I “comitati d’affari” e le “violente proteste”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Franco Cardini
Url fonte: http://www.francocardini.it/minima-cardiniana-181/#more-692

di Franco Cardini – 9 luglio 2017

Poche parole. Un puro viatico estivo per salutarci e riprendere poi, se Dio vorrà, le nostre periodiche meditazioni. Abbiamo assistito a “grandi eventi”, o così è parso, o così ci è stato detto. C’è stato il “Vertice europeo” di Tallin sui migranti: tutto è più o meno rimasto come prima: l’Italia si terrà i suoi arrivi soprattutto dall’Africa; l’Europa  praticamente se ne disinteresserà per la semplice ragione che l’Europa unita non c’è e l’Unione Europea è ormai la prima a saperlo e ad agire di conseguenza. C’è stato il “G20” che si è concluso con un nulla di fatto incentrato sulla plateale, disonesta, inutile stretta di mano fra Trump e Putin sulla base di un Accordo sul Nulla.

Non esiste difatti nessuna possibilità di accordo. I “Grandi”, a cominciare dai due Leaders del Cremlino e della Casa Bianca, sanno bene che ormai i politici sono ridotti a “comitato d’affari” delle poche decine di lobbies internazionali che guidano il mondo e che ne gestiscono il disordine (a partire dal cosiddetto terrorismo internazionale) in modo da assicurarsi al di sopra di esso, e  con l’alibi della necessità di combatterlo, i loro profitti. Tutto resterà come prima.

Le grandi potenze nucleari continueranno a denunziare il pericolo nucleare nordcoreano in realtà molto limitato in quanto esso costituisce la foglia di fico dei loro ricchi affari e del vero, effettivo pericolo costituito dai loro superarmamenti e dalle loro allarmanti intenzioni (e stendiamo un velo su chi continua a parlare anche del pericolo costituito dall’Iran).

L’erosione di quel che resta dell’”ordine” del Vicino Oriente, in realtà già compromesso da un secolo dopo i trattati di Parigi e la costruzione degli stati arabi artificiali che avrebbero dovuto servire a suo tempo al neocolonialismo anglofrancese e che gli statunitensi hanno ereditato peggiorandone la gestione, peggiorerà fino ad arrivare a quel che troppi vogliono: la ridefinizione in senso etnoculturale di quello che un tempo era l’artificiale sistemazione nazionale. In altri termini, ad esempio, l’Iraq sarà prima o poi smembrato in tre, magari con qualche marchingegno formale (una riforma istituzionale in senso federalistico, ad esempio): l’importante è che nasca nel centro Iraq una repubblica arabo-sunnita rigorosamente antisciita e anti-iraniana, che ospiti centri militari NATO muniti di testate nucleari puntate contro Teheran; poi, quanto alla Siria, il suo smembramento salverà comunque Assad, magari con la rifondazione di una provincia alawita (c’era già negli Anni venti) occidentale che, comprendendo la costa, salvaguardi il diritto della marina russa di tenersi le basi di Tartus e di Lattakieh, come tutti gli uomini liberi del mondo auspicano in quanto la presenza militare russa nel Mediterraneo è comunque un salutare contrappeso alla pervasiva persenza della NATO, cioè degli USA e dei suoi alleati-ascari (italiani compresi).

Continuerà anche l’esodo dall’Africa, la cui origine profonda sta in realtà nel seguente parodosso: il continente africano è il più ricco del mondo in termini di suolo e di sottosuolo; il diritto internazionale e la carta dei Diritti dell’Uomo recitano concordi che le risorse della terra appartengono, area per area, ai popoli che la abitano; questo sacrosanto principio è di fatto violato dallo sfruttamento gestito dalle lobbies multinazionali che si spartiscono le risorse africane in combutta con i vari governi locali corrotti che esse sostengono da anni e con la copertura delle potenze internazionali Membri Permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU che garantiscono lo status quo gestendo con sistematica oculatezza il loro “diritto di veto” a qualunque risoluzione ONU volta a cambiare in qualche modo la situazione a favore dei popoli africani. Tutto ciò genera concentrazione della ricchezza, aumento esponenziale della miseria, fame e carestia (privatizzazione dell’acqua, monocolture industriali redditizie solo per chi le gestisce come l’ananas o il caffè, sconvolgimento del suolo a causa dello sfruttamento intensivo del sottosuolo, deforestazione, diminuzione a picco delle possibilità di lavoro e di sopravvivenza). Distinguere ormai tra “rifugiati” che hanno diritto d’asilo e profughi che semplicemente fuggono da paesi dove la sopravvivenza è diventata impossibile è cosa palesemente assurda: ma i politici e i media hanno dai loro superiori, i gestori delle lobbies, l’obbligo di continuar a recitare il mantra dell’impossibile contenimento spostato in Africa: magari con la creazione di Lager nel sud della Libia, come auspicato anche da alcuni irresponsabili che seggono nel Consiglio dei Ministri della repubblica italiana.

Ma noi c’indigniamo dinanzi allo spettacolo di estremisti di sinistra e di destra che, in concordia discors, contestano e assalgono il “G 20”. E io mi chiedo: dinanzi all’arroganza e alla violenza del “Pensiero Unico” ormai retto a sistema di governo universale attraverso le periodiche kermesse dei finti Padroni del Mondo che si riuniscono platealmente per ubbidire agli autentici padroni del mondo ben nascosti alla loro ombra, e tutto ciò senza nessuna possibilità di un’opposizione legale che verifichi le loro scelte, – la commedia sul libero scambio e  quella sul clima, con relative sceneggiate inconcludenti, ne sono prove -, c’è davvero alternativa alla protesta violenta?

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