Matteo Renzi e il nuovo corso della politica italiana in Europa. Cosa significa? Innanzitutto che non ci sarà un nuovo corso.
da megachip.globalist.it di Pier Francesco De Iulio 26 maggio 2014
Ci siamo svegliati in un brutto sogno. A tutti coloro che nutrivano aspettative in un cambiamento radicale della nostra rappresentanza politica bisogna parlare con franchezza: rassegnatevi! Non ci sarebbe molto altro da dire. All’alba del 26 maggio il vecchio che avanza segna una vittoria elettorale di proporzioni bulgare.
Che si tratti di una tornata elettorale “minore” come alcuni vanno ancora sostenendo (e si dovrebbe poi spiegare perchè, visto che è in Europa che si prendono le decisioni a cui gli Stati devono sottomettersi quasi incondizionatamente da almeno dieci anni a questa parte) non intacca il significato di fondo del risultato. Semmai convince ancora di più sulla miopia di chi si ostina a pensare l’Italia come un paese in grado di correre da solo contro la corrente europea, ignorando che la fine certa sarebbe quella del salmone (e senza neanche riprodursi).
Ma i giochi sono ormai fatti. Matteo Renzi e il suo Partito Democratico da oggi incarneranno, che piaccia o no, il nuovo corso della politica italiana in Europa e probabilmente lo faranno a lungo. Cosa significa? Innanzitutto che non ci sarà un nuovo corso. Tutto previsto. Tutto ampiamente annunciato in campagna elettorale. Nessuna reale opposizione al regime di austerity imposto agli Stati nazionali dalle banche e dalla grande finanza internazionale per mano dei vertici europei. Nessuna reale opposizione ai diktat imposti dagli Stati Uniti all’Europa sul piano commerciale (leggi TTIP: Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti) e sul piano militare (leggi controllo NATO: nella strategie di regime change in Maghreb, in Medio Oriente e ora anche nell’Est europeo, a cominciare dal caso ucraino). Nessuna reale opposizione alla politica economica delle privatizzazioni selvagge e alla precarizzazione del mondo del lavoro. Nessuna reale opposizione allo sfruttamento incondizionato delle risorse naturali e allo strapotere delle lobby del petrolio e del carbone. Nessuna reale possibilità si salvaguardare lo “stato sociale” a garanzia dei cittadini, destinato a soccombere definitivamente sotto i colpi di machete del (neo)liberismo. Niente. Niente di niente. Soltanto chiacchiere e distintivo.
Guardando poi al voto europeo e all’affermazione delle destre, seppure coi dovuti distinguo, viene da chiedersi se il PD di Renzi – forza che si dichiara ancora “di sinistra” – con o senza le stampelle offerte da Alfano, con o senza i baci di giuda di Berlusconi, con o senza l’appoggio “responsabile” di altri possibili compagni di merende che si potranno raccattare per strada, non rappresenti piuttosto il tentativo riuscito di dare vita a una nuova grande forza di centrodestra, capace di mettere insieme i potentati e le tante forze conservatrici di questo nostro martoriato paese. Con buona pace della vecchia Democrazia Cristiana. Riciclati invece che rottamati. Una palude nefasta.
Insomma, nessuna reale possibilità che la politica uscita dalle urne di ieri possa anche soltanto lontanamente provare a cambiare veramente le cose, a invertire la rotta verso la catastrofe sociale che ci attende e che è già. Occasione persa? Sì.