Fonte: La stampa
Cacciari: l’Europa sia un soggetto politico. Era questa l’anima del Manifesto di Ventotene. Lo spirito di quel documento è estraneo a tutti i protagonisti dell’Ue di oggi. Meglio evitare la retorica
A che punto è la notte? Così profonda da sperare davvero l’alba vicina…Profonda soprattutto se stiamo al profluvio di menzogne e manifestazioni di disonestà intellettuale dilaganti da ogni parte. Da noi queste sono esplose in seguito alle provocazioni meloniane sul manifesto di Ventotene.
Partiamo pure da qui, si tratta infatti di un buon test per valutare le posizioni in campo sul futuro dell’Unione europea. Se Meloni, in base a chissà quale calcolo, avesse dichiarato di essersi convertita allo spirito del Manifesto mi sarei sentito personalmente preso per i fondelli. Rallegriamoci abbia ribadito che la sua Europa non è quella auspicata da Spinelli e Rossi.
Va bene diventare democratica, anti-fascista, giurare sulla Costituzione, sull’Occidente e sugli Stati Uniti. Ma giungere a dire di condividere, anche solo per le virgole, un testo in cui si afferma che lo Stato nazionale è un «idolo» che tende per propria natura a generare odio e conflitti tra i popoli, e che occorre perciò giungere alla «definitiva abolizione della divisione dell’Europa in Stati nazionali sovrani», beh, questo sarebbe stato veramente disdicevole.
L’ordinamento federale invocato dal Manifesto di Ventotene vuole sottrarre «alla sovranità di tutti gli Sati associati i mezzi con cui possono far valere i loro particolarismi egoistici».
La federazione «deve avere l’esclusivo diritto di reclutare e di impiegare le forze armate, di condurre la politica estera, di determinare i limiti amministrativi dei vari Stati associati (…), disporre di una magistratura federale, di un apparato amministrativo indipendente» e poi ancora avere «il diritto di riscuotere direttamente dai cittadini le imposte necessarie per il suo funzionamento».
Con quale faccia una Meloni avrebbe potuto non esprimere la propria totale contrarietà a simili idee? Ma, di grazia, vogliamo noi democratici anti-sovranisti, europeisti convinti, internazionalisti e via cantando, confessarci che gli unici punti del Manifesto di Ventotene in qualche modo realizzati riguardano l’abolizione delle barriere doganali, la libera circolazione dei cittadini entro i confini dell’Unione e l’emissione di una moneta unica? Cose da poco? Niente affatto – ma sulle quali probabilmente anche la Meloni potrebbe dirsi oggi d’accordo (escludendo, ovviamente, dalla “libera circolazione” gli immigrati, se non diretti in Albania!).
Chi, quale forza politica condivide davvero, non a chiacchiere, lo spirito essenziale del Manifesto di Spinelli? Chi l’ha mai davvero condiviso? Forse che l’Europa che lì veniva disegnata è quella della Von der Leyen?
Si legge a volte il Manifesto come se il federalismo che in esso si propone si riducesse a una formula tecnico-amministrativa. Esso si fonda invece su precise strategie sociali e economiche. Le forze economiche, viene detto, devono essere «guidate, controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne siano vittime», la proprietà privata va «limitata, corretta, estesa caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio», e ancora, «non si possono lasciare ai privati le imprese» in grado di svolgere attività in condizioni di monopolio.
L’ordinamento federalistico ha un’anima fatta di politiche sociali, di difesa e promozione delle classi economicamente più deboli. Non è un fine a sé stesso, ma vale soltanto in funzione del benessere nel senso più generale e alto del termine dell’intera società.
A questo fine vanno impiegate tutte le risorse, e non «verso improduttivi scopi bellici. (…) La federazione europea riduce al minimo le spese militari, permettendo così l’impiego della quasi totalità delle risorse a scopi di elevazione del grado di civiltà».
Sì, par proprio di leggere il programma della Commissione Von der Leyen, il suo ben noto programma socialdemocratico e progressista abbracciato dalla maggioranza che guida l’Unione e di cui gli oppositori della Meloni fanno parte – in nome, è ovvio, del Manifesto di Ventotene!
Siamo seri, lo spirito di quello storico documento è estraneo a tutti gli attuali protagonisti della politica europea. E i suoi paladini ne fanno una retorica, non un fattore della propria strategia. D’altra parte, va pure ricordato che Spinelli sapeva benissimo, e lo diceva, che le culture politiche dominanti in Italia e in Europa si muovevano ancora per «vie nazionali».
Una visione centralistico-statalista non ha trovato da noi che qualche pallida resistenza, più che altro intellettuale. Centralistico è l’assetto della stessa Unione, nei suoi apparati amministrativo-burocratici, che fanno capo alla Commissione e al Consiglio. E tale assetto non poteva che rafforzarsi in seguito all’allargamento, che si intende continuare senza discernimento alcuno, dell’Unione.
Ma, si dirà, oggi con la guerra come sognarsi «democratizzazioni» in senso federalistico? Come illudersi di spendere per «elevare il grado di civiltà» e non per armi? Tristemente vero. La guerra ha sempre posto priorità piuttosto barbare. Sarebbe almeno onesto dirlo senza ipocrisie ai propri concittadini, e non trattarli da sudditi idioti. E dir loro anche come si intende condurla questa guerra.
Hasta la Victoria? In che cosa consiste la vittoria? Quella, per esempio, che Francia e Gran Bretagna imposero alla Germania a Versailles?
Ci vorrà allora, penso, ben più di qualche carro armato e aereo in più, ci vorrà un vero esercito europeo, stati maggiori, generali e armamenti comuni, e qualche soldato pure. Battere la Russia perché si ritiri completamente da Crimea e Donbass sarà faticoso, temo. Sarebbe più ragionevole, penso, puntare a una pace “trattata”, sulla base di accordi che dieci anni fa sembravano già prossimi a conclusione. L’Europa, forse, anche per gli interessi nazionali dei suoi Stati e staterelli, dovrebbe formulare la propria ipotesi di accordo e proporsi come il tavolo della trattativa anche a Russia e Usa. Compito meno eroico di vincere il Nemico, ma forse più economico e più realizzabile.
Oppure del Nemico gli Stati non uniti d’Europa hanno oggi bisogno per mascherare la debolezza, questa sì davvero comune, in ricerca, innovazione, produzioni strategiche, la crisi sociale, culturale e politica che traspare sempre più chiara da elezione a elezione, per tenere insieme il coacervo di sovranismi e nazionalismi che coltiva in seno?
Credo che un’azione rapida, decisa per favorire con proposte concrete prima la tregua e poi il lavoro per un autentico Trattato di pace costituisca l’ultima spiaggia che si offre all’Unione per diventare un soggetto politico che conta negli equilibri globali. E questo, solo questo, sarebbe davvero nello spirito di Ventotene.