Considerazioni sul 1917

per Emanuele Cherchi
Autore originale del testo: Emanuele Cherchi

di Emanuele Cherchi 7 dicembre 2017

Lenin è una figura eccezionale nella storia.

All’inizio del 1917 era ormai in povertà: la moglie malata, lui che andava a mangiare nelle mense della carità… tanto e vero che scriveva ad un amico che non era sicuro di passare incolume l’anno.

Poi la rivoluzione di febbraio in Russia e il vagone piombato che lo riporta in patria.

Mentre viaggia scrive: scrive le sue tesi di aprile con le quali vuole trasformare la guerra internazionale in guerra sociale. Il suo motto quando arriva in patria è pane e pace, tutto il potere ai soviet.

La folla applaude subito al suo discorso eppure la nuova classe politica fa una smorfia su queste parole chiave: Lenin dovrà scontrarsi anche con i suoi compagni bolscevici ma pian piano li convince della necessità di portare avanti questo programma.

Nelle giornate di luglio il suo progetto rivoluzionario sembra finito ma ormai è solo questione di mesi, certo adesso lui è esule in Finlandia, ma la guerra (voluta dai capitalisti come operazione di brigantaggio internazionale) continua e il popolo non ne può più di morire senza un ragionevole motivo, di far la fame mentre i ricchi continuano la loro vita di lussi.

A ottobre la rivoluzione porta per la prima volta alla formazione di un governo legato ai soviet, il governo dei commissari del popolo.

Lenin in questo periodo è stato un punto fermo, impegnato sia dal lato teorico che pratico, dal lato teorico stava scrivendo “Stato e Rivoluzione” testo che giustifica la presa del presa del potere, in quanto lo stato è organo della classe dominante, la quale detta le leggi e le fa rispettare la rivoluzione è la momentanea interruzione di quella legalità alla quale ne dovrà seguire un’altra. Lenin non è anarchico e quindi sogna uno stato di liberi ed uguali che si fonda sul proletariato (operai, soldati e contadini) e si ispira alla Comune di Parigi.

E proprio il ricordo di tale avvenimento lo costringe ad essere duro con gli oppositori: lo dice chiaramente nel 1871 Parigi si diede un governo nuovo dopo la caduta di Napoleone III battuto a Sedan. Tale governo era un governo popolare contro di esso si creò un secondo governo di ispirazione borghese, il quale si alleò con i prussiani per impedire che l’incendio egualitario si spargesse per la Francia e quindi il mondo.

La strage fu enorme, uomini, vecchi, donne, bambini furono massacrati. E Lenin ha imparato la lezione: lo stato comunista non poteva nascere finché le classi reazionarie non venivano vinte in uno scontro all’ultimo sangue in bolscevici non avrebbero potuto avere pietà in quanto gli avversari non né avrebbero dimostrata.

Lenin è entrato nella storia come un gigante perché senza la sua figura non ci sarebbe stata nessuna rivoluzione, come nota John Reed Lenin non ha il fisique du role dell’eroe, non ha neanche un eloquio particolarmente brillante eppure la sua mente è ciò lo fa essere diverso da tutti, un capo, un ideologo.

Per merito suo la rivoluzione comunista ha avuto successo in un paese più arretrato degli altri: anche in Italia ad esempio ci sono stati moti importanti come quello per pane a Torino nel luglio 1917 con gli scioperi successivi, ma mancò una guida e si esaurirono: un migliaio di dirigenti socialisti vennero arrestati senza colpa, in quanto non tentarono in alcun modo di trasformare il disagio popolare in rivolta e quindi in rivoluzione, ma non si può fare la rivoluzione senza una testa pensante…

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.