Comunque vada Marine ha già vinto

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Eric Jozsef
Fonte: La stampa

Comunque vada Marine ha già vinto

’Unica certezza del secondo turno delle elezioni francesi è che lunedì il Rassemblement national di Marine Le Pen, tre anni fa forte di soli 8 deputati, ne avrà almeno 20 volte di più. Non sappiamo ancora se il Rn otterrà la maggioranza assoluta. Dipenderà dall’affluenza e dalla disponibilità degli elettori di sinistra, di centro e di destra moderata ad ascoltare l’appello, faticoso e incompleto, lanciato dai partiti repubblicani per fare fronte contro l’estrema destra. Di certo il Rn, che con l’ultima campagna elettorale di Jean-Marie Le Pen nel 2007 si era fermato al 4, 2%, è oggi il primo partito francese con il 33% dei consensi.

Questa progressione spettacolare si fonda in primis sulla riformulazione dell’offerta politica del Rassemblement national. Promuovendo accanto a Marine Le Pen il giovane Jordan Bardella, da due anni presidente del partito, il Rn è riuscito a ripulire la sua immagine. Classe 1995, madre di estrazione popolare, origini italiane, abile comunicatore, il nuovo astro dell’estrema destra ha saputo rimodellare un partito, fondato nel 1972 da ex-Waffen SS e sostenitori dell’Algeria francese, d’impronta clanica e gestito da una famiglia borghese di origini francesi e bretoni. Per la maggioranza degli elettori Le Pen era un nome respingente, sinonimo di un’estrema destra razzista, antisemita, nostalgica. Con Bardella che, a 28 anni assicura di voler guardare solo al futuro, l’operazione di “dédiabolisation” iniziata da Marine Le Pen nel 2005 (con l’esclusione dal partito di suo padre) si è accelerata.
L’ossessione del Rn resta la lotta all’immigrazione con un programma chiaramente xenofobo, comprese la promozione della preferenza nazionale e la lotta ai cittadini con doppia nazionalità. Ma è riuscito a portare avanti la battaglia per il potere d’acquisto e a presentare quella contro i musulmani non più come una guerra per l’Europa cristiana ma per la difesa della laicità. Malgrado il pedigree del partito e le troppe uscite antisemite dei suoi candidati, Le Pen e Bardella si sono anche accreditati come difensori di Israele e della comunità ebraica francese. Negli ultimi anni, questa operazione di normalizzazione è stata facilita da diversi fattori: il sostegno dei potenti media del miliardario ultra-conservatore Vincent Bolloré, la candidatura alle presidenziali del 2022 del giornalista Eric Zemmour (condannato per istigazione all’odio razziale) che con il suo estremismo ha fatto apparire il Rn moderato, la “banalizzazione” del Rassemblement orchestrata da parte della destra classica (a cominciare dal presidente dei Republicains Eric Ciotti che ha finito per allearvisi) e, a conti fatti, Emmanuel Macron, che, pensando di indebolire l’avversario, ha ripreso alcuni suoi temi. Dopo l’approvazione della recente legge sull’immigrazione, molto restrittiva, Le Pen si è addirittura felicitata per “la vittoria ideologica” del suo partito.

 

Il secondo ingrediente dell’ascesa del Rn è più profondo: la volontà di rovesciare il tavolo e mandare al potere un partito che non ha mai governato. Dopo aver provato Nicola Sarkozy e la destra tradizionale dal 2007 al 2012, dopo il suo successore di sinistra, il socialista François Hollande, e dopo Emmanuel Macron, né di destra né di sinistra, numerosi elettori sarebbero pronti adesso a dare una chance all’estrema destra. Questo atteggiamento rivela un dato strutturale: il presidente della Repubblica francese si porta dietro grandissime attese perché è scelto direttamente dai cittadini e con una Costituzione che, sulla carta, gli offre enormi poteri. In realtà, in un mondo radicalmente cambiato, in un’economia globalizzata e in un Paese che rappresenta ormai appena l’1% della popolazione mondiale e il 3% del Pil, l’inquilino dell’Eliseo ha margini di manovra limitati. Da lì il crollo di popolarità di tutti i presidenti. Nell’anno successivo alla sua nomina Sarkozy passò dal 67% al 35% e fu battuto dopo il primo mandato da François Hollande che, eletto nel maggio 2012, vide i suoi consensi scendere in sei mesi da 61% a 13%. Forte nel 2017 con il 64% del gradimento, anche Macron lo ha perso velocemente fino al 26% attuale.

Qualsiasi presidente paga il prezzo dell’impotenza politica contro sfide economiche, sociali, migratorie, che non si possono più risolvere solo a livello nazionale, con il sogno perduto della grandeur française. Emblematica fu la promessa di Hollande che in campagna elettorale dichiarò guerra alla finanza internazionale salvo dovervi poi in larga parte rinunciare di fronte al rischio di un indebolimento del settore bancario e della fuga dei capitali dalla Francia. Nel clima di declassamento emerso in tutta la sua ampiezza con la crisi dei gilets gialli, ogni evento (dagli attentati islamisti, alle rivolte nelle periferie) diventa questione di insicurezza identitaria. Mancando, e non solo in Francia, una vera proposta di riacquisizione della sovranità politica attraverso un salto europeista, il Rn promette, come nel 2016 i pro Brexit, una sorta di “take back control” nazionale, una soluzione illusoria ma gradita a almeno un terzo degli elettori.

Restano i due terzi che non hanno votato per l’estrema destra la settimana scorsa e che decideranno l’esito dello scrutinio. E lì interviene il terzo ingrediente che potrebbe consegnare la vittoria al Rn: l’affermazione di una sinistra radicale, populista, aggressiva, al limite dell’antisemismo, che negli ultimi anni, sotto l’egida di Jean-Luc Mélenchon, ha sistematicamente contrastato con forte violenza verbale qualsiasi politica della maggioranza presidenziale. Al punto che il Rassemblement in via di “banalizzazione” ha avuto gioco facile a strumentalizzare l’estremismo del Nuovo Front Populaire e agitare come uno spauracchio il suo programma economico. Per spaventare i moderati, Bardella ha fatto credere contro ogni evidenza che Mélenchon potrebbe essere il futuro primo ministro in caso di vittoria della sinistra. Una sorta di “diabolisation” al contrario che lascia sospeso il destino della Francia e dell’Europa.

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