I compagni che vorrebbero far rientrare il dentifricio nel tubetto

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Gian Franco Ferraris

di Gian Franco Ferraris – 10 marzo 2018

Le elezioni del 4 marzo hanno spazzato via il sistema politico della seconda Repubblica e gli elettori hanno decretato, senza ombra di dubbio, il crollo del Pd e la condanna all’irrilevanza della sinistra.

Il risultato di Liberi e Uguali è stato disastroso, ha preso il 3,4% meno voti addirittura della sinistra arcobaleno che rimase fuori dal Parlamento con il 3,12% nelle elezioni del 2008.

La scellerata scalata al potere di Renzi di fatto ha accellerato l’epilogo della classe politica postcomunista e postdemocristiana che ha governato il Paese negli ultimi 25 anni.

Le ragioni di questa sconfitta senza scampo. sono la grave e lunghissima crisi economica e sociale che opprime da anni l’Italia e l’incapacità  della classe politica di affontare i problemi veri degli italiani: Il lavoro nel nuovo mondo, la redistribuzione dei redditi, la salute, la qualità della vita nelle periferie, la scuola.  Alla superficialità e arroganza dei politici si aggiunge la scarsa capacità di gran parte degli italiani di comprendere i motivi profondi e strutturali della crisi; il risultato di queste circostanze è che le isitituzioni democratiche poggiano su una sottilissima lastra di vetro.

La campagna elettorale di Liberi e Uguali ha prodotto in realtà un effetto benefico per migliaia di compagni che hanno combattuto fianco a fianco in questi mesi in condizioni difficili, ignorati e attaccati dai mezzi di informazione. Purtroppo non è scattata una connessione sentimentale con l’elettorato che ha interpretato la Lista di LeU come una operazione del ceto politico per salvare la poltrona. L’atteggiamento poi dei nostri politici, a partire dalla miopia e egoismo nella formazione delle liste elettorali, sono la dimostrazione della profonda frattura tra ceto politico e popolo.

Sarebbe cambiato poco, i danni ormai risalgono a molti anni fa e sia la prospettiva di una lista di sinistra di Fratoianni che quella di centrosinistra degli scissionisti del Pd erano solo operazioni nostalgiche di un passato, di un partito natale che non tornerà più. A ben vedere anzi il travaglio vero della minoranza Pd è stato un danno per la nuova formazione di LeU; inutile dire ora che avrebbero dovuto uscire dal PD prima, al tempo del jobs act, della buona scuola, della controriforma del 4 dicembre. In fondo sono usciti a seguito di una mossa lungimirante di D’Alema ma poi la sua gestione è stata fallimentare con la dissennata smobilitazione dei comitati del No dopo la vittoria nel referendum e i mesi persi a inseguire le strambalerie di Pisapia.

Nei fatti, la proposta di D’Alema a inizio 2017 di fare una costituente di sinistra non è stata presa in considerazione dai capi di MdP, avrebbe a mio parere avuto forza maggiore almeno nella proposta politica rispetto a un rassemblement di piccolissimi partiti uniti in occasione delle elezioni. Sarebbe comunque cambiato poco nel risultato perchè la sinistra da immemore tempo non è più rappresentativa dei sentimenti comuni dalla società italiana.

La sconfitta politica di D’Alema nel Salento mi ha provocato malessere fisico, una tragedia umana prima che politica.  La vita molte volte è spietata, quando D’Alema era potente in Salento era votato anche da quelli di destra, ora che si è presentato “a piedi” ha raccolto meno voti delle persone che ha incontrato.

Ma ho la morte nel cuore dopo aver letto in questi giorni commenti e interventi dei compagni; ognuno pensa che la sua idea sia l’unica valida, si ripete in modo folle lo stesso schema dell’ultimo decennio. Qualcuno addirittura pensa di trasformare il risultato elettorale nella resa dei conti (?), altri accusano Pietro Grasso che almeno ha avuto nervi saldi in questa gabbia di matti e in questi passaggi difficilissimi di non essere televisivo, come dire che se avessimo messo Pippo Baudo avremmo cambiato le sorti di questa battaglia persa (?).

Penso che nessuna persona di buon senso metterebbe un euro sul nostro futuro, anche le assemblee territoriali senza il tempo di approfondimento servono a ben poco e la possibilità di fare un partito con questi pensieri equivale alla velleità di far rientrare il dentifricio nel tubetto. I gruppi parlamentari poi rischiano di spaccarsi tra quelli che sperano di rientrare in un Pd derenzizzato e il minoritarismo esiziale.

Eppure nel momento in cui la seconda repubblica volgerà rapidamente alla sua crisi finale, si tratterebbe di fare la cosa oggi più difficile: iniziare a pensare, pensare per arrivare a un pensiero e sentimento comune – occorrono calma e tempo.

Il cammino è irto di difficoltà ma è ora che le persone di buona volontà si mettano in cammino.

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