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per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 15 dicembre 2017

“Nuovo Ulivo? Uno sbadiglio ci seppellirà. Mandiamoli tutti a casa questi leader tristi del Pd”.
Ambizioso programma, sindaco Matteo Renzi.
“Non è mica solo una questione di ricambio generazionale. Se vogliamo sbarazzarci di nonno Silvio, io così lo chiamo e non caimano, dobbiamo liberarci di un’intera generazione di dirigenti del mio partito. Non faccio distinzioni tra D’Alema, Veltroni, Bersani… Basta. E’ il momento della rottamazione. Senza incentivi”.

Comincia così, su ‘Repubblica’, il 29 agosto di sette anni fa, l’intervista in cui Renzi lanciò la rottamazione dei dirigenti della sinistra storica del PD. ”Dobbiamo liberarci di un’intera generazione di dirigenti del mio partito”, così disse. Non politica, ma persone. «La classe dirigente che ci ha portati fin qui è quella che ha rotto il giochino. E chi ha rotto il giochino non può essere chi lo aggiusta»: così aveva poi ripetuto alla Leopolda due anni dopo, in piene primarie. ‘La Stampa’ titolò le parole di Renzi in questo modo: “Chi ha fallito a sinistra vada a casa”. Ecco. Il renzismo nasce (e probabilmente morrà) sotto l’egida di questa locuzione: ‘chi perde deve andare a casa’. Con un difetto, quello di applicare la regola sempre agli altri, mai a se stessi. Nessun leader della sinistra, in Italia, ha perso quanto l’attuale segretario del PD. E non partite di tressette! Al contrario: il campo è vastissimo e va dai referendum costituzionali alle municipali di Ostia, passando per elezioni amministrative svolte in ogni dove. Un campo di battaglia segnato da sconfitte rovinose, che sembrano passate come acqua fresca dinanzi ai tweet e alle parole ambiziose di un uomo e di una classe dirigente davvero fuori luogo.

Non è solo questione di Renzi, ovvio. È l’intero progetto politico del PD a essere fallito, visto che ha prodotto questi risultati e queste acrobazie politiche. La politica non è una sommatoria o una sottrazione, difatti, e non basta appunto sottrarre Renzi al partito per renderlo più digeribile, così come non è bastato sommarlo per garantire un futuro radioso. La politica è questione di ‘forza’, non di numeri in astratto. È questione di rappresentanza, donde la legittimità e l’autorità. Il PD attuale forte non è, tantomeno autorevole. Al contrario, quelli che il toscano voleva rottamare sono vivi e vegeti, tutti dentro un progetto di rilancio della sinistra unita che lascia intravedere un partito nuovo all’orizzonte. A riprova che il tema non è il ‘ricambio generazionale’, come Renzi stesso ammetteva già nel 2010, ma la ‘forza’ politica, la rappresentanza (istituzionale e politica) che si è in grado di proporre, e dunque la qualità della visione e delle prospettive. Il PD non ha più prospettive e andrà per questo incontro al proprio normale destino. Questione di tempo. È una vicenda, la sua, che testimonia come porre alla guida di una grande organizzazione una leadership inesperta e arrogante, produca danni ineguagliabili.

E ‘inesperta’ qui non significa solo ‘tecnicamente carente’ o priva di saperi. Ma anche priva di sensibilità e di corretta dimestichezza coi poteri pubblici, con le istituzioni, con lo Stato. Un parlamentare, un ministro, un dirigente del partito di governo non possono ritenere che la cosa pubblica sia una palestra della propria arroganza, dei propri interessi, delle proprie inclinazioni o ambizioni. Inalberandosi se qualcuno lo fa notare. Non si può ritenere che un partito sia solo la scala per salire a Palazzo Chigi, e il governo un’appendice del proprio mondo. Non è in questione la legge, o una sua eventuale violazione. Non è roba da avvocati o da giudici. È in questione la condotta politica, quella personale, l’etica, il rispetto che si prova per un mondo grande e vasto come quello della sinistra italiana, e per i milioni di donne e uomini che le hanno dedicato una vita. Tentare di scalare queste coscienze solo per darsi un tono e sentirsi qualcuno è una specie di crimine. Tanto basterebbe per andarsene diritti a casa, dopo essere stati dei perdenti di successo: inutili alla sinistra, se non dannosi, anche perché molto utili ai nostri avversari.

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