Franco Cardini: Europa, svegliati! La pseudodemocrazia dell’Occidente è un inganno criminale

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Franco Cardini
Fonte: Minima Cardiniana

Franco Cardini: Europa, svegliati! La pseudodemocrazia dell’Occidente è un inganno criminale, la verità oscena è quella che poche decine di migliaia di padroni veri e propri domina una massa di oltre sette miliardi di esseri umani impoveriti e avviati alla proletarizzazione

USCIRE DALL’INCANTESIMO
Parigi, 5 maggio 2024
Vorrei che l’alba di un giorno nuovo per l’Europa cominciasse proprio da oggi, da qui: da questa freccia rinata dalle fiamme e puntata verso il cielo.
Oggi non sarebbe un brutto giorno, per poter dire sul serio che l’Europa unita – dopo la grottesca fregatura dell’Unione Europea voluta dagli americani per non farne mai nascere una unita davvero – cominciasse da qui, da oggi. Certo, mi rendo conto che ciò è impossibile: si tratta evidentemente di un sogno provocato dalla mia solita megalomania, dal mio demenziale egocentrismo.
Ma oggi, stamattina sul far dell’alba, m’è sul serio sembrato di vederla. Era già dritta da qualche giorno, ma io l’ho vista solo stamani: e quella visione mi ha trasformato.
L’ho vista dal quai dove mi ero fermato commosso, a pochi passi del giardino della chiesa di Saint Julien le Pauvre, vicino al semaforo, tra i bouquinistes che non avevano ancor aperto i loro contenitori di libri sulla spalletta. In corsa verso l’aeroporto di Orly, ho chiesto al taxista di accostare e di fermarsi. Pochi secondi, durati un secolo.
Altissima, nera di pece fresca, sottile e appuntita nella sua neogotica eleganza.
La Flèche di Eugène Viollet-le-Duc, la medesima che poco più di cinque anni fa – il 15 aprile del 2019, Lunedì Santo – avevo visto crollare avvolta di fiamme con uno schianto alto come un grido di cosmica disperazione, in quella maledetta serata dell’incendio.
L’avevano giurato, i parigini. E io, parigino di complemento, l’avevo giurato con loro. Risorgerà, la nostra Nôtre-Dame. Fra cinque anni rinascerà nuova dalle sue ceneri come la Fenice del mito, e sarà più bella e più gloriosa di prima.
Ed ho pensato che sì, era proprio a me che quel messaggio era diretto perché oggi è il Centotreesimo Anniversario della morte a Sant’Elena di Napoleone: quello stesso che centoventi anni fa venne incoronato, in una Nôtre-Dame ancora traboccante di superfetazioni barocche, imperatore dei francesi. Non c’era ancora, poco lontano da qui – ma adesso c’è – il colossale monumento bronzeo di un altro imperatore (o “reggente dell’impero romano”, secondo la maldestra formula liturgica che lo consacrò), Carlo, figlio di Pipino e re dei franchi.
Né l’uno né l’altro, a un millennio di distanza l’uno dall’altro, erano veri e propri “imperatori romani”. Non lo era nemmeno Francesco II d’Asburgo, che Napoleone avrebbe costretto due anni dopo la sua incoronazione a deporre il diadema del Sacro Romano Impero della Nazione Tedesca perché due imperatori in Europa erano troppi: e del resto lui, del suo rivale detronizzato e rieletto “imperatore federale d’Austria” (un’altra bizzarra etichetta) avrebbe di lì a poco sposato la figlia Maria Teresa, L’ultimo legittimo imperatore romano, Costantino XII Paleologo, lo avevano ucciso gli ottomani nel 1453 a Costantinopoli; e il legittimo successore di quest’ultimo, per diritto di conquista, era il padishah.
Ma non importa. Falsi imperatori romani entrambi, il pipinide Carlo e il generale Bonaparte ex suddito di Luigi XVI ed ex terrorista robespierriano sono e restano in un modo o nell’altro, se non i due soli credibili fondatori dell’Europa unità che verrà, quanto meno i suoi precursori, i suoi patres patriae. Per il momento, non ne abbiamo altri: le loro due Europe unite, impropria e discutibile la prima e fragile e labile la seconda, sono a tutt’oggi quelle di cui disponiamo come plausibili modelli dal momento che l’inconsistente finzione di tre quarti di secolo fa, quella di Bruxelles e di Strasburgo, è ormai entrata in una grottesca tragicomica agonia e quando sarà finita nessuno la rimpiangerà mai più: con buona pace di Robert Schuman e anche di Konrad Adenauer e di Alcide De Gasperi.
Il mio vecchio amico Dario Antiseri, del quale non condivido il cattoliberalismo come non ho a suo tempo condiviso il berlusconismo, ha pubblicato da poco per la Libreria Editrice Vaticana un opuscoletto di poco più di una cinquantina di pagine, L’Europa di papa Francesco. I cristiani nell’Europa di oggi. Antiseri è un bravo studioso: con un po’ di sforzo in più, avrebbe potuto pubblicare un libro vero e proprio sull’argomento. E sostiene una tesi con la quale, come al solito, sono largamente in disaccordo ma che rispetto per le sue buone intenzioni: all’origine della civiltà europea, egli sostiene, si trova il cristianesimo, “senza il quale i valori occidentali di dignità, libertà e giustizia risultano per lo più incomprensibili”. Dal canto mio, da tempo vado sostenendo che l’Europa non è una carota, non è una “radice a fittone”. Il cristianesimo le è indispensabile, senza dimenticare tuttavia che esso lo è altrettanto non solo di quello che egli e altri amano definire l’Occidente: e i valori di dignità, libertà e giustizia, ereditati e nobilitati del cristianesimo, provenivano ad esso principalmente dal mondo ellenistico, erano figli della filosofia greca e della civiltà giuridica romana (e il conditor iuris Giustiniano non può semplicisticamente ed anacronisticamente-anatopisticamente definirsi “europeo”).
Antiseri rivendica giustamente il fatto che la bimillenaria storia che collega cristianesimo ed Europa è “il nostro presente e anche il nostro futuro. Essa è la nostra identità”. Ma subito sembra cadere vittima di amnesia, affermando che, per procedere in tale solco identitario, “diventa di fondamentale rilevanza una trasfusione di memoria: tornare a riascoltare la voce dei nostri antenati, come avevano fatto i tre Padri fondatori cristiani come Schuman francese, De Gasperi italiano e Adenauer tedesco”. Ma non c’è qui, nel sistema di pensiero antiseriano, proprio una falla di memoria: di quella memoria della quale egli auspica la completa restaurazione? Si può davvero dimenticare che quella Europa era il risultato del brigantaggio rooseveltiano-staliniano di Yalta pensato apposta per impedire l’autentica e sostanziale unione politica d’Europa e dell’ancor più criminale brigantaggio della NATO che provocò la risposta del “Patto di Varsavia”: e che da tutto ciò nacque un’immensa, tragica lacerazione del continente europeo, della storia europea, dello spirito europeo, un vulnus che il crollo dell’Unione Sovietica e con essa del Patto di Varsavia non sono valsi a guarire.
L’Unione Europea, che ammaliò e affascinò a suo tempo tanti allora giovanissimi come me i quali davvero credettero che quello fosse il primo passo verso l’unione politica della nostra grande patria europea, che è una in pluralitate con le sue nazioni e la sua tradizione comune, era obiettivamente pensata – al di là di quel che credessero e sperassero i suoi Padri fondatori – non già per unire l’Europa, bensì per legittimarne e garantirne la separazione secondo il disegno della superpotenza statunitense la quale temeva il futuro sorgere, ad est dell’Atlantico, di una futura compagine continentale; e la potenza sovietica non tardò ad affiancarsi, in concordia discors, al disegno americano.
Né ciò basta ancora. A quel vulnus, ancor oggi irreparabile per quanto la storia paia averlo superato dopo il crollo dell’URSS grazie all’annessione al progetto unitario di quasi tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, ma col malefico sigillo e sotto il malefico ombrello della NATO che ha perfezionato il progetto statunitense già virtualmente vivo nel patto “unitario” della UE, si è aggiunto – e ne è stato, concettualmente e spiritualmente parlando, la lastra funerea – il rinnegamento delle radici cristiane dell’Europa ch’era naturale e necessario preambolo di quella costituzione che ancora non c’è, di quell’unione politica europea che la volontà dell’ancor sussistente superpotenza statunitense – a rimorchio della quale c’è ancora l’Inghilterra con quel che resta del suo Commonwealth – pretende che (diciamolo parafrasando il vecchio Manzoni) “non s’abbia da fare, né domani né mai”. Ed è stato proprio nel paese la cui capitale ospita Nôtre-Dame, la douce France delle Chansons de Geste, il paese “figlio primogenito della Chiesa romana” grazie alla conversione del franco Clodoveo, quello il cui re si è fregiato per secoli del titolo di “Cristianissimo”, che si è radicata l’empietà libertina e poi giacobina mai denunziata e mai rinnegata dalla Republique Française che ha voltato per prima le spalle a Dio, per quanto poco più di un decennio dopo al sua fondazione si sia riconvertita in un impero formalmente e superficialmente di nuovo cristiano la corona del quale era posta però sulla fronte di un apostata che solo anni dopo, perduto il potere, era tornato alla fede.
Ma l’apostasia della Francia giacobina era il definitivo tassello mancante che la collegava, facendone anzi la punta di diamante, alla sostanziale apostasia della civiltà occidentale moderna con il suo sogno prometeico, individualistico, scientista e potenzialmente ateistico fondato sulla Volontà di Potenza ch’è la vera radice dell’Occidente moderno: certo scaturito dall’Europa cristiana, ma che rispetto ad essa costituiva una rottura insanabile in quanto appunto apostatica. E quel che sfugge al filosofo cristiano-liberale Antiseri è appunto l’incompatibilità tra l’Occidente moderno figlio del connubio tra la rivoluzione prometeico-faustiana e lo spirito di Mammona da una parte, l’Europa cristiana dall’altra.
Questa è la ragione per la quale, oggi, gli europei eredi coscienti di quella Cristianità che dell’Europa tradizionale è anima e sangue non possono più dirsi “Occidentali”: per l’intrinseco anticristianesimo dell’Occidente moderno fondato sull’adorazione pagana del trinomio progresso-finanza-ingiustizia che nel suo plurisecolare iter piratesco di spoliazione della ricchezza degli altri continenti ha fondato la realtà globalizzatrice dei nostri giorni, quella dell’egemonia delle lobbies delle quali la politica occidentale è diventata Comitato d’Affari e sulla quale riposa il gigantesco sistema di sfruttamento mondiale delle risorse e delle energie dei popoli, il concentramento della ricchezza nelle mani di poche decine di migliaia di personaggi e di gruppi di potere (pari, si calcola schematicamente, a meno di un miliardo di esseri peraltro attraversati da enormi sperequazioni: il che significa in realtà poche decine di migliaia di padroni veri e propri) che domina una massa di oltre sette miliardi di esseri umani impoveriti e avviati alla proletarizzazione.
È a questa verità oscena, insostenibile, che l’Europa deve opporsi. E par farlo deve cominciare con l’uscire dal sonno dell’incantesimo pseudodemocratico: con il constatare alla luce del disincanto della realtà delle cose l’incantesimo malvagio che la fiaba della democrazia occidentale ha sparso nel mondo come un veleno. Da molto tempo ormai spiriti liberi e illuminati come Noam Chomsky hanno denunziato quest’inganno criminale. Europa, svegliati!
Franco Cardini

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