Giulietto Chiesa è morto poche ore dopo aver concluso il Convegno “Liberiamoci dal virus della guerra”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: COMUNICATO DEL COMITATO “NO GUERRA-NO NATO”
Fonte: Minima Cardiniana

COMUNICATO DEL COMITATO “NO GUERRA-NO NATO”

GIULIETTO CHIESA
Fino all’ultimo in prima linea nella lotta per attuare l’Articolo 11 della Costituzione, per portare l’Italia fuori dal sistema di guerra
Giulietto Chiesa è morto poche ore dopo aver concluso, nel 75° Anniversario della Liberazione e della fine della Seconda Guerra Mondiale, il Convegno internazionale del 25 aprile Liberiamoci dal virus della guerra.
Da quando cinque anni fa abbiamo costituito il Comitato “No Guerra-No Nato”, siamo stati insieme a lui nel continuo impegno per fornire una informazione veritiera sulle cause reali delle guerre; per un’Italia sovrana e neutrale, fuori dalla Nato e da ogni altra alleanza militare; per l’eliminazione totale delle armi nucleari e delle altre armi di distruzione di massa; per mettere fine allo spreco di enormi risorse destinate ad armi e guerre; per un nuovo sistema economico e sociale che elimini le cause che sono all’origine delle guerre.
Ricordiamo le ultime parole pronunciate da Giulietto Chiesa alla conclusione del Convegno del 25 aprile, alla fine dell’impegno politico della sua intera vita. Parole veritiere, crude, sulla gravità del momento che viviamo. Parole che chiamano alla lotta per riconquistare le libertà costituzionali:

Siamo arrivati alla fine di questa maratona, che spero sia stata per tutti voi interessante. Sono state esposte molte cose nuove, con altre nuove voci internazionali.
Ci diamo un arrivederci, un arrivederci fisico quando potremo rincontrarci, anche se credo non sarà facile riconquistare le libertà costituzionali che sono state sospese, e sappiamo perché.
Già si intravedono segni che ci mostrano le situazioni difficili in cui dovremo combattere per riavere le libertà che sono state sospese.
Dobbiamo sapere che la situazione sarà molto più critica, molto più drammatica.
Incombe una crisi economica di proporzioni gigantesche che coinvolgerà e travolgerà (temo) l’Italia.
Coloro che stanno utilizzando questa situazione come uno strumento per colpire i più deboli, e i più deboli sono già stati colpiti, coloro che hanno in mano i bastoni del comando li useranno, e quindi sarà compito nostro, tutti insieme, costruire una barriera e una capacità di riscossa. Dobbiamo pensare a una politica diversa per uscire da tale situazione.
Questo convegno si è svolto online, ma ci saranno e dovremo fare in modo che ci siano altri momenti di lotta e di combattimento politico che siano fisici, in cui ci si possa ritrovare e guardare negli occhi
.

Ed ecco la sua relazione congressuale presentata appunto nella stessa giornata, durante i lavori del Congresso, e pubblicata qui in extenso, sulla base del testo da lui approvato:

Cari amici che state guardando questa rassegna molto importante che abbiamo voluto mettere proprio nel giorno del 25 aprile, cioè della Liberazione dell’Italia.
Dovremmo essere orgogliosi, perché siamo gli unici che si ricordano di Julian Assange, e invece siamo preoccupati, vi dirò.
E lo siamo perché se va in porto il progetto di distruggere Assange, di rinchiuderlo definitivamente, di punirlo perché ha rivelato al mondo la verità e i fatti dei padroni universali o di una parte di loro, allora vuol dire che anche noi, noi tutti, non parlo soltanto di noi giornalisti, noi tutti, anche voi che state guardando queste immagini, saremo in pericolo, saremo imbavagliati, costretti a difenderci, oscurati, minacciati, impossibilitati ad avere notizie affidabili, a capire che cosa succede a casa nostra e nel mondo intero.
E questo non è il futuro, per quanto fin troppo prevedibile, è il presente, è quello che sta succedendo adesso.
In Italia il governo in carica addirittura organizza una squadra di untori ufficialmente incaricata di fare pulizia di tutte le notizie che divergono da quelle ufficiali.
È la censura di stato, come altrimenti si può chiamare.
Anche la Rai, non basta quella del governo, anche la Rai televisione pubblica, istituisce una task force contro le fake news per cancellare le tracce delle loro bugie quotidiane che inondano tutti i loro teleschermi e tutti i loro giornali.
Si potrebbero fare molti esempi ma non li farò, non occorre, andate a vedere il filmato di Mazzucco sulla caccia alle fake news cioè la caccia a gente come Mazzucco, come me, come Dinucci, come tutti quelli che difendono, per esempio, Assange.
E poi ci sono, ancor peggio, molto peggio, i tribunali misteriosi che sono di gran lunga più potenti di quanto non siano questi cacciatori di fake news: sono google, sono facebook, che censurano senza appello quello che noi tutti scriviamo sui loro social, sono i loro, mica i nostri, noi li usiamo ma quando usciamo dal seminato o usciamo dai binari veniamo bacchettati, puniti, colpiti, cancellati, semplicemente tolti dalla circolazione.
Sono loro che censurano senza appello, che distorcono, che manipolano le notizie, che mostrano ciò che decidono i mercati e cancellano tutti gli scomodi ficcanaso con i loro algoritmi e i loro trucchi segreti. Per esempio: come si fa la home page di google? Come si fa a far sparire una notizia mettendola in fondo, sconosciuta, invisibile? Lo decidono i loro algoritmi.
E tutto questo avviene alla luce del sole, con il plauso o il silenzio dei mass media che tutti i giorni noi vediamo.
Siamo già circondati da nuovi tribunali che cancellano i nostri diritti. Vi ricordate l’articolo 21 della Costituzione italiana? C’è scritto “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Ma 60 milioni di italiani sono costretti ad ascoltare un solo megafono che urla da tutti i 7 canali televisivi del potere, sempre con le stesse facce, non so se vi siete accorti, sempre le stesse facce: sono due-tre anni che vediamo solo loro, una voce unica, monotona, sistematica, che quando ritiene opportuno urla e crea allarme e quando ritiene opportuno invece chiude tutti gli spazi e li riserva solo a loro, a una trentina di persone che decidono ciò che devono ascoltare 60 milioni di italiani.
Come esercitare il nostro diritto? In queste condizioni è impossibile esercitarlo mentre la rete, i social network, i giornali sono di fatto censurati come si è visto in modo subdolo e palese, senza possibilità di appello.
Ecco perché Julian Assange è un simbolo, è una bandiera, per questa ragione: perché la rappresenta, l’ha rappresentata in modo plastico e il silenzio che circonda il suo processo è la prova provata di come la censura può agire non solo raccontandoci bugie, ma tacendo ciò che per loro non deve essere noto.
Ma Assange ci può servire, anche come un invito alla riscossa, al risveglio prima che sia troppo tardi anche per noi, noi dovremmo capire che è indispensabile unire le forze, quelle che abbiamo che non sono neanche tanto piccole ma che hanno un difetto fondamentale: quello di essere frazionate divise, incapaci di parlare con una voce unica, e io invece ritengo che occorra creare o cominciare a creare una risposta coordinata, un megafono alternativo, uno strumento che sia capace di parlare ai milioni di spettatori ma soprattutto di cittadini che vogliono sapere.
E per difendersi devono sapere, e per difendersi devono organizzarsi.
I mesi a venire, credo che tutti ormai lo abbiamo capito, saranno una successione di colpi, di terremoti, di attentati alla nostra libertà.
Se milioni di pecore spaurite ascolteranno e vedranno solo ciò che suona il pifferaio magico allora andremo tutti in schiavitù molto velocemente.
E andare in schiavitù vuol dire anche andare in guerra perché questi signori che controllano e dominano il pensiero almeno di 2 miliardi e mezzo di persone, vogliono la conquista di tutto, non del denaro, vogliono la conquista fisica dei beni della terra prima che il denaro che hanno creato a dismisura vada in fumo.
Allora è il momento di svegliarsi, anche per questo abbiamo deciso di fare questo incontro, che avremmo preferito fare a Firenze in un teatro, e invece siamo costretti a fare sulla rete, che è la loro, fino a che ce la lasceranno.

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