FRANCO CARDINI: UN’INTERESSANTE TROVATA “DEMOCRATICA” L’INVENZIONE DEL GENERE LETTERARIO DELLA “TRAGEDIA RIDICOLA”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Franco Cardini
Fonte: Minima Cardiniana

UN’INTERESSANTE TROVATA “DEMOCRATICA”
L’INVENZIONE DEL GENERE LETTERARIO DELLA “TRAGEDIA RIDICOLA”
Situazione grave, ma non seria. “Una risata vi seppellirà”, dicevamo ai tempi nei quali la Rivoluzione appariva a portata di mano: un frutto maturo da cogliere. Ora i tempi sono cambiati al punto che una situazione di allucinante gravità rischia di generare una risata piena di menzogna e di disperazione. Il conformismo eterodiretto di massa e il “pensiero unico”, due anime in un nòcciolo, stanno celebrando ormai in pompa magna le loro Nozze di Platino cominciate ai primi degli Anni Novanta del secolo scorso (ricordate il pur démodé Francis Fukuyama?) e ch’erano state del resto preparate da una lunga stagione di nozze morganatiche. Ed ecco in che modo.
Siamo al remaking della celebre fiaba del Re Nudo. Come sapete, nella sua versione tradizionale la menzione architettata da due truffatori furbastri e sostenuta da un sovrano stupido e credulo viene smascherata dalla semplicità di un bambino che fa crollare il castello di una menzogna sostenuta dalla paura con la semplice dichiarazione della verità evidente: “Ma il Re è Nudo!”.
La versione postmoderna della fiaba, tipica del Nostro Libero e Felice Occidente, ha elaborato un Lieto Fine diverso. Il bambino esclama: “Il Re è nudo!”; ma il buon popolo omogeneizzato e decerebrato a colpi di Fake News mediatiche reagisce come una belva impazzita dinanzi a una Verità che scompiglia il castello di carte bugiarde al quale si è assuefatto e del quale è ormai complice: e fa a pezzi il piccolo, incauto testimone. Com’è noto, questa è la fine di tutti i profeti veridici.
Partiamo dalla constatazione del livello di degrado nel quale versano un po’ tutte le grandi Città d’Arte d’Europa: da Roma a Parigi a Siviglia a Mont-Saint-Michel a Vienna, dove sono stati sommersi e sono quasi scomparsi – anche quando sopravvivono – i musei, le librerie, i negozi di qualità, le botteghe artigiane (per non parlare delle chiese, spesso chiuse tranne durante orari di visita nei quali si paga il biglietto; o delle sale cinematografiche, “evolute” come sappiamo…), mentre dilaga lo tsunami dei negozi e delle botteghe di oggetti kitsch, di “ricordini” di falso antiquariato, di pizzerie hamburgherie wokerie dove si smercia junk food. Io, che ho un sacco di difetti ma viaggio molto, conosco un solo luogo d’arte della grande Europa del tutto immune da questa lebbra che sfiora perfino Piazza San Pietro: la grande piazza del santuario di Santiago de Compostela.
La marea montante di questo materiale (dal momento che sono un signore non sto a specificare il materiale di cui esso è costituita) sta invadendo com’è noto anche Firenze. Ne è nata una polemica nella quale politici, imprenditori e studiosi (io compreso) hanno detto la loro, in genere ben curando di mantenersi al di sotto al livello di un giudizio sincero e preciso, timorosi tutti di pestar i calli di qualche Mammasantissima che su questa situazione o sulle sue conseguenze di guadagna eccome.
Unica, luminosa eccezione – che Dio la benedica – la signora Cecilie Hollberg, direttrice del Museo dell’Accademia di Firenze: la quale, interrogata sulla possibilità per Firenze di uscire dalla voragine melmosa nella quale è entrata, ha sentenziato (forse resa esitante dalla sua conoscenza, ottima però non perfetta, della nostra lingua) che quando una donna si è ormai abituata a esercitare il Più Antico Mestiere del Mondo, è difficilissimo che riesca a redimersi e comunque impossibile che possa conseguire di nuovo la verginità.
Un giudizio sintetico ma irreprensibile: che quindi non coinvolge solo i turisti ignoranti o gli extracomunitari maleducati, ma tutti noi, tutti noialtri buoni fiorentini che questa vergogna la provochiamo e la sosteniamo, e ci guadagniamo; o che la subiamo per noncuranza, per indifferentismo conformista e qualunquista, peer cinismo, per vigliaccheria.
Un giudizio tanto esatto e onesto da scatenare l’ira funesta di tutti gli Addetti al Potere. Non si parli di Matteo Renzi, ormai tanto aduso a redditizi suq bazaar da ritenere che non possano esistere altre forme di scambio e di convivenza; ma si è indignato anche il sindaco Dario Nardella, che viceversa – in quanto almeno formalmente (per quanto ciò non sia del tutto giusto) – avrebbe dovuto avere il coraggio e la lucidità necessarie ad ammettere che ormai le cose sono andate troppo oltre e avviare un sia pur duro e difficile percorso di risanamento, a cominciare dalle concessioni del suolo pubblico e alla tolleranza eccessiva, non sempre legale, dell’esercizio di certe professioni; e sembra si sia indignato perfino il Ministro Gennaro Sangiuliano, trascurando che la situazione denunziata riguarda una città governata dal fronte politico opposto al suo (e il non aver montato su ciò una speculazione va a suo obiettivo onore) ma perdendo altresì un’occasione opportuna per lanciare a livello nazionale una campagna di risanamento e di rinnovamento analoga a quella che il sindaco di Firenze dovrebbe avviare nella sua città.
Insomma, oportet quod scandala eveniant: e dispiace solo – ma la comprendiamo – che la signora Hollberg, sommersa da tante e tali proteste da parte di chi avrebbe dovuto solo vergognarsi e magari spingere il coraggio e l’onestà di cui è evidentemente priva fino a darle ragione, si sia vista “obbligata” a chiedere scusa. Si risparmi scuse elargite a chi non le merita, signora Hollberg.
Ma, a Firenze e altrove, il ventre che ha partorito queste ridicole infamie è ancora gravido: e lo sarà molto a lungo. Succede di tutto e di più. Anzi, di tutto e di peggio.
La Città del Fiore è governata da democraticissimi liberticidi: e la cosa non sembri paradossale. Da molti mesi ormai tutto il “nostro Occidente” è scosso dalla guerra che con ottimistico ma inesatto giudizio potremmo definire “russo-ucraina”. Su ciò i pareri, almeno quelli emergenti, sembrano divisi non già tra una “Destra” e una “Sinistra”, che anzi sia pur con divergenze di scarso rilievo sembrano solidali, bensì tra un “Alto” e un “Basso”. Intendiamo dire che al riguardo tutte le componenti del mondo dirigente ed emergente – politica, parlamentari, capi di partito, “piani alti” dell’economia e della finanza, gestori e personale esecutivo dei media – sono allineate e coperte dietro alle scelte del governo degli Stati Uniti, della NATO di Lorsignori di Davos, quelli che anche recentemente hanno invitato nel loro Olimpo svizzero l’attore prestato alla politica signor Zelensky (buon esperto anche di finanze, e proprietario d’immobili di eccellenza nella nostra Toscana); laddove però moltissimi non membri del felicissimo ceto dirigente, fin troppa gente che ormai da tempo non va più a votare (in Italia quasi la metà dagli aventi diritto) e qualche politico, qualche giornalista, qualche studioso, si vanno invece interrogando sulle ragioni sostenute dall’Occidente che ha scelto la causa ucraina e la supporta con ogni mezzo, gli economico-finanziari e i militari in primis.
Siamo in altri termini, per dirla in termini gramsciani, di un fronte sostanzialmente compatto dei “governanti” e dei “ceti egemoni” contrapposto a un altro fronte – meno evidente dati i mezzi a sua disposizione ma non meno esteso né meno deciso e combattivo – dei “governati” e dei “ceti subalterni”, appoggiato a quel che pare anche da una maggioranza che sta dando segni d’inquietudine e non è più troppo disposta a restare “silenziosa”.
Mentre l’auspicata vittoria della “democratica” (?) Ucraina e dei suoi alleati (che quelli che hanno buona memoria – dal 2014 in poi – non esiteranno a definire in una certa misura anche mandanti) tarda a venire, contrariamente alle magnifiche sorti e progressive promesse un paio di anni or sono, molti dubbi sulle verità proposte-imposte dal politically correct ufficiale e dai suoi agguerriti media sono affiorate: e sembra ormai sempre più affermata e diffusa quella tematica che da noi il bravo Giovanni Buccianti, ordinario di relazioni ufficiali nell’Università di Siena, ha lucidamente riassunto nel bel saggio Oltre la cortina di ferro. Ucraina, l’ultima provocazione (Lucca, La Vela, 2023) che purtroppo è stato esposto in pochissime delle poche librerie superstiti e ha ricevuto – chissà perché – scarsissime recensioni dai Signori dei Media.
Nell’àmbito della crescente impazienza di quelli che Prezzolini definiva “gli Àpoti” (vale a dire “Quelli che non la bevono”) si collocano evidentemente i quattro gatti raccolti in due associazioni delle quali sentiremo probabilmente riparlare alle elezioni amministrative, Firenze Rinasce e Firenze Consapevole, le quali in fondo si sono limitate a constatare che, al di là di qualunque legittima libera posizione, la massa qualitativa e quantitativa di notizie (sovente poco verificabili e meno ancora verificate) che ci giunge filtrata dai nostri media giornalistici, televisivi e informatici è scarsa e pericolosamente squilibrata a favore di una delle due parti protagoniste del conflitto, senza che ai “governati” sia offerto – o anche semplicemente permesso – un più libero accesso alle fonti.
E sì che ce ne sarebbero: e di primissima mano. A parte, ad esempio, di quello che ci dicono pochi giornalisti civicamente indipendenti e coraggiosi, per il resto quasi nessuno ha il coraggio di “cantare fuori dal coro”. Per esempio, Andrea Lucidi e Vincenzo Lo Russo, due pubblicisti residenti in Donbass, che non hanno assolutamente intenzione di contestare proprio nessuno né di sovvertire un bel nulla, ma che stanno facendo con onestà e coraggio il loro lavoro di professionisti liberi: e in quanto tale segnalano ad esempio come utile strumento d’informazione e legittimo oggetto di discussione il “docu-film” dal titolo Il Testimone. Lucidi e Lo Russo sono esplicitamente pronti a rispondere a chiunque intenda verificare la qualità e l’onestà intellettuale del loro lavoro, che presenta la situazione in Donbass – e quindi in Russia, in Ucraina e in Crimea – come molto diversa da quella che le varie e sostanzialmente concordi voci della Vulgata a noi nota (“troppo” concordi) ci presentano.
Il docu-film, presentato dalle due associazioni delle quali si è detto, aveva già ottenuto cortese e generosa ospitalità presso il circolo L’Affratellamento di Firenze, dove avrebbe dovuto essere proiettato giovedì 1 febbraio. Dopo le tante parate di Zelensky, che ha avuto modo addirittura di proporci più volte il suo abbigliamento militar-casual, Firenze era la città adatta per farci sentire, dopo le squillanti trombe di guerra ucraine, il discreto e sommesso tintinnare di qualche campanella diversa.
Ma a Palazzo Vecchio non ci sono troppi allievi di Pier Capponi. J.W. Fulbright ci ha già spiegato, in un best-seller della seconda metà degli Anni Settanta, che cosa sia L’arroganza del potere. Ne abbiamo già visto un esempio a Bologna, dove il sindaco Matteo Lepore (PD) ha proibito la già programmata proiezione del film, ha minacciato di ritirare la concessione al Centro Culturale convenzionato con il comune che stava per presentarlo alla popolazione e ha espulso dalla sua maggioranza un consigliere (del gruppo “verde”) che aveva osato difendere quell’anticaglia evidentemente democratica ch’è la libertà di pensiero, di espressione e di giudizio. A Firenze, gli ha immediatamente fatto eco la vicesindaca Alessia Bettini.
Il 25 scorso Luigi Mannelli, presidente dell’Affratellamento, ha chiesto di controllare la pellicola che duole di dover ormai definire “incriminata”. Sembra di sognare. Lo ha già fatto altre volte? Non avrebbe potuto (e dovuto) farlo prima, anziché accettare – “incautamente”? – l’annunzio di prossima proiezione? Frattanto, entra in scena (l’ANSA lo riferisce al 25 gennaio) lo stesso Dario Nardella, il quale sembra allinearsi sul parere del suo collega bolognese. Fra l’altro, il circolo Affratellamento riceve contributi dal comune. Io sarò forse reso miope dalla mia personale amicizia nei confronti di Nardella, ma – dico la verità – nei panni del volgare ricattatore non ce lo vedo. Ed ecco quanto finisce secondo l’ANSA col dichiarare Luigi Mannelli, con espressioni non lontane dal latinorum di quel tal curato lombardo del Seicento descritto dal Manzoni: “Sono dispiaciuto per queste polemiche (perchè?), si intaccano anche punti di principio (quali?). Noi abbiamo gli strumenti di cultura critica per poter giudicare (e anche proibire?), abbiamo ricevuto interventi pesanti contro la nostra libertà (quali interventi, da parte di chi?)”.
Ad ogni modo viene riunito – è sempre l’ANSA a raccontarcelo, al 29 gennaio u.s. – il consiglio direttivo dell’Affratellamento, i membri del quale debbono essere con ogni evidenza eminenti studiosi, specialisti illustri di geopolitica e finissimi cultori nel delicato ramo della documentaristica cinematografica. E debbono essere anche linguisti e slavologi di alto livello, in quanto hanno visionato il film con la consulenza di un’esperta russian speaking, forse di madrelingua russa, ma proveniente comunque da Kiev e con molta probabilità (è un suo diritto) sostenitrice di Zelensky. Evidentemente, in quell’eletto consesso v’erano anche – ah, beato Mannelli! – membri in grado di correggere eventuali errori oppure omissioni (non vogliamo dir bugie, per carità…) involontariamente commessi dalla traduttrice.
Comunque, il Consiglio dei Saggi dell’Affratellamento alla fine si esprime. E qui par di essere davanti a un processo di “purga” stalinista organizzato dal grande, indimenticabile Vyshinsky; o a una “caccia alle streghe” guidata dal senatore McCarthy; o a una pagina de Il montaggio di Vladimir Volkoff. I Saggi dichiarano difatti – con linguaggio liberamente ispirato a quello dei critici della Biennale di Venezia – che “Il Testimone è un film modesto, per i contenuti e per l’ingenuità narrativa (sic. In che senso?), e precisano “che non sia un prodotto culturale da censurare” (urca, ci mancherebbe: son tutti fieri democratici: ma allora?). E allora? “La visione è annullata anche (a parte cioè il “suggerimento” proveniente da Nardella) perché il tema stesso – molto importante (bontà loro…) – sarebbe stato deviato (sic) a causa delle sorprendenti reazioni (?!) che ha sollevato, nonché per i contenuti della proposta cinematografica in questione” (espressione magistrale: il Malinconico Principe di Danimarca non avrebbe saputo dir meglio). D’altronde, tranquillizzatevi: l’Affratellamento ritiene “opportuno intervenire con concretezza critica e culturale sull’attualità e sulle gravissime preoccupazioni che l’informazione e il fronte bellico tra Ucraina e Federazione Russa suscitano in tutta la popolazione”. Programma ambizioso e lodevole. Quando e come lo attueranno: potrei umilmente osare di essere invitato a collaborare?
Comunque, il verdetto è degno della finezza, della chiarezza e della competenza di chi lo ha vergato: “Il film è serenamente al di sotto, riteniamo, della capacità critica e di discernimento della popolazione italiana, in particolare dei nostri concittadini fiorentini”. A parte l’uso improprio dell’avverbio “serenamente”, allusivo all’atteggiamento dei giudicanti ma attribuito al film (che si sia dinanzi a un’improvvisa, inattesa caduta di stile?), si prosegue così: “Ci sentiamo di dichiarare che questo film sia tanto mediocre quanto di propaganda, sì, ma molto al di sotto di innumerevoli altri film (di segno diverso, naturalmente) che abbiamo già visto e che, serenamente (ribontà loro) abbiamo lasciato fruire anche ai nostri figli”. È quindi anche per lodevole, meritoria preoccupazione etico-pedagogica che si è ricorsi alla censura (pardon: quale altro termine dovrei usare?) nei confronti de Il testimone? E considerando che per vecchissimi studi in URSS un pochinissimo di russo – con fatica e con l’ausilio del vocabolario – lo mastico anch’io, potrei cortesemente avere una lista di almeno dieci di questi meritori film la visione dei quali i Saggi del Consiglio hanno liberalmente consentito ai loro fortunati figli? Guardate che questa non è una proposta: è una sfida, e se non la raccogliete esplicitamente vi tratterò da felloni.
Ma infine, ecco la ciliegina sulla torta: l’Affratellamento – prosegue il comunicato ANSA del 29 – ha quasi 150 anni e rivendica si svolgere “Il suo ruolo nella vita sociale e culturale della città”, “non senza gravi difficoltà” (excusatio non petita): riceve sostegni istituzionali di cui ringraziamo, ma senza nessuna flessione di subalternità. (ci mancherebbe: Dario, sei avvertito, sta’ in campana) Non possiamo né vogliamo rinunciare a questa eredità di indipendenza” (ovvero, visto che siamo a Carnevale: Arlecchino si confessò affermando).
Ma tu, caro Dario, in questa riedizione fiorentina dei Promessi Sposi in riva all’Arno, tra Renzo Lucidi e Lucia Lo Russo con la partecipazione straordinaria di don Abbondio Mannelli, come ti situi? Se ascoltiamo Rodrigo Lepore che tuona da Bologna che questo film non s’ha a proiettare, tu che ne pensi? Abbondio Manelli ha già incaricato i suoi Saggi di elencare gli “impedimenti dirimenti” al film filoputinista: error, cognatio, crimen eccetera. Io ti vedrei bene, come musicista finissimo quale sei e sindaco emerito quale sarai, nei panni di un conte Attilio – il più simpatico dei personaggi manzoniani – che non ha tempo da perdere né con i cinematografari putinisti né con i Fieri Democratici dell’Affratellamento giustamente gelosi della loro Indipendenza (anche se tengono ai “sostegni istituzionali”), ma che già pensa al suo Bel Castello in quel di Bruxelles o di Strasburgo. Auguri. FC

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