di Fausto Anderlini – 13 settembre 2017
Più che farmi pisapiano sento crescere in me la sindrome del posapiano. Laissez faire, laissez passer. Quella fatale indolenza che prende nelle situazioni attorcigliate e ricorsive. Come nell’ipnosi. Inutile correre dietro agli eventi, basta star fermi in attesa che le cose facciano il loro giro. Venendoti a trovare. Tanto non c’è rischio. Son sempre quelle.
Le deliberazioni del partecipato incontro fra Mdp e Cp dopo le fibrillazioni estive ricordano il gioco dell’oca. Pisapia confermato leader, un centro-sinistra alternativo al Pd, un’assemblea programmatica aperta….ecc. ecc. Come che ogni perturbazione non abbia sviluppo che tornare alla casella di partenza. Riprecisazioni così insistite da render palesi i dubbi in esse insinuati.
Ma se il fatalismo posapiano mi può personalmente aderire con minima frizione pilifera, come reagiranno gli altri capi dell’armento camelloporco a questo perdurante stress pisapiico ? Fino a quando deglutiranno la reiterata investitura di un leader anapolitico, che ostinatamente rifiuta di farsi carico di una rappresentanza reale e, salvo impuntature, è persino recalcitrante al ruolo come tale ? Per quanto tempo potranno udire proposte stupefacenti come quella di far selezionare le candidature a un comitato di garanti senza mandare tutti a fare in culo ?
Mdp è un quasi partito, o un movimento immobile, innervato su una diffusa e articolata struttura di ‘quadri’. Un residuo corposo di umanità dotato di esperienze strutturate. Sindacalisti, amministratori, organizzatori societari, cooperatori, quadri di partito con alle spalle una storia databile, nei più giovani, almeno al ciclo del Pds-Ds, se non, come nei più anziani, a quello del Pci dei ’70. Una massa di intelligenza politica cristallizzata che ambirebbe a ricongiungersi con un suo popolo e a riconoscersi in una leadership coerente ed espressiva, cioè in un gruppo dirigente. Un aggregato tenuto insieme da una comunanza di cultura politica e da un afflato empatico, e persino compassionevole. Se si tien conto che Bersani è amato soprattutto per la buona fede che ne ha vittimizzato gli errori. Come accadeva nel transfert che in un’epoca grama di successi univa i tifosi interisti alle grottesche sfortune morattiane.
La più gran parte di questi ‘ex-quadri’, a vari livelli, è uscita motu proprio dal Pd non tollerandone la deriva politica, le parodie personalistiche, l’assenza totale di discussione, il plebiscitarismo, l’ignoranza e il primitivismo lessicale. Neanche per un bisogno di ‘partecipazione’, bensì di ‘restaurazione’: di forme politiche di mediazione, linguistiche e organizzative. Gravemente violate o andate colpevolmente in disuso. Dunque anche di rispetto di sè. E’ stato questo l’impulso che ne ha mosso la mobilitazione in occasione della campagna referendaria. Buscar el levante por el poniente.
Trattasi, in ultima analisi, di una umanità colta e paziente, auto-ironica il giusto, posata, argomentante e per nulla scalmanata. Disposta a capire, ma assolutamente consapevole che mai come nell’attuale frangente la distanza fra i ‘quadri’ e la ‘dirigenza’ (peraltro operante come ‘residuo’ e tutt’altro che legittimata) è minima e ragionevolmente intercambiabile. Come è naturale in un quasi partito di quadri. Che, anche per forza maggiore, non ha una intendenza adusa a far da salmeria. Dunque, compagni, amici, signore e signori quand’è che si concederà al camelloporco la possibilità di deliberare ?