I radical-Tesla, finti buoni di sinistra

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Antonio Padellaro
Fonte: Il Fatto Quotidiano

I radical-Tesla, finti buoni di sinistra

In una cena a casa dell’ex moglie di un banchiere i 50 ospiti, tra cui Woody Allen, erano impegnati a dibattere sul tema: quale il momento giusto e il Paese più adatto per scappare dall’america trumpiana? Meglio il Chiantishire della Toscana o l’Algarve portoghese? Dagospia

Giornalista di buone letture, Ginevra Leganza, cui si deve lo scoop sulla Tesla rinnegata dai coniugi Fratoianni poiché costruita dal “nazista” Elon Musk, cita sul “Foglio” quali possibili riferimenti letterari della sapida vicenda Moliere, Yasmina Reza e, naturalmente, Tom Wolfe. Se poi volessimo allargare l’orizzonte a personaggi di fama universale classificabili come radical-chic (d’ora in poi radical-Tesla) ci viene in soccorso una lista di “Repubblica” che, qualche anno fa, oltre agli inevitabili Jane Fonda, Che Guevara e Inge Feltrinelli, nominava San Francesco come antesignano dello stile di vita oggi rinfacciato a Fratoianni e Piccolotti. “Era figlio di un ricco mercante di stoffe. A vent’anni, dopo una giovinezza debosciata, decise di cambiar vita, rinunciando alla ricchezza per vivere in povertà, cantare le meraviglie del creato e fare il buonista con tutti, perfino con un lupo. Il suo look minimal – saio, sandalo di cuoio su piede scalzo, barba incolta – resiste da mille anni e caratterizza, ancora oggi, cantautori, navigatori e scrittori di successo”. La figura benedicente del Patrono d’Italia ci consente di andare finalmente controcorrente al fine di confutare l’ingiusta persecuzione orchestrata dal becerume della solita destra mossa da sordida invidia contro le élite benestanti della sinistra. Come se non si potesse pasteggiare a caviale e Amarone della tenuta Frambellotti (Stefano Disegni) e nello stesso tempo battersi contro la fame nel mondo. Oppure, esibire al braccio un Rolex Daytona e pretendere una redistribuzione più equa delle ricchezze. Ma soprattutto, e ci mancherebbe altro, spendere 49 mila euro per un’auto elettrica come sostegno alla politica green contro il cambiamento climatico. Nel promuovere la “damnatio” reputazionale dei radical-Tesla li si dipinge come dei sinistrorsi affezionati a un elevato tenore di vita. Dei progressisti interessati al proprio progresso personale. Dei finti buoni dispensatori di superiorità culturale e morale. Il bello è che in fondo loro si sentono proprio come vengono (mal) descritti. In pubblico non lo ammetteranno mai ma considerano la loro apparente doppiezza come un pregio, una risorsa, una marcia in più (col cambio automatico, naturalmente). Del resto, il “parliamo di cose serie” della Piccolotti alle domande della Leganza non sembra tale e quale il monito “never complain, never explain” (non spiegare, non ti lamentare) rivolto da Elisabetta II alla famiglia reale? Restano un paio di quesiti. Uno, se il presunto nazismo di Musk agisca con effetto retroattivo visto che l’acquisto della Tesla da parte dei coniugi Fratoianni avvenne quando il genio era nella fase liberal e finanziava i Democratici? Ma poi di questo feticismo del marchio che colpa ne avrebbe la classe operaia alla catena di montaggio? Sarebbe come liberarsi di un frigo della General Electric in quanto pacifisti.

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