Il nemico-gufo

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti,

di Alfredo Morganti – 25 gennaio 2016

Oggi Tzvetan Todorov su ‘Repubblica’ racconta l’uso che si fa della categoria del nemico anche in politica interna. Nella sua Bulgaria ‘comunista’, “la nozione di ‘nemico’ (vrag) era una delle più indispensabili e utilizzate […] Se le cose non andavano bene come promesso, la colpa era dei nemici”. Ce n’era uno ‘lontano’ (l’imperialismo americano) ma ce n’era anche uno più vicino, interno, ed era nelle istituzioni, nella scuola, nell’azienda, nelle varie organizzazioni. Essere classificato come nemico conduceva a un destino tragico, con la perdita dei diritti, la prigione o più spesso un campo di rieducazione. Anche oggi, nei paesi democratici la nozione è usata spesso, dice Todorov: “Il nemico è invocato nel discorso del populismo demagogico, che ama additare alla riprovazione popolare un personaggio colpevole di tutti i mali che ci affliggono”. Potrebbero essere i musulmani, o gli immigrati, producendo un effetto di paura utile a governare. Oppure i magistrati, i sindacalisti, gli impiegati pubblici…

Il ‘nemico’ del popolo, insomma, è quello che viene additato come colui che si opporrebbe al bene di tutti, che procurerebbe direttamente il male oppure auspicherebbe il peggio e, così facendo, metterebbe a repentaglio la riuscita dei grandi progetti, delle grandi promesse, dei grandi annunci. Bum! Colpevole, dunque, nel caso queste promesse non si dovessero realizzare, e i cittadini restassero senza il bene promesso dal capo del governo, o da chi detiene il potere in generale. Se pensate che la politica vive oggi di promesse e di annunci stampati su tweet e slides, se pensate che le magnifiche sorti e progressive sono quotidianamente ‘narrate’ dai mentori del Palazzo sotto forma di indici in salita, ottimistiche previsioni di crescita e bonus economici ormai dietro l’angolo, be’, se pensate a tutto questo, come non immaginare che se saltassero tutti questi annunci, prima o poi un nemico, un colpevole, un uccello del malaugurio dovrebbe di certo sbucare fuori e fare da capro espiatorio?

Pensate ancora. Da quando il premier ha preso a imperversare sullo stivale, c’è una categoria di ‘nemici’ che è stata addirittura evocata in ‘modo preventivo’ pur di non trovarsene sprovvisti al momento opportuno. Sono i nemici-gufi che compaiono nei discorsi del premier o nelle slides, accanto alla ‘narrazione’ e agli annunci dell’esecutivo. Sono evocati come uccelli del malaugurio, come quelli che vorrebbero il male del Paese pur di avere qualche profitto politico. Sono i traditori, coloro che penserebbero ai propri affari personali mentre l’Italia va a rotoli. Sono quelli che scommetterebbero contro il proprio Paese, come ne ‘La Grande Scommessa’ di Adam McKay. Per cui diventano subito il bersaglio, i nemici del popolo, gli ingannatori, gli spergiuri, gli affamatori. Un po’ come nella Bulgaria comunista, o nelle democrazia malate di populismo e di demagogia. Ma è grazie a questi gufi che il conformismo italiano non diventa una micidiale patologia, e i premier non possono raccontare frottole senza essere beccati pubblicamente. C’è una forza critica, ancora, in questo Paese. E il nemico gufo la incarna perfettamente. Hai voglia a ingiuriarlo, hai voglia a farne il traditore. Pensassero a governare invece, non a scaricare preventivamente sugli altri i propri insuccessi. Sono gli ‘amici’ del popolo, non i supposti nemici, quelli da cui guardarsi.

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