Contro l’uomo-macchina!

per tonigaeta

Giornate Internazionali di studio sulla relazione uomo-animale, che si inaugurano oggi 29.10.2016 a Bologna.

di Toni Gaeta 29 ottobre 2016

Dominique Lestel, é filosofo ed etologo. Egli insegna Filosofia contemporanea alla l’École normale supérieure di Parigi. Oltre a essere membro di prestigiose equipe di ricerca in campo eco-antropologico ed etnologico come per esempio per il Muséum national d’histoire naturelle.

Da lui riporto le seguenti affermazioni:

«Umano non è colui che non è più animale, ma colui che è in grado di essere più animale di ogni altro animale e che deve lavorare culturalmente su queste “approssimazioni”, su questi avvicinamenti e convergenze. Fino a poco tempo fa, “animalizzarsi” era un processo del tutto negativo. Ora non lo è più. Essere umano nel futuro significa, dunque, cercare nuovi modi di creare spazi in comune con l’animale, spazi istituzionali, psicologici, sociali, culturali, metabolici e forse anche spirituali. Molti artisti si sono già impegnati in questa direzione, come Marion Laval-Jeantet, che si fa iniettare sangue di cavallo (?) o Ai Hasegawa, che sogna di donne in grado di partorire dei piccoli di delfino (?). Ma prima di arrivare a questi estremi, penso che tutti gli etologi si facciano incantare dagli animali che essi studiano.

In questo senso, l’animale studiato diventa un “animale d’occupazione”, usando questa locuzione in un doppio senso: un animale che occupa qualcuno prendendogli tempo e attenzione, nonché un animale che occupa qualcuno come si credeva facessero molti animali simboli di divinità. Persino gran parte delle tecnologie contemporanee emergenti – biotecnologie, nanotecnologie, tecnologie cognitive – possono oggi essere coinvolte in questo processo di “animalizzazione dell’umano” !

Questo é del tutto nuovo e ci sottrae a tutto ciò che ci sottomette a quello che io chiamerei “la tentazione della macchina”: trasformarsi in una macchina puramente cognitiva e lasciare il mondo animale della sofferenza e del piacere, dell’empatia e dell’odio, della speranza e della paura. Si tratta di una tentazione malsana (che parla di nevrosi da allontanamento dalla realtà biologica dell’essere umano, ndr) !»

E’ sorprendente constatare come sempre più le nostre possibilità future di rimanere “umani” (in una condizione di devastante eliminazione di milioni di specie viventi, da cui evolutivamente discendiamo) affondano le loro radici nel passato meno recente: quando tutte le più importanti civiltà erano accomunata dall’adorazione della Dea: quella che gli uomini vedevano in ogni manifestazione della Natura.

A titolo di puro ma molto significativo esempio cito ciò che scrive Marija Gimbutas (*) in “La Civiltà della Dea” a proposito dell’identificazione degli animali con la divinità.

Dopo aver a lungo documentato il significato delle raffigurazioni di uccelli in molti reperti archeologici, quali tipici simboli religiosi della Dea, essa dichiara che:

«L’antica Dea compare anche tra animali maschi, come nelle immagini di Catal Huyuk della signora tra due leopardi, con cani e altri animali (vedi foto). Qui la Dea é proprio la signora degli animali. Così come più tardi nota anche nelle culture minoico e micenea della Grecia antica. I dipinti murali di Catal Huyuk e gli affreschi minoici del XVI sec. a.C. Mostrano che essa non era solo la Dea della Rinascita (Madre Terra prende, Madre Terra rigenera) ma anche l’incarnazione negli animali e nelle piante della fertilità primigenia della Natura.

(*) Marija Gimbutas – Archeologa, che, assieme con l’antropologa Heide Goettner-Abendroth, ha dimostrato inconfutabilmente l’esistenza delle società matriarcali.

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