HERNAN CORTEZ DAVANTI A MONTEZUMA
È l’otto Novembre del 1519: Hernàn Cortèz è dinanzi a Montezuma: era la prima volta che un rappresentante dell’occidente cristiano incontrava in carne ed ossa l’imperatore del regno degli Aztechi! Era come se un archeologo si trovasse a passeggiare con Priamo a Troia, o con Ramsete il Grande sotto le Piramidi, o con i patrizi di Pompei. Cortèz non doveva però resuscitare davanti a sé ruderi archeologici, non era affatto uno studioso, ma un avido guerriero, interessato prosaicamente nell’oro, le ricchezze, il dominio. La scena possiamo solo immaginarla dagli scarni resoconti storici. Solo un anno dopo questo incontro, Montezuma era morto; un anno ancora, e Messico era distrutta. Nelle parole di uno storico: “Questa civiltà è l’unico esempio di una morte violenta. Essa non si spense lentamente, non fu compressa o impedita nel suo sviluppo, ma fu trucidata nel pieno fulgore della sua espansione, distrutta come un girasole a cui il viandante abbia troncato il capo”.
Gli antichi abitanti del Messico immaginavano il tempo in una successione passata di Epoche o Soli, secondo la mitologia dei quattro elementi. L’Epoca del quinto Sole sarebbe stata un giorno divorata da un elemento terribile: il movimento. Il quinto Sole conteneva questo avvertimento: il movimento ci ucciderà. In altre parole, la creazione, beatitudine della vita, è accompagnata sempre dalla distruzione, annuncio della morte. Noi occidentali siamo sempre sordi di fronte a questa avvertenza, ma i popoli nativi sanno che creazione e catastrofe vanno a braccetto, si sentono sicuri nei loro miti.
Il Dio delle cosmogonie messicane fu Quetzalcoatl, il serpente con le piume, creatore dell’agricoltura, l’educazione, le arti, la poesia, i mestieri. Secondo il mito, Quetzalcoatl credeva di essere eterno, ma a causa degli Dei di opposizione scoprì suo malgrado di avere un destino umano, storico, passeggero, mortale. Allora abbandonò Messico diretto a oriente e promise ritornare un giorno in una data precisa, che nel calendario azteca era corrispondente all’anno 1519 dell’era cristiana. È l’anno preciso-1519-nel quale Cortèz sbarca sulla costa di Veracruz e comincia la conquista del più grande regno indigena della America del Nord. Montezuma, Signore della voce e della parola, è presto spogliato dei suoi attributi da un avventuriero spagnolo che ha come moglie una principessa schiava, che gli insegna la lingua ed è madre del primo meticcio messicano. L’Imperatore dubita se combattere l’invasore o accettare la profezia, ma il dubbio lo perde; smarrisce la parola ed è preda del tempo, e allora il popolo lo lapida!
Decapitato l’Impero azteca, il Messico diviene indigena e spagnolo, ma anche mediterraneo, romano, greco, arabo, ebreo. La profezia si è compiuta col fuoco e la polvere da sparo, il Quinto Sole è distrutto dal movimento, l’isolamento sarà superato dal travaso delle culture. Messico si apre al mondo, la sua arte viene a conoscenza di Dürer che intravede il significato dei segni creatori del tempo. Messico comincia a entrare nella storia, nel tempo umano condiviso. Gli antichi Dei sono esiliati, proibiti i sacrifici umani, e l’arte barocca edifica chiese dove si maschera l’antica fede con la nuova del Cristianesimo. È un’arte che concilia lo splendore antico con gli accidenti del divenire, mentre nasce una nuova genealogia americana e acquistano nome i meticci, gli indigeni, i neri, i mulatti. I messicani sono testimoni della loro morte e della resurrezione immediata. La lingua castigliana si diffonde nell’America centrale. Le nuove etnie sorte a conseguenza della Conquista sono il volto cambiante dell’azteca e dello spagnolo, dell’africano e dell’arabo. Il rimescolamento delle etnie fa emergere una società multiculturale, una tensione tra esclusione e integrazione. Le società sorte nelle Americhe vedono poi nascere grandi città, opere di braccia indigene e nere, a Messico, Lima, Quito, Santa Fe de Bogotà, Caracas, Santiago del Cile.
Vedo certa similitudine tra la spada del soldato romano che trafigge Archimede di Siracusa e l’archibugio di Cortèz che fa strage di sacerdoti e dignitari aztechi. Non ci appaiono intrecciati i destini individuali con i cicli e i destini dell’evoluzione umana, con i tesori culturali che devono essere trasmessi ad altre civiltà ed altri popoli, fino all’arrivo di una forza che arresta il passato immobile? E poi questa forza rimescola il tutto, introduce il nuovo, corregge e tempera? I tesori culturali possono salvarsi in beneficio di epoche posteriori, ma allo stesso tempo accade che questi popoli decadano e muoiano. Già nei miti aztechi della Creazione si intuisce la tensione tra l’eternità e il tempo della storia che si aprirà passo. Gli Aztechi sapevano di appartenere a un mondo di divinità, la loro vita religiosa nasceva da una percezione intima, mitica e cosmologica. Il mondo che fa irruzione nel 1519 trae con sè i germi di una coscienza più prosaica e materialistica, che si serve di tutto, anche della religione cattolica, per dominare e soggiogare in nome di un potere mondano.
Come si accennava nell’articolo precedente*, c’è un perenne antagonismo tra due correnti spirituali che accompagnano l’evoluzione della Terra. Nella nostra epoca può cominciare a chiarirsi l’azione di queste due forze antagoniste che si intravedono nella conquista del continente americano. La prima corrente è riconoscibile, allora come oggi, quando gli uomini spinti dalle loro passioni e desideri, si lanciano verso il divino, inseguendo i fini più elevati. Ciò che è grande, che trasporta ed eleva è dipeso e dipende dagli impulsi della prima corrente, la quale di suo tende a pepetuare le sue opere in una sorta di auto compiacimento, senza che la luce della conoscenza illumini il loro impulso. La seconda corrente interviene per corrompere i frutti della prima corrente, per distruggere, per aprire il passo al nuovo modo di concepire l’essere umano che all’epoca di Cortèz si annuncia nell’Europa. Grazie ai suoi impulsi, si comincia a sviluppare l’intelletto, il pensare astratto e la cognizione razionale basata solamente sui processi sensoriali, si promuove l’illusione che la materia sia l’unica realtà, la realtà ultima. Fra poco, l’Io diventerà nient’altro che i fenomeni del pensare, del sentire e del volere concepiti come un’unica idea astratta, una specie di miscuglio fatto di pensiero, sentimento e volontà. Sono due correnti in lotta perpetua tra di loro, e le forme di società che sono apparse e si sono avvicendate nel corso dei secoli sono decadute una dopo l’altra per l’azione combinata di esse.
Dalla catastrofe iniziale del Messico emergono i frutti di questo rimescolamento di culture, dolci e amari. Ma il compito principale è riconoscere queste due forze antagoniste nel quotidiano. Le abbiamo vive e vegete nella coscienza! Infatti, non abbiamo solo una condizione di coscienza, ne abbiamo due, l’abituale stato di veglia e lo stato di”sonno” che è sempre presente anche durante la veglia. Se fossimo ininterrottamente svegli, non potremmo evolverci, possiamo crescere solo per il fatto che c’è sempre qualcosa in noi che è meno sveglio della coscienza di veglia diurna. In questa, siamo troppo fortemente svegli, siamo dediti con troppa intensità al mondo esterno delle continue percezioni. Ci abbandoniamo completamente al mondo esterno. Siamo infatti sotto l’influsso della seconda corrente! A momenti, entra però in gioco la prima corrente, le immagini prima cristallizzate divengono mobili, siamo in noi, nelle nostre passioni, desideri, aspirazioni, buoni propositi, ideali. Questa è l’inestinguibile lotta tra le due correnti, tra una corrente conservatrice e una rivoluzionaria, e noi nel bel mezzo!
FILOTEO NICOLINI
Immagine: QUETZALCOATL
*ARCHIMEDE DI SIRACUSA E LE CORRENTI SPIRITUALI SOTTERRANEE