazione, di qua e di là del Mediterraneo, a nord e a sud del mondo, e dobbiamo condurre questa lotta insieme a tutti gli oppressi, a tutti i poveri del mondo, perché un povero, qualunque sia il suo paese, ha un solo nemico, quello che lo sfrutta. Allora quando ti chiedono da che parte stai?, tu rispondi dalla parte delle vittime, degli ultimi, degli sfruttati; è la parte giusta.

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