Fonte: Corriere della Sera
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«Il reflusso gastroesofageo peggiora in primavera»: cosa mangiare e cosa no per evitare bruciori di stomaco (e altro)
di CHIARA AMATI
La primavera può portare con sé un aumento di disturbi legati alla cattiva digestione come, ad esempio, il reflusso gastroesofageo. I motivi? Diversi. Come comportarsi a tavola per stare meglio lo abbiamo chiesto alla dietista e nutrizionista Annamaria Acquaviva che avverte: «Questo fastidio non è “normale” solo perché è comune. Va riconosciuto e curato»
Se accusate reflusso gastroesofageo sappiate che siete in ottima compagnia perché di questo fastidio, da non sottovalutare, soffre un numero crescente di persone. Si tratta di una condizione tanto diffusa, quanto trascurata, che può avere un impatto significativo sulla qualità della vita. Il reflusso, infatti, può incidere negativamente sul sonno disturbandolo; sull’energia, riducendola; sull’equilibrio emotivo compromettendolo. Stando all’analisi dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), sono circa 11 milioni e 800mila gli italiani che ricorrono ai farmaci per prevenire e/o curare malattie da reflusso gastroesofageo (MRGE). La scienza e l’esperienza clinica spiegano quanto sia fondamentale un approccio integrato e personalizzato che metta in connessione la dieta con il comportamento alimentare, con lo stile di vita, il movimento, la gestione dello stress e perfino la postura. Ne abbiamo parlato con Annamaria Acquaviva, dietista, nutrizionista e farmacista, ideatrice de Health Revolution. I 5 pilastri della salute. Benessere e longevità secondo il Metodo Acquaviva. Ecco che cosa è emerso.
Dottoressa, è vero che in primavera il reflusso gastroesofageo tende ad acutizzarsi?
«Sì, in primavera si osserva un aumento dei casi di reflusso gastroesofageo. Oltre al clima, cosa di non poco conto, cambia anche l’equilibrio interno dell’organismo. I motivi sono di diversa natura. Le allergie stagionali, tipiche di questo periodo, infiammano le vie respiratorie superiori e aumentano la sensibilità delle mucose, comprese quelle dell’esofago. L’introduzione di alimenti più acidi, come agrumi, pomodori o fragole, può riattivare i sintomi nei soggetti predisposti. Le variazioni del ritmo circadiano, legate al cambiamento delle ore di luce e della temperatura, influenzano il nostro orologio biologico, alterando la digestione, la motilità gastrica e la secrezione di acido cloridrico. La maggiore esposizione alla luce solare, in particolare, stimola la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress. Se da un lato ci rende più attivi, dall’altro può rallentare lo svuotamento gastrico, aumentare la secrezione acida e ridurre le difese della mucosa gastrica. In alcuni soggetti, favorisce anche ansia e alterazioni del comportamento alimentare, che possono peggiorare il quadro. Da ultimo, l’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), spesso assunti in primavera per gestire allergie o dolori muscolari, può danneggiare la mucosa gastrica, favorendo gastriti e reflusso».
Facciamo un passo indietro: che cos’è esattamente il reflusso?
«Per dare un’idea, è quella fastidiosa sensazione di bruciore che abbiamo provato tutti almeno una vota nella vita, ad esempio dopo un pasto abbondante o un caffè a stomaco vuoto. Quando questo sintomo diventa frequente, parliamo di reflusso gastroesofageo, una condizione in cui i succhi gastrici risalgono nell’esofago, irritandone le pareti».
Quali sono i sintomi?
«I più comuni si traducono in bruciore di stomaco (pirosi), che spesso peggiora dopo i pasti o quando ci si sdraia. E poi rigurgito acido, con sensazione di liquido amaro o, appunto, acido che risale fino alla gola. Difficoltà a deglutire o disfagia. A questi si aggiungono sintomi meno noti, definiti atipici, che possono far pensare a tutt’altro».
Cioè?
«Tosse cronica, non legata a infezioni. Raucedine e voce roca, dovute all’irritazione delle corde vocali. Sensazione di nodo in gola e difficoltà a deglutire. Dolore toracico non cardiaco, che può simulare un infarto. Alla luce di tutto ciò, è chiaro che il reflusso non si presenta sempre con un bruciore evidente: a volte si maschera dietro a sintomi insospettabili. Riconoscerlo è il primo passo per affrontarlo davvero».
Quali sono le cause scatenanti?
«Il reflusso gastroesofageo è il risultato di un insieme di fattori legati all’alimentazione, allo stile di vita e alla struttura del sistema digestivo. La causa principale è il malfunzionamento di una “valvola naturale”: lo sfintere esofageo inferiore, il cardias. Si tratta di un anello muscolare che si trova alla base dell’esofago (il tubo che collega la bocca allo stomaco) e che normalmente si apre per far passare il cibo e si richiude per impedire la risalita dei succhi gastrici. Quando questa valvola si apre nel momento sbagliato o non si chiude bene, l’acido contenuto nello stomaco può risalire verso l’esofago e provocare irritazione».
Esistono fattori che possono favorire il disturbo?
«Assolutamente sì. Ad esempio sovrappeso e obesità aumentano la pressione nella zona dell’addome. Poi c’è l’ernia iatale che si verifica quando una piccola porzione dello stomaco sale verso l’alto, passando attraverso un’apertura del diaframma, il muscolo che separa torace e addome. Questa risalita altera la normale chiusura del cardias, facilitando la risalita dei succhi gastrici e quindi il reflusso. Deleteri sono il fumo e l’alcol che indeboliscono il tono muscolare dello sfintere. Anche la dieta, se sbilanciata con pasti abbondanti, magari ricchi di grassi o fritti, cioccolato, menta o spezie piccanti, può favorire il disturbo. Un ruolo determinate lo giocano stress e ansia, che alterano la motilità gastrica. Così come alcuni farmaci: gli antinfiammatori, i sedativi, gli antidepressivi, i medicinali per asma o pressione. Capitolo a parte lo merita la gravidanza per l’aumento ormonale e pressorio sull’addome. Ecco, in presenza di uno o più di questi fattori, il reflusso può comparire con maggiore facilità. Se non si interviene con le opportune modifiche nello stile di vita e nella dieta, il rischio è che cronicizzi».
Quali sono gli alimenti da evitare per chi soffre di reflusso?
«Intanto mi preme specificare che esistono cibi in grado di aumentare la secrezione di acido gastrico o rilassare il cardias, la valvola tra stomaco ed esofago, favorendo il reflusso. Si tratta principalmente di cibi grassi o fritti. E poi cipolla, aglio crudo, spezie piccanti; cioccolato che contiene metilxantine rilassanti per il cardias; menta, spesso sottovalutata, ma con effetto simile al cioccolato; bevande gassate che aumentano la pressione gastrica; alcol, caffè e tè nero che aumentano l’acidità. Infine alimenti acidi come pomodori e agrumi più in generale».
Alimenti, invece, che possono dare sollievo?
«Sono quelli con proprietà lenitive, protettive o alcalinizzanti, che riducono l’irritazione e contribuiscono a mantenere il corretto equilibrio digestivo. Vale a dire banane, mele dolci, pere, frutti a basso contenuto acido. E poi avena, riso integrale, patate, ricchi di fibre e facilmente digeribili. Verdure come zucchine, finocchi, lattuga, carote cotte: poco acide e antinfiammatorie. Zenzero fresco, utile contro la nausea e promotore della motilità gastrica. Olio extravergine di oliva, protettore della mucosa gastrica. Una dieta prevalentemente vegetale, concordata con il medico specialista, semplice e ben distribuita nella giornata, resta un’ottima base per alleviare i sintomi».
Qual è il ruolo delle bevande nel reflusso gastroesofageo?
«Alcune possono irritare la mucosa gastrica, aumentare la pressione nello stomaco o ridurre il tono dello sfintere esofageo. Come accennato sopra, stiamo parlando per lo più di caffè (anche decaffeinato) e tè nero: entrambi stimolano la secrezione acida. E poi alcolici in generale: rilassano il cardias e irritano la mucosa. Le bibite gassate e zuccherate: aumentano la pressione intragastrica, favorendo il rigurgito. I succhi di frutta acidi all’arancia, all’ananas e al pompelmo: meglio limitarne il consumo».
Alternative a queste bevande?
«L’acqua naturale, a temperatura ambiente. E poi tisane non acide come, ad esempio, la camomilla, la malva, la melissa».
Tornando agli alimenti, come sostituire nella dieta pomodori e agrumi?
«Pomodori, agrumi e alcuni frutti di bosco, pur essendo ricchi di antiossidanti e vitamina C, hanno un alto contenuto di acidi organici, come il citrico, che, in soggetti predisposti, possono irritare la mucosa esofagea e peggiorare il reflusso. Le alternative valide possono essere peperoni rossi o gialli cotti, meglio senza pelle, zucca e carote. Al posto degli agrumi: mele dolci, pere mature, melone o albicocche cotte. In merito alle salse, cerchiamo di preferire quelle a base di verdure dolci cotte. Potrebbero essere vellutate di zucchine o finocchi o zucca».
Quanto è importante il modo in cui si consuma un pasto?
«Tanto quanto la qualità del cibo. Anche un pasto sano, consumato nel modo sbagliato, può favorire il reflusso. Sarebbe opportuno, quindi, fare proprie alcune pratiche: mangiare lentamente, masticando bene ogni boccone. La digestione inizia in bocca. Una masticazione prolungata, per dare un’idea in media 20 volte per boccone, favorisce il senso di sazietà e impedisce di inghiottire aria che renderebbe più difficoltosa la digestione. Utile, poi, evitare pasti abbondanti o troppo ricchi alla sera. Anche sdraiarsi subito dopo aver mangiato non è buona cosa: bisognerebbe attendere almeno 2-3 ore. Attenzione, infine, ai pasti veloci: consumati sotto stress o in piedi, alterano la digestione e favoriscono l’iperacidità».
Esistono strategie posturali o abitudini da adottare dopo i pasti per ridurre il rischio di reflusso?
«Sì, la postura è un elemento spesso trascurato, ma molto efficace nella gestione del reflusso. Dopo i pasti, sarebbe meglio restare seduti o fare una breve camminata: che sia leggera, senza pretese. Poi bisognerebbe evitare di coricarsi per almeno due ore. Durante il sonno, è utile dormire con la testa del letto rialzata di 10-15 cm e preferire il lato sinistro: favorisce una migliore posizione dello stomaco rispetto all’esofago».
Altri accorgimenti oltre alla dieta?
«Sapere gestire lo stress: come accennato, il cortisolo può alterare la digestione e aumentare l’acidità gastrica. Poi raccomandata è un’attività fisica regolare, proporzionata alle proprie esigenze, ma mai subito dopo i pasti. Un’altra accortezza è quella di evitare abiti troppo stretti: aumentano la pressione sullo stomaco che tende a riversare il contenuto verso l’alto, favorendo il reflusso. Infine, bene riposare in maniera adeguata così da favorire la regolazione ormonale e la funzionalità digestiva».
Il reflusso può sparire con un’alimentazione corretta o è sempre necessario un supporto medico?
«In molti casi, una dieta corretta e uno stile di vita equilibrato possono ridurre o risolvere completamente i sintomi. Tuttavia, quando il reflusso è frequente o persistente (più di due volte a settimana), è importante consultare un medico: potrebbe trattarsi di Malattia da Reflusso Gastroesofageo (MRGE). Il trattamento può includere: terapie farmacologiche mirate; esami diagnostici; in casi rari anche un intervento chirurgico. Questo per dire che la dieta è fondamentale, ma da sola non sempre basta: il reflusso va interpretato, ascoltato e, se necessario, trattato in modo integrato. Il reflusso non è solo un disturbo dello stomaco: è un segnale del corpo che ci invita a rivedere il nostro equilibrio. Riconoscerlo, ascoltarlo e intervenire su più fronti — alimentazione, stress, ritmo circadiano, stile di vita — significa agire non solo sui sintomi, ma sulle cause profonde. Prendersi cura della propria digestione significa prendersi cura di sé».
Il reflusso è altrimenti detto «malattia del terzo millennio». Perché?
«Lo stile di vita moderno ha creato la tempesta perfetta per la sua diffusione: alimentazione scorretta, sedentarietà e stress cronico sono tutti fattori che ne favoriscono l’insorgenza. Alcuni aspetti che contribuiscono a rendere il reflusso la patologia del terzo millennio sono l’aumento del consumo di cibi processati e fast food; l’uso eccessivo di bevande eccitanti come caffè, tè e alcol più in generale; il lavoro sedentario che riduce la mobilità gastrointestinale; lo stress cronico che incide sulla produzione di acido gastrico e sulla motilità digestiva».
Da un disturbo estemporaneo a malattia certificata: quando è uno e quando, invece, scade nell’altra?
«Il reflusso, se trascurato, può trasformarsi in qualcosa di molto più serio. Non è raro che chi ne soffre abitualmente lo gestisca con rimedi improvvisati, magari abusando di farmaci da banco, per cui non è prevista prescrizione, o normalizzando sintomi che, invece, rappresentano un campanello d’allarme. La differenza tra disturbo occasionale e malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) sta nella frequenza, nell’intensità e nella persistenza dei sintomi. Se il bruciore si presenta raramente, dopo pasti abbondanti o in situazioni di stress, può rientrare nella fisiologia. Se, d’altra parte, i sintomi compaiono più di due volte a settimana o se persistono nonostante le modifiche allo stile di vita, si è in presenza di una vera e propria patologia. Ed è qui che il reflusso smette di essere un sintomo isolato e diventa una condizione cronica, che può portare a infiammazioni (esofagite), lesioni, stenosi o all’esofago di Barrett, una forma di alterazione delle cellule che comporta un rischio aumentato di evoluzione tumorale. Attenzione: il reflusso non è “normale” solo perché è comune. Quando diventa parte della routine, è tempo di cambiare rotta, sempre dietro consulto medico».