di Alfredo Morganti – 14 febbraio 2018
Gran parte delle fortune elettorali, le principali forze politiche se le giocano sulla riduzione e/o cancellazione delle tasse. Fanno a chi la spara più grossa. Rivendicano il merito di eliminare imposte, di tagliare spesa, e quindi di sottrarre, conseguentemente, risorse ai servizi pubblici. Le proposte si riducono a numeri, a percentuali, a gradienti, a tabelle, a sporche cifre, e da queste pretendono che l’Italia più sofferente e disagiata li capisca e conceda il loro voto. Parlo di chi vorrebbe una sanità pubblica funzionante, più asili nido, un welfare universalistico, un trasporto pubblico più efficiente, una tutela e una protezione sociale all’altezza di una società invecchiata e impoverita. E che mal interpreta, non apprezza questo sottrarre risorse al fisco spingendole verso i ‘carnet’ privati. Nessuno dice ‘più equità’, tutto dicono soltanto ‘meno’ risorse a vantaggio del bilancio dello Stato.
Ma una politica per sottrazione pubblica e rimpinguamento privato non è una cosa di sinistra, diciamolo. E nemmeno una cosa all’altezza dello stato presente, e degli atroci abissi di diseguaglianza che si spalancano spudoratamente. Il balletto sulle cifre si accompagna alle repliche dell’opinione pubblica e della stampa, che fanno le pulci alle avventate e spesso indecenti proposte che salgono soprattutto dai pulpiti della destra e del PD. È fuori dal coro, invece, la proposta di Grasso e di LeU di cancellare le tasse universitarie, per quanto l’informazione tenda a omologarla alla canea dei ‘tagli’. Qui non si tratta di sottrarre imposte e ridurre servizi, ma l’esatto opposto, ossia abbassare la soglia di accesso all’Università, per affidarne i costi alla fiscalità generale, progressiva, facendo in modo che sia la società nel suo complesso a farsi carico dell’istruzione pubblica non le famiglie operaie, di impiegati, di maestre, o più disagiate. Non un taglio delle tasse, ma un rilancio della progressività. Non una riduzione dei servizi, ma la loro apertura e il loro sviluppo. Non una università per pochi, ma per molti. For the many, not the few, appunto.