Conte lascia palazzo Chigi tra gli applausi dei dipendenti dalle finestre: “spero di essermi migliorato anche come persona” e le incredibili affermazioni di Renzi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Giovanni La Torre
Fonte: i gessetti di Sylos

Il premier uscente Giuseppe Conte sta lasciando palazzo Chigi dopo il passaggio di consegne e la cerimonia della campanella con il nuovo presidente del Consiglio Mario Draghi. Dopo il saluto del picchetto d’onore nel cortile della sede del governo, Conte è stato salutato da un lungo applauso dei dipendenti di palazzo Chigi che si sono affacciati dalle finestre sul cortile d’onore. Il premier uscente esce da palazzo Chigi mano nella mano con la compagna Olivia.

(ANSA) – “Grande esperienza, grande esperienza, spero di essermi migliorato anche come persona. E’ stata una giornata sobria ed efficace”. Lo dice Giuseppe Conte in un video di Fanpage.it, intercettato dai cronisti dopo aver lasciato Palazzo Chigi. Rammarichi? “Mai rammarichi”, replica Conte che, a chi gli chiede se bisogna guardare avanti replica: “sempre”.

di Giovanni La Torre

Le incredibili affermazioni di Renzi. E poi, a proposito dei giudizi all’estero.
Renzi alla Cnn: “Penso che Draghi sia il miglior presidente del Consiglio per l’Italia … io penso che fosse proprio questo il momento [per la crisi di governo], per trovare la via d’uscita dalla crisi: Draghi sarà in grado di farlo”. Renzi alla Cnbc: “Draghi is the best, the best, the best man as prime minister”. Oppure a Repubblica: “Il governo Draghi sarà la salvezza dell’Italia … Sono felice di vedere una personalità come Draghi pronta a guidare il Paese … se dobbiamo spendere 200 miliardi di euro preferisco li spenda Draghi che Conte” e poi alla domanda se bisogna abolire il reddito di cittadinanza risponde: “anche qui DECIDE Draghi, non io”.
Non so se ci rendiamo conto della gravità di queste affermazioni. Abbiamo un politico, con un passato importante, dire esplicitamente che lui ha provocato la crisi proprio per fare spazio a Draghi, un tecnico. Cioè noi dobbiamo spendere 209 miliardi, oltre a quelli del bilancio ordinario, che non ci vengono regalati (il regalo netto, come ho segnalato altre volte, è solo di una ventina di mld) e chi deve decidere come spenderli deve essere un tecnico. E tutto questo viene prospettato non come una necessità da subire “obtorto collo” per via della particolare contingenza politica che il paese sta vivendo, ma come idea perseguita e realizzata scientemente. Ripeto: ci rendiamo conto della gravità di queste affermazioni? (Diverso è stato il caso del “tecnico” Conte, il quale è stato scelto consapevolmente dalla maggioranza politica, non paracadutato). Temo di no, che non ce ne rendiamo conto se quasi tutti i media plaudono a Renzi per il passo compiuto e salutano Draghi come la persona “che ci voleva”.
Che in tutto questo ci sia una totale abdicazione della politica ai suoi compiti e alle sue responsabilità non pare preoccupi molto, al punto che viene da chiedersi perché ci prendiamo la briga di eleggere ogni tanto mille parlamentari. Si continua a inneggiare a Renzi il “vincitore”. Ma … mi spiegano cosa avrebbe vinto? Ha fatto cadere il governo perché, a suo dire, non lo faceva partecipare alla gestione del Recovery Fund e ora è contento che continui a non gestirlo perché lo farà Draghi. Se c’è un perdente in tutto questo è proprio Renzi, perché conterà ancora meno di prima, ma il guaio è che a causa sua ha perso la Politica.
Riporto alcune affermazioni di Formica, con cui una volta tanto sono d’accordo. Alla domanda “Renzi ha vinto?” Ha risposto: “Resta un guastatore …” e alla replica del giornalista “Però VOLEVA Draghi e l’ha ottenuto.” “Sì, ma alla lunga non costruisce nulla, perché la sua passione per la demolizione prevale.” Quindi noi, un paese del G7, siamo alla mercé di una persona forse psicologicamente instabile, che gioca con la politica e le istituzioni senza avere alcun programma coerente in testa, ma solo la mania di sfasciare: non c’è dubbio, trattasi del tipo ideale da maneggiare per chi aspira a fare il burattinaio.
Tralascio ogni commento sui peana rivolti a Draghi, che avrebbe (e lui solo avrebbe potuto farlo! Come no?!) salvato l’euro, l’Europa e, se fosse passato per New York, anche l’Onu e chissà cos’altro; tralascio perché già ho scritto troppo su di lui, (gli rivolgo comunque l’augurio sincero che riesca a fare il bene dell’Italia). Rilevo solo che trattasi spesso di manifestazioni esagerate (facemmo lo stesso con Monti) frutto di un inguaribile provincialismo cui siamo affetti noi italiani, del quale i commentatori sono i principali esponenti, secondo il quale l’italiano che va all’estero sistema sempre tutto, e che è indice, in ultima analisi, di un paese con un inconscio complesso di inferiorità, cui urge ogni tanto una compensazione.
E direi che gli stessi provincialismo e complesso siano all’origine di quell’altro vezzo di bearsi dei commenti “positivi” all’estero. I quali nella pressoché totalità hanno apprezzato l’incarico all’ex presidente Bce. Nessuno però si chiede come mai se hanno apprezzato tanto l’incarico a un personaggio come Draghi, nessuno di quei paesi ha mai pensato di affidare il proprio governo a un bancario. Si tratta, se non l’abbiamo ancora capito, del solito atteggiamento che hanno all’estero di considerare l’Italia un paese non maturo per una democrazia seria, incapace di autogovernarsi secondo le regole della democrazia liberale, e quindi quando vedono arrivare un uomo esterno alla politica lo accolgono sempre bene perché sperano che metta in riga gli italiani. Accadde lo stesso con il fascismo. All’inizio Mussolini fu accettato e apprezzato, soprattutto in Inghilterra, proprio per questo, perché si considerava l’Italia un paese ingovernabile con le regole democratiche e liberali, alle quali non era avvezzo, quindi andava più che bene un uomo forte che mettesse in riga noi italiani. Però se qualcuno chiedeva ai politici e analisti stranieri se quel regime avrebbe potuto nascere anche da loro, rispondevano “per carità! Per noi va bene la democrazia liberale.”
Certe valutazioni che danno all’estero su pratiche che sono esclusivamente italiane andrebbero considerate con maggior spirito critico. Non vedremo mai in Germania un Weidmann Cancelliere o in Francia un Trichet presidente della Repubblica, ma neanche in altri paesi. Allora questi giudizi condiscendenti nei nostri confronti, per prassi tutto sommato inusuali, possono essere frutto di un sentimento paternalistico che a sua volta cela una considerazione di fondo negativa del nostro paese. Ma noi ce ne beiamo. Evviva!

 

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