Fonte: micromega
Url fonte: http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-lezione-del-qe-che-non-sara-ascoltata/
Il quantitative easing (QE), ossia l’acquisto straordinario di titoli di Stato e obbligazioni societarie da parte della Bce, sta per finire. Che bilancio se ne può fare?
Dei suoi effetti sull’economia si è già molto discusso, e se ne può fare un breve ricapitolo. Poco si è parlato, invece – almeno fuori dalle accademie – di un’altra conseguenza, di importanza anche maggiore, perché da essa dovrebbe derivare un rovesciamento delle politiche economiche europee. Che non sta avvenendo e non avverrà, cosa per cui ci sono motivi che si possono individuare.
Un aspetto negativo è stato invece l’ampliamento degli sbilanci sul sistema dei pagamenti Target 2, come ha detto lo stesso Draghi e ha poi ripetuto il vice presidente Vitor Constancio. Cosa provocata soprattutto dal fatto che gli acquisti di titoli dall’esterno dell’eurozona sono stati regolati attraverso la Bundesbank, che poi li cedeva alle varie Banche centrali nazionali, accumulando attivo sul saldo tedesco mentre per gli altri aumentava il passivo. È cosa che teoricamente può avere effetti pratici solo in caso di uscita dall’euro, ma segnala anche uno squilibrio che però, per questa parte, non dipende da andamenti economici ma da un fattore puramente tecnico. E però offre l’occasione ad alcuni economisti e opinionisti di diffondere idee allarmistiche, o addirittura, nei casi più estremi, di chiedere di “saldare il conto”.
C’è chi fa osservare che l’ossessione europea è stata attenuata con l’introduzione dell’”output gap”, ossia la differenza tra il Pil effettivo e il Pil potenziale. Il concetto sarebbe che se cresci meno di quanto dovresti (ossia meno del Pil potenziale) ti concedo più spazio per la politica fiscale. Ma, a parte il modo di calcolare questo potenziale, largamente arbitrario e che a volte ha dato luogo a palesi assurdità, si tratta di spazi omeopatici, del tutto insufficienti ad ottenere risultati quando la crisi è pesante.
Ora il QE volge al termine, proprio mentre la debole crescita europea mostra segni di rallentamento. Ha tamponato i problemi, ma non li ha risolti. Sarà servito almeno a mettere in discussione le linee politiche seguite finora? Si può scommettere di no. Quelle politiche non hanno come obiettivo quello di far star bene il maggior numero possibile di persone, ma di realizzare una società competitiva dove alcuni prosperano, e gli altri peggio per loro: al massimo verranno tenuti buoni con qualche sussidio che li faccia sopravvivere, e dovranno pure ringraziare. È l’“economia sociale di mercato”, bellezza!