di Antonio Napolitano
Come ognuno di voi sa le elezioni per il Parlamento Europeo adottano un sistema proporzionale con sbarramento al 4%. Ogni elettore ha a disposizione tre preferenze, di cui una, obbligatoriamente, deve essere data a una donna. Inoltre, altro particolare importante da tenere a mente, è che per costituire un Gruppo politico in quest’assemblea elettiva- ma dotata finora di scarsi poteri legislativi e di controllo – una lista deve poter raccogliere consensi, superando la soglia del 4% in ogni Paese e in almeno 7 Paesi dell’Unione.
Richiamo l’attenzione degli elettori su questultima norma d’ordine generale. Essa forza, in certo qual senso, al fatto che, il nostro voto, necessariamente, deve indirizzarsi, per contare davvero, tra quelle forze politiche, che possono ragionevolmente e programmaticamente raggiungere la propria presenza e rappresentanza almeno in 7 Paesi. In modo tale che i parlamentari ottenuti con i voti così raccolti, costituendosi in Gruppo parlamentare, possano avere piena efficacia nella dialettica politico-parlamentare.
E’ attraverso queste modalità, infatti, che la legge elettorale europea contiene e modera gli effetti inevitabilmente dispersivi di un sistema proporzionale, appena temperato dalla soglia di sbarramento, così come dalla potenziale babele politica dei particolarismi nazionali e nazionalistici, ponendo come condizione alle forze politiche il vincolo di una rappresentatività ottenuta raccogliendo consenso in una quota minima di Paesi. Per questo si dice che nel Parlamento Europeo e multinazionale contano le “famiglie” politiche e che solo attraverso esse la dialettica maggioranza/opposizione si articola sul serio in quel tanto o poco d’attività e incisività politica dei singoli loro segmenti nazionali così ricomposti e identificabili.
Il perché, è evidente: chi non dimostra d’avere, già in fase di raccolta del proprio consenso, questa capacità inclusiva e transnazionale delle proprie proposte e opzioni politiche nel superare le angustie nazionali non può porsi, fattivamente e credibilmente, sia nel ruolo di forza di governo sia in quello d’opposizione. E questo anche in quello ‘strano’ Parlamento che è e continua per il momento a essere il Parlamento dell’Unione.
Appare, dunque, evidente dalle brevi considerazioni fin qui fatte come, in queste elezioni, in questo Parlamento e con queste regole, la dispersione dei voti sia cosa, non solo inefficace rispetto agli scopi dichiarati e/o ricercati, ma del tutto inconcludente.
Questa particolarità del voto europeo ha avuto – al netto delle chiare spiegazioni mai fornite da chi l’ha agitata, in un senso o nell’altro, come uno spauracchio intimidatorio – un qualche peso nella campagna che sta volgendo al termine.
Agli indecisi, a chiunque avesse motivi di critica sia Grillo sia il Pd, per opposti motivi e con diverse argomentazioni, hanno o nascosto e sottovalutato il peso di queste regole sulla praticabilità europea della propria piattaforma politica; o – come nel caso del PD e di esponenti delle sue ‘sinistre’- ne hanno tentato un uso intimidatorio e ricattatorio, volto alla ‘union sacrée’ attorno al PD renziano, a prescindere dalle politiche dichiarate e attuate e dalla nebulosità di propositi per la conduzione dell’Italia del suo prossimo semestre di presidenza del consiglio dei ministri dell’UE.
Il Movimento 5 Stelle di Grillo&Casaleggio, ha bellamente ignorato, nascondendo ai propri sostenitori, il fatto che la carica di rabbia e distruttività che va eccitando e raccogliendo, una volta giunti a Bruxelles, si trasformerà necessariamente – e ancora più di quanto non stia già accadendo a Roma- in un nulla di fatto. E questo perché il ‘grillismo’ è l’alieno della politica europea, non solo per la sua sgangherata teoria, si fa per dire, neo o postdemocratica, ma perché il suo potere di coalizione, il suo quoziente d’apparentamento politico, in un senso o nell’altro, è pari a zero. Ovvero, il suo non volersi sporcare le mani né a destra, né a sinistra con la falsa idea che la politica – e la politica continentale per di più – possa essere assimilata a una qualche buona e ordinata amministrazione, magari con la supervisione esterna di gente come Grillo e il suo compare Casaleggio via sito, sarà trattata, prevedibilmente, come l’ennesima carnevalata italiota. Anche perché, in questa preteso posizionarsi “né né” si ritroverà in compagnia unicamente della destra exnofoba e neofascista.
Al capo opposto, soprattutto tra le ‘coscienze infelici’ delle sinistre PD si è, al contrario di quanto fatto dai grillini, straparlato di elezioni europee, di queste ‘strane’ elezioni europee secondo le argomentazioni prevalenti usate per bloccare ogni forma di dissenso si esprimesse anche in questo voto. Qui, infatti, la norma è stata rivoltata in tutte le salse possibili. Per giungere al postulato, al sofisma, secondo il quale il voto europeo al PD sarebbe la garanzia più sicura per l’elezione di Martin Schultz e che occorre circoscrivere – e non si sa come e perché – a questo obiettivo il significato unico e prevalente del voto. Anche se lo stesso Renzi questo voto lo ha, da subito, trasformato in un referendum pro o contro la sua persona, la sua piattaforma politico-programmatica, il suo dominio incontrastato nel partito. E questa acrobazia politica risulta tanto più improbabile per via del fatto che Tsiprias, la lista di sinistra, ha esplicitamente e da sempre dichiarato, non solo la sua volontà di battersi per una trasformazione democratica della UE, ma che su questa strada e per questo obiettivo essa ha stabilito di dare il proprio voto per l’elezione di Martin Schultz alla presidenza della Commissione Europea.
Sta di fatto, che questa melopea insensata, avrebbe avuto un qualche senso – e parrebbe proprio che questi compagni non se ne rendano conto – se Martin Schultz, a seguito di questo sofisma, avesse anticipatamente e in modo ripetuto e chiaro posto un preventivo rifiuto all’eventuale voto di Tsiprias convergente sul suo nome. Purtroppo per loro – i compagni dalla ‘coscienza infelice’ del PD – questo rigetto, questo rifiuto da parte di Schultz e della SPD non c’è stato e non ci sarà. Perché, per fortuna di noi tutti, il senso di realtà che a noi italiani sembra essere sfuggito ormai completamente, lì c’è ancora. Insomma, non ci sarà l’invenzione in Europa di una nuova stagione di “Preamboli” e le sinistre europee – almeno sugli uomini – finora e si spera in futuro sono unite.
Tant’è che oggi in soccorso del PD, Scalfari sull’house organ del PD renziano, vista la malparata, e l’andamento della guerra delle piazze scatenata dal suo giornale e dalla RAI, corre ai ripari. E dopo le simpatie con rimbrotto oggi, papale papale, rovescia la frittata e dice quello che veramente c’è nel voto europeo: non solo il sostegno a Renzi, ma la continuità che giustamente vede e indica come prioritaria nella politica economica: da Monti all’ex Sindaco fiorentino. E naturalmente, come ogni logica induce a ritenere, vede nella buona riuscita del voto a Martin Schultz il miglior riparo per Matteo Renzi. Restituisce, insomma alla logica e ai veri intestatari italiani il voto richiesto per il PD.
Per questo io che renziano non sono e credo che Schultz (e il PSE) siano interlocutori e alleati necessari e possibili per cercare di dare una svolta a questa Europa incartata nel neomercantilismo germanico, dico e ripeto che voterò Tsiprias. Senza rimpianti e senza illusioni, sapendo che la crisi della sinistra italiana è lungi dall’essere risolta e che, pur non esagerandone la valenza, penso che il mio voto a Tsiprias possa essere utile per Schultz e, nello stesso tempo, manifestare il mio radicale dissenso da quanto Renzi e i renziani fanno e intendono fare.
E siccome la lista si articola per Circoscrizioni ho valutato attentamente i nomi che mi si proponevano per quella Nordest, la mia.