ED ECCO CHE RICOMINCIA IL TORMENTONE ANTIMUSULMANO: Striscia di Gaza, quindi Hamas, poi Hezbollah libanesi contro Israele e houthi yemeniti, sciiti e filoiraniani al pari degli Hezbollah, che scendono in campo per molte ragioni ma anche – né va dimenticato – in difesa quanto meno indiretta dei palestinesi della striscia di Gaza appunto, nei confronti dei quali noi sprechiamo poco più che parole vane di solidarietà, l’elemosina di qualche scarno aiuto e nient’altro

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Paolo Branca
Fonte: Minima Cardiniana

ED ECCO CHE RICOMINCIA IL TORMENTONE ANTIMUSULMANO
Striscia di Gaza, quindi Hamas, poi Hezbollah libanesi contro Israele e houthi yemeniti, sciiti e filoiraniani al pari degli Hezbollah, che scendono in campo per molte ragioni ma anche – né va dimenticato – in difesa quanto meno indiretta dei palestinesi della striscia di Gaza appunto, nei confronti dei quali noi sprechiamo poco più che parole vane di solidarietà, l’elemosina di qualche scarno aiuto e nient’altro. Biden e l’Occidente hanno timidamente provato a invitare il tristo Netanyahu alla moderazione, ma pare proprio che non ci sia niente da fare: il territorio per un ipotetico “stato palestinese” non esiste più, da qui a qualche mese la Palestina riceverà un qualche assetto provvisorio che in modi e in tempi da capire preluderà comunque alla cancellazione definitiva dell’ipotesi “due popoli-due stati”. E avremo ammassati e ghettizzati da qualche parte nel Vicino Oriente e/o in problematica migrazione marittima sul Mediterraneo qualche centinaio di migliaia di palestinesi che nessuno intende né accogliere né ricevere: volete che da questa massa di disgraziati non emerga una nuova stagione terroristica? Sarà fatale.
E difatti il libero Occidente si sta preparando all’evento. In che modo? Rispolverando il vecchio tormentone antimusulmano: l’unica strategia mediatica ch’esso, nella sua ignoranza perversa e nel suo coriaceo pregiudizio, è capace di produrre.
Le prime avvisaglie sono già emerse. Qualche timido scoppio, qualche lontana avvisaglia di “attentati” subito (per ora…) scoperti e sventati; quindi un sacrosanto gesto di carità e di solidarietà da parte del presidente della CEI e la pronta replica degli abbaianti fondamentalisti sedicenti cattolici. La parola all’ordinario di Islamologia dell’Università Cattolica di Milano, professor Paolo Branca. Impariamo da lui qualcosa in più sul Ramadan, che troppi usano come un a parola magica a scopo intimidatorio, e sul molto che potremmo fare in senso buono con un piccolo gesto di comprensione autentica e di buona volontà.

NON CHI DICE: “SIGNORE, SIGNORE…”
di Paolo Branca
Duole doverlo constatare, ma una testata cattolica ha attaccato a un livello davvero miserrimo l’arcivescovo di Bologna e presidente della CEI per “l’ampio messaggio ai ‘fratelli e sorelle credenti nell’Islam’, intessendo un irenico parallelismo tra il digiuno islamico e quello quaresimale. Basta dimenticare che a fare la differenza è Cristo” (Dalla lettera di Zuppi ai musulmani: la Quaresima-Ramadan – La Nuova Bussola Quotidiana (lanuovabq.it)).
Troppo spesso il verbo del guru di turno offusca l’evento del Verbo incarnato che si è fatto prossimo di tutti, partendo dai più poveri e lontani, affinché non proclamassimo dogmi ma ne seguissimo l’esempio ben oltre liturgie e riti: “Fate questo in memoria di me”.
Questo è appunto ciò che fa la differenza. Non proclamarlo, ma viverlo. Impegnato in prima persona da quasi mezzo secolo nel dialogo coi musulmani, tanto da essere stato incaricato di tale funzione nella mia Diocesi dal Cardinal Angelo Scola durante il suo mandato, provo un profondo disagio di fronte a questo approccio neo-apologetico, ad esser clementi, se non del tutto assimilazionista.
Decenni di Teologia delle religioni sembrano passati invano e miliardi di ‘diversamente’ credenti si ritrovano ad essere il bersaglio di un inconcludente proselitismo che ha da secoli dimostrato il proprio fallimento.
Son ben consapevole che un dialogo autentico ed esigente non può né deve fermarsi a pacche sulle spalle e reciproche manifestazioni di apprezzamento e di stima.
Specialmente in periodi di crisi e disorientamento come quello che ci è dato di vivere occorre andare dritti al cuore della questione. E il nocciolo della questione sono le domande fondamentali del ‘senso religioso’: da dove vengo? qual sarà il mio destino? che ci stiamo a fare tu e io in questo abissale mistero?
Condividere ogni esperienza autentica di ricerca della verità e ogni inevitabilmente limitato tentativo umano di farsi strada verso di essa non è irenismo.
Non si tratta, in altre parole, di aver ragione, ma di ascoltare e seguire le ragioni di ognuno.
Pretendere di sapere cosa sia il dialogo senza un preliminare ascolto dell’altro che ci si fa incontro, come tutto il resto, per riaccendere e approfondire, per dirla col poeta Paul Eluard: ‘le dur désir de durer’ è cosa da azzeccagarbugli destinati a perdersi nei propri bizantinismi.
Proprio perché la nostra Quaresima ha perduto le dimensioni della rinuncia, della penitenza e del digiuno, l’esempio di molti musulmani magari analfabeti o comunque meno istruiti e progrediti di noi potrebbe suscitare qualche seria riflessione a proposito di questa e di altre questioni ‘non sindacabili’ che vengono a sproposito sollevate in un triste sequenza di linee rosse che proprio l’attuale Pontefice non cessa di porre a tema per indurci a maturare un cristianesimo adulto, del resto in perfetta linea con le ultime parole di Papa Giovanni: “Non è il Vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio”.

Allam e il Ramadan
“Mettere l’islam fuori legge come religione” diceva già espressamente in un’intervista che ognuno può andare a riascoltarsi sul web. È singolare, ma non troppo nel caso dei neofiti, che un musulmano battezzato e che ha assunto il secondo nome di ‘Cristiano’ sia da sempre e rimanga tuttora non tanto un testimone della bellezza riscontrata nella nuova fede da lui abbracciata, quanto un denigratore compulsivo della precedente, ammesso che l’abbia mai praticata.
La sua parabola discendente lo ha fatto quasi scomparire dal mainstream mediatico, forse per errori nelle alleanze politiche quando passò da FI all’Udc per fondare da sé più di un partito (Io amo l’Italia, Io amo la Lucania…) ma più probabilmente per il tono stucchevole e ripetitivo dei suoi mantra islamofobici.
In Italia non c’è mai stato neppure un attentato di matrice islamista, e il perché è sotto gli occhi di tutti: siamo una passerella che si attraversa velocemente e con estrema rapidità verso altre e più ambite zone europee più settentrionali; inoltre il ruolo della malavita organizzata nella tratta di esseri umani induce a supporre che qualche patto di non aggressione sia stato stipulato fra ‘uomini d’onore’ e scafisti, se non altro perché niente disturbi un simile lucroso affare.
Oggi il redivivo si appella allo Stato affinché vieti ai bambini musulmani di digiunare a scuola. Quello che sembra sfuggirgli, ed è paradossale per uno che ha vissuto a lungo in un paese a maggioranza islamica, è l’aspetto antropologico della questione.
I piccoli vogliono sentirsi grandi e talvolta assumono atteggiamenti discutibili sia per principio sia per esiti infausti. Qualcuno può mettersi a fumare già a 11 o 12 anni, altri imitano gli adulti del loro gruppo che si astengono da cibo e bevande dall’alba al tramonto per un mese intero. La legge islamica prevede tale astinenza soltanto dopo la pubertà e fa varie eccezioni dovute alla salute o ad altre circostanze che possono compromettere il benessere dei credenti che ne vengono pertanto esentati.
Vivendo insieme ai musulmani si può notare una sorta di negoziazione fra bimbi anche più piccoli e i loro genitori in proposito. Qualcuno ottiene di poter digiunare solo nel week-end, altri invece fanno piccoli pasti durante la giornata e vengono lodati per aver iniziato il digiuno più volte nel medesimo giorno… Strategie persino simpatiche per non frustrarli nel loro desiderio di crescere in fretta. L’assunto da cui Allam parte, ossia che lo facciano poiché obbligati, è quindi del tutto infondato e fuorviante.
Di fronte a un’imposizione che non c’è, rispondere con un divieto potrebbe persino rivelarsi controproducente. Le agenzie educative (famiglia, scuola e comunità religiosa) dovrebbero collaborare per trasformare un potenziale problema in un’opportunità: chiedere ad alunne e alunni musulmani di spiegare ai compagni tutto l’insieme di tradizioni e celebrazioni che rendono il Ramadan simile al nostro Avvento potrebbe appagarli e rendere tutti un po’ meno analfabeti in materia di religione, cominciando dalla propria.
Si scoprirebbe così che dall’ebraismo al cristianesimo e all’islam i precetti sono importanti, ma mai a scapito della vita: bene supremo che va comunque preservato e ha la precedenza su tutto.
Una o un giovane, se passiamo alle superiori, che rinunci magari non tanto al cibo quanto alle sigarette per tante ore al giorno invece che una presenza aliena e che mette a disagio, mi parrebbe un interessante caso su cui confrontarsi, per riscoprire il senso della rinuncia volontaria a qualcosa finalizzata a conseguire qualcos’altro di migliore.
Scendiamo dalle barricate, per favore, e cerchiamo di scoprire quel che potremmo e dovremmo invece condividere valorizzando il meglio che ciascuno ha da offrire.

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