Conte: «Meloni e Salvini fanno a gara per salire sul trattore della protesta, ma in realtà stanno portando il Paese all’esasperazione. L’Italia ripudia alla guerra»

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Annalisa Cuzzocrea
Fonte: La stampa

Presidente Giuseppe Conte, lei sta con i trattori?
«Io vedo Meloni e Salvini che fanno a gara per salire sul trattore della protesta, ma in realtà sono stati loro a portare gli agricoltori all’esasperazione tagliando l’esenzione Irpef e togliendo la decontribuzione per i giovani agricoltori».

Adesso stanno tornando indietro, ma il punto è: come si concilia la rincorsa alle ragioni degli agricoltori che protestano con la necessità della transizione ecologica?
«Siamo davanti a un settore che rischia di essere complessivamente molto impattante sull’ambiente, ma proprio per questo occorreva rilanciare i crediti di imposta che erano nel pacchetto agricoltura 4. 0 introdotto con il ministro Patuanelli per accompagnare gli agricoltori nella transizione».

Meloni ha spiegato a Coldiretti che in 16 mesi non potevamo fare miracoli.
«Sarebbe bastato non fare disastri».

«Credo che questo governo non abbia lo sguardo lungo su nulla. Ha varato due leggi di bilancio senza visione, senza una prospettiva di cambiamento del Paese, senza riuscire a esprimere neanche un abbozzo di politica industriale. Stiamo assistendo a una regressione sociale ed economica che ci sta portando ai soliti record negativi, penso ad esempio alla produzione industriale che nel 2023 è calata del 2, 5 per cento rispetto all’anno precedente, registrando anche un drammatico calo degli investimenti delle imprese».

Ci sono dati confortanti sull’occupazione, in controtendenza rispetto al passato.
«La ripresa del mercato del lavoro è in atto dal secondo trimestre 2021, non grazie a Meloni. Questo anche per effetto delle politiche “difensive”, come la Cig per tutti e la liquidità alle imprese, ed espansive quali il Superbonus del Conte II. Il problema sono i salari, che restano al palo».

A proposito di imprese e di lavoro, la questione Ilva che adesso è esplosa in tutta la sua complessità l’ha dovuta affrontare anche lei, come Draghi, come Meloni, senza riuscire a risolverla.
«Meloni non può continuare a fare scaricabarile sugli altri governi: il suo sta scavando un burrone sotto i piedi dell’industria italiana».

Come lo starebbe facendo?
«Non ha stanziato nessun fondo per agevolare la competitività e gli investimenti delle imprese e ha introdotto la nuova tassa occulta dell’assicurazione obbligatoria, per tutte le aziende, contro i rischi catastrofali».

Perché la chiama tassa occulta? Non pensa fosse necessaria?
«In un momento in cui cala la produzione industriale per 11 mesi consecutivi e crollano gli investimenti delle imprese, è una follia introdurre una nuova tassa che le stesse imprese assicurative hanno difficoltà a quantificare e non riescono a riassicurare».

L’Ilva va nazionalizzata?
«Il percorso cominciato nel 2020 andava accompagnato con una presenza pubblica che potesse garantire gli investimenti. Sono dossier che vanno seguiti con serietà, non abbandonati per poi vederseli scoppiare in mano».

Oggi, va nazionalizzata?
«Va scongiurato innanzitutto il commissariamento, scenario già sperimentato con Renzi e rivelatosi fallimentare. Il governo però vuole riportarci lì. L’acciaieria va decarbonizzata con un forte processo di diversificazione industriale, da inserire in un più ampio progetto di riconversione socio-economica della città. Per prendere questa direzione lo Stato deve giocare un ruolo di promozione e di controllo e il governo dovrebbe assumersi le sue responsabilità».

Crede che la fine del reddito di cittadinanza non abbia ancora mostrato tutti i suoi effetti?
«Il governo ha trasformato l’Italia nel primo e unico Paese in Europa che non ha una misura universale di contrasto alla povertà».

L’assegno di inclusione non basta?
«Ha un’applicazione molto limitata. Tagliare quasi due miliardi l’anno dalla lotta alla povertà – è la stima che ha fatto Bankitalia – significa non rendersi conto del momento di grave difficoltà che vive il Paese. E vanificare tutti gli sforzi fatti durante la fase più dura della pandemia. A gennaio 450mila famiglie in povertà assoluta con minori anziani o persone diversamente abili sono rimaste senza nulla».

È preoccupato?
«Molto. Meloni ci ricasca: tra il 2008 e il 2012, quando era prima ministra della Gioventù e poi sosteneva il governo Monti, le persone in povertà assoluta sono aumentate da 2, 1 a 3, 5 milioni. È un difetto di visione alimentato da tante bugie e mistificazioni. Anche sui presunti “divanisti” hanno raccontato un sacco di balle».

Il salario minimo è una battaglia che riprenderete col resto delle opposizioni?
«Assolutamente sí. Concorderemo insieme con le altre opposizioni una grande iniziativa per coinvolgere il Paese.

In Sardegna l’incontro Schlein-Todde ha dato l’idea, dopo molto tempo, di un’alleanza vera. Non di un compromesso faticosamente cercato. È così?
«Confermo. Non ho mai fatto una telefonata per imporre Alessandra Todde. Si tratta di una candidatura pienamente sarda, nata dopo un ampio confronto tra le locali forze politiche e civiche di area progressista che ha definito progetti e obiettivi politici».

Replicabile, ad esempio in Piemonte?
«Lì stiamo registrando più difficoltà proprio su temi e progetti».

Voi e il Pd siete inconciliabili perché avete visioni molto diverse in politica estera?
«È una stupidaggine parlare di inconciliabilità fin quando non si svilupperà un dialogo vero su quelli che sono i compiti della Nato e sulle attuali sfide geopolitiche. O sul ruolo dell’Unione europea, che sta registrando un calo vertiginoso di credibilità dopo aver perso già da tempo una leadership nel contesto internazionale».

L’Ue deve avere una politica di difesa comune?
«Assolutamente sì. E anche una politica estera comune. E vanno costruite sulla base di principi chiari e forti, soprattutto per evitare che l’Europa resti afona di fronte a uno scenario come quello di Gaza. Altrimenti il rischio è che rimanga subalterna a Washington o addirittura a Londra dopo che la Gran Bretagna è uscita dall’Ue».

Cosa deve fare la comunità internazionale davanti a quello che sta succedendo a Gaza?
«Deve far sentire una pressione su Israele tale da arrestare un massacro che registra 27mila morti palestinesi, il 70 per cento dei quali donne e bambini. Subito, immediatamente, far sentire la massima pressione. Questa carneficina è assolutamente inaccettabile e chi pensa di poter completare questa operazione non ha capito che questo passaggio rimarrà come una macchia indelebile sulla causa israeliana».

Hamas è un’organizzazione terrorista?
«Non mi interessano le sofisticate dispute teoretiche: Hamas si è comportata da organizzazione terrorista e come tale va trattata, ma non si sono comportati da terroristi i civili palestinesi».

Biden o Trump?
«Ancora!».

Ancora.
«Mi inizio quasi ad annoiare nel dover ripetere sempre le stesse cose. Non ho mai messo Biden e Trump sullo stesso piano, visto che dal punto di vista ideologico offrono prospettive politiche completamente diverse, ma devo dire che la politica estera perseguita da Biden non mi ha provocato nessun entusiasmo vista l’escalation militare e il fallimento della strategia militare nel conflitto russo-ucraino».

Cioè l’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina.
«Non mi pare Biden abbia cercato alcuna via d’uscita e non mi sono piaciute neanche le timidezze iniziali su Gaza, dove invece una posizione forte e chiara fin dall’inizio forse avrebbe dissuaso Israele da questa carneficina».

Non crede che con Trump – che usa parole identiche a quelle d Hitler nel Mein Kampf – sarebbe peggio?
«Le distanze anche su questo aspetto sono evidenti. Ma qualunque sarà la scelta del popolo americano, l’Italia dovrà comunque dialogare con l’inquilino della Casa Bianca anche al fine di tutelare l’interesse nazionale».

Crede che su premierato e autonomia il governo andrà fino in fondo?
«I bambini si scambiano le figurine Panini, Meloni e Salvini si scambiano riforme alle spalle dell’interesse del Paese. Ricordiamoci che Meloni proponeva di abolire le Regioni e rafforzare lo Stato anche a costo, parole sue, di sfidare Salvini e la Lega».

La situazione è molto cambiata.
«È un’altra clamorosa giravolta. Noi siamo per migliorare l’efficacia delle istituzioni e siamo per il cambiamento, ma i due progetti di premierato e autonomia sono davvero scellerati e rappresentano un enorme danno per l’Italia».

Vale anche per il Nord?
«Assolutamente anche per il Nord. Avere venti staterelli diversi con regole diverse è un grande intralcio all’attività di tutti gli imprenditori, si illude chi pensa di potersene avvantaggiare. Rompere la forza che ci dà l’unità d’Italia contribuirà a creare cittadini di serie A, B, C con divari e diseguaglianze sempre più profondi».

Il giurì d’onore che aveva richiesto dopo essere stato accusato della premier di aver sottoscritto il Mes in Europa “col favore delle tenebre”, non è riuscito ad andare fino in fondo. Cosa vuol dire?
«Lo considero un’anticipazione del premierato. Vedere che addirittura una commissione del Parlamento di fronte a una documentazione chiara e inequivocabile si industriava per venire incontro ai desiderata di Meloni mi ha fatto pensare a tutti i rischi di avventurarsi in una riforma che emarginerebbe ancora di più il Parlamento a favore del premier e renderebbe il capo dello Stato un mero cerimoniere».

Ghali è un italiano vero?
«Sí e con le sue parole contro la guerra ha ricordato agli altri che la nostra Italia la ripudia. Mi ha colpito la sensibilità di questo artista e il suo messaggio, che ha toccato il problema vero dell’immigrazione: percorsi seri di integrazione. Con la riforma dello Ius scholae, cui avevamo lavorato già nella scorsa legislatura, tanti ragazzi che si riconoscono nelle sue parole sarebbero italiani “veri” anche per lo Stato, com’è giusto che sia».

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