C’è del metodo nella follia europea

per Gabriella
Autore originale del testo: Alfonso Gianni
Fonte: Il Manifesto
Url fonte: http://ilmanifesto.info/ce-del-metodo-nella-follia-europea/

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Se il mar­ziano di Ennio Fla­iano tor­nasse tra noi, magari non a Roma, ma a Ber­lino o a Parigi, e potesse osser­vare lo scon­tro in atto tra la Ue e la Gre­cia – prima d’essere deglu­tito anch’esso dai mass-media e diven­tare una mac­chietta da talk show –, ne con­clu­de­rebbe: «Che pazzi que­sti europei!».

Non potrebbe infatti capa­ci­tarsi come cre­di­tori isti­tu­zio­nali che sanno per­fet­ta­mente, sulla scorta di esempi sto­rici impor­tanti come quello della Ger­ma­nia dopo le due guerre, che debiti così ele­vati, quale quello rag­giunto dalla Gre­cia per colpa delle poli­ti­che impo­ste­gli dal memo­ran­dum Ue, non ver­ranno mai pagati per intero, siano così osti­nati nel respin­gere pro­po­ste di com­pro­messo avan­zate dal governo greco costrin­gendo quel paese al default. Con il risul­tato di otte­nere meno che niente, anzi il dila­gare della spe­cu­la­zione con­tro altri paesi in difficoltà.

Eppure, ed è sem­pre la let­te­ra­tura a darci una mano, ci deve essere del metodo in que­sta fol­lia. Per quanto di fronte a classi diri­genti, o meglio a élite euro­pee, inca­paci di vista e pen­siero lun­ghi, è dif­fi­cile con­clu­dere che siano solo pri­gio­niere della loro mediocrità.

A for­nirci una diversa chiave inter­pre­ta­tiva di quello che ci appare a prima vista un puro sui­ci­dio, ci soc­corre la let­tura di un recente rap­porto dei pre­si­denti Junc­ker, Tusk, Dijs­sel­bloem, Dra­ghi e Schulz su come «com­ple­tare l’Unione eco­no­mica e mone­ta­ria dell’Europa» (Com­ple­ting Europe’s Eco­no­mic and Mone­tary Union). Vale la pena di tor­narci sopra, anche per disto­glierci da una troppo osses­siva atten­zione alla que­stione della fuo­riu­scita o della per­ma­nenza nell’euro, e spo­starla sul tema della costru­zione euro­pea, sia dal punto di vista isti­tu­zio­nale che poli­tico, eco­no­mico quanto sociale.

In effetti le firme in calce al rap­porto sono auto­re­vo­lis­sime e l’attesa era note­vole. Ma è rima­sta delusa, anche per chi fa parte del main­stream del pen­siero eco­no­mico. Fabri­zio Sac­co­manni, ex mini­stro dell’Economia ed ex diret­tore gene­rale di Ban­ki­ta­lia, lo con­si­dera addi­rit­tura un testo «ingan­ne­vole» e «irri­tante». I cin­que pre­si­denti si affan­nano a pro­get­tare una nuova gover­nance per l’Europa. Ma i suoi tempi sono deso­la­ta­mente lun­ghi, in quanto con­di­zio­nati alle com­pa­ti­bi­lità dell’attuale pano­rama poli­tico dei governi euro­pei. Si deli­nea un pro­gramma arti­co­lato in varie fasi, che non solo parte già in ritardo rispetto al pro­cesso di implo­sione in atto, ma ci con­dur­rebbe in dire­zioni con­tra­rie a quelle neces­sa­rie. Anche Sac­co­manni rico­no­sce che tale programma

«Non intacca la strut­tura mera­mente inter­go­ver­na­tiva della poli­tica eco­no­mica euro­pea e non con­tri­bui­sce a dotare la zona euro degli stru­menti per con­durre una poli­tica fiscale anti­ci­clica». La stessa pro­spet­tiva di una Teso­re­ria unica, che a un certo punto com­pare nel rap­porto, è non solo lon­tana nel tempo ma non mute­rebbe gli assetti di fondo che vedono nella Ue un contenitore-guardiano della fedeltà dei sin­goli stati ai dogmi del pareg­gio di bilan­cio, in que­ste ore riba­dito con forza da Schau­ble. Reste­rebbe in sostanza un’Europa delle patrie, visto che la crisi dello stato-nazione non ver­rebbe risolta né in un senso né in un altro. Di fisco e bilan­cio euro­peo non si parla nep­pure. Men­tre un’Europa unita su basi fede­rali è l’unica pro­spet­tiva che la possa sal­vare e ren­dere utile.

Se que­sto è il futuro, non c’è da mera­vi­gliarsi che l’uscita della Gre­cia dall’Eurozona venga trat­tata non solo con non­cha­lance, ma messa in conto come un effetto col­la­te­rale desi­de­rato delle poli­ti­che di auste­rità. La Gre­cia è paese cavia non solo per veri­fi­care quanto un popolo può resi­stere alla mise­ria impor­tata dai memo­ran­dum, ma anche per quanto tempo può evi­tare lo strappo finale dalla Ue.

Gli ame­ri­cani lo hanno com­preso. Infatti, pre­oc­cu­pati dalla geo­po­li­tica e non certo dal benes­sere dei greci, hanno rac­co­man­dato ina­scol­tati a Mer­kel e C. l’accordo. La visione dell’Europa che emerge dal rap­porto dei cin­que è per­sino un arre­tra­mento rispetto alla visione neo­ca­ro­lin­gia che ne ha fin qui gui­dato i passi. E’ coe­rente, per tempi e fina­lità, solo con una costru­zione for­te­mente germano-centrica.

La vit­to­ria del No in Gre­cia è l’unica pos­si­bi­lità nel tempo breve, se non di rove­sciare, almeno di met­tere bastoni tra le ruote di que­sto pro­getto. La per­ma­nenza della Gre­cia nell’Eurozona sull’onda di un rifiuto popo­lare alle con­di­zioni dei cre­di­tori, non solo raf­for­ze­rebbe il governo al tavolo della trat­ta­tiva, per ora solo inter­rotta, ma potrebbe spo­starne in avanti il merito, allar­gan­dolo al tema com­ples­sivo del debito, nell’ottica di una con­fe­renza euro­pea sul modello di quella di Lon­dra del ’53, già richia­mata da Syriza nel suo pro­gramma elettorale.

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