Ebefrenia lombarda

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini
Fonte: F

Ebefrenia lombarda

Anche questa volta la Lega salviniana ha sbagliato tutto, e se consideriamo il clamoroso autogol nella folle estate del Papete, l’idea che essa incarni il più grande partito di coglioni dell’occidente è più che un indizio. Un nucleo di comando palesemente impulsivo e testosteronico, rodomontesco, approssimativo, meramente oppositivo. Incapace di leggere razionalmente il quadro politico. Cioè afflitto da una grave forma di dilettantismo. Se volessimo usare categorie leniniste, un partito infantile. Ma di un infantilismo particolare: quello di un pacioccone obeso, impacciato quanto ipercinetico.

La strategia è apparsa evidente sin da subito, immediato prolungamento delle ‘elezioni subito’. E a maggior ragione dopo la botta emiliana. Usare politicamente la pandemia facendo della Lombardia l’usbergo anti-governativo. Una specie di anti-stato di carattere eroico, ardito ed efficiente. In una insistita esposizione mediatica dell’epica del ghe pensi mì, contrapposta alla mollezza inconcludente del governo Conte. Una prova di grandeur praticata senza cautela su un terremo molto scivoloso (e tragico). C’è voluto poco perchè le grottesche esibizioni di Fontana e e Gallera mostrassero la corda mettendo a nudo il disegno strumentale.

Contrariamente a quel che molti dicono non credo che la debacle lombarda abbia la sua spiegazione immediata nell’inadeguatezza strutturale del sistema sanitario. Per quanto a dosi meno intense la tara privatistica e degenerativa della sanità lombarda si ritrova un poco ovunque, ivi compresa l’Emilia-Romagna. Senza che però si sia realizzato analogo disastro. Se il degrado sanitario vale come causa strutturale generale, nel caso lombardo ha agito soprattutto un elemento immediato: l’Hybris e l’irrazionalità timotica della guida politica regionale.La tracotanza salviniana del Papete (mojto e pieni poteri) trasferita nelle sale di rianimazione.

La fortuna di Zaia è stata di disporsi su un altro piano, Cioè di mettersi a ruota di avveduti strateghi epidemiologici (come Crisanti), laddove i lumbard della destra hanno voluto esercitare la guida in prima persona sulle strutture operative. In uno stato di concitazione politica e psicologica da sovra-esposizione che li ha portati a emanare direttive irrazionali, confuse e altamente nocive. Emblematico il caso dell’ospedale in Fiera, il cui scopo era puramente spettacolare: una sorta di piramide faraonica per corrispondere la vanità decisionistica del ceto politico regionale. Una concitazione sempre più parossistica man mano che la situazione sfuggiva dal controllo. Il magheggio sui dati non è che l’ultimo episodio di uno stato divenuto più confusionale che doloso. Del resto i ‘numeri’ li dava (con enfasi epico trionfale) un avvocato analfabeta come Gallera, senza nascondere di voler usare questa sua insipienza come il trampolino per candidarsi contro Sala. Pura ebefrenia.

La Lega nacque nel profondo veneto come effetto precoce dello scollamento della cultura bianca e ad imitazione del vicino Movimento Friuli. Nel segno del localismo e dell”iconografia regionale. Bossi inventò la Lega padana e sottomise il Veneto espellendo i cultori della storia locale come Rocchetta. Facendo del nord il fortino di una lunga guerra di posizione. Un genio vernacolare capace come pochi di usare il territorio come trincea identitaria e politica. La grande montata nazional salviniana trova il suo approdo nel disastro politico lombardo. Tempo non molto resterà solo il Veneto, dove tutto nacque. Un ritorno alle origini che toglierà al Nord destrorso, per una intera fase, la golden share della politica italiana. Una profezia.

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