La Rosa e L’Usignolo

per mafalda conti

La Rosa e L’Usignolo: dodici quartine di Omar Khâyyam

Ho sempre letto mistici, ma la mistica non fa per me. Così, quando un autore è disputato tra i mistici e i non mistici, propendo per il campo di questi ultimi. Tra una pienezza in cui l’io si annulla e un vuoto in cui l’io si annulla, il risultato è sempre l’annullamento del soggetto. Un’anticipazione della morte. Filothanathos, va’ per la tua strada. Sia felice chi in ciò vede la sua felicità. La mia è nel vento sul volto, nel raggio di sole, nel bagliore delle scaglie di un pesce. E nella coppa di Omar Khâyyam io vedo materiale, autentico vino.

8
È venuta di nuovo la nube e ha pianto sull’erba verde:
No, vivere non si può senza il vino rosato!
Spettacolo dolce è agli occhi nostri oggi quest’erba,
Ma l’erba delle tombe nostre sarà spettacolo… a chi?

18
Questi giorni pochi di vita che toccano a noi, son passati,
Passati com’acqua in torrente, passati qual vento sul piano;
Ed io mai mi rammento di due giorni soli il dolore:
Il giorno ancor non venuto, il giorno che lungi è passato.

20
Prima di me e di te notti e giorni molti son stati,
I giri grandi del cielo per qualche cosa son stati;
Dovunque poggi il piede, tu, sulla terra,
Quei grani di polvere pupille di belle fanciulle son stati.

25
Quando l’ebbro Usignolo trovò la via del Giardino
E ridente trovò il volto della Rosa e la coppa del Vino,
Venne e in misterioso bisbiglio mi disse all’orecchio:
“Considera bene: la vita trascorsa mai più, mai più non si trova”.

31
Il Creatore, allorquando plasmò adorne forme e nature,
Per qual ragione mai le gettò sotto imperio di morte?
Se ben riuscita era l’Opra, perché mandarla in frantumi?
E se mal riuscita era, di chi, dunque, la colpa?

50
Ogni granello di terra nascosto in seno alla Terra
Prima di me, prima di te, fu forse Corona e Gioiello.
Da volto gentile dunque la polvere tergi più dolce,
Ché quella polvere, un tempo, fu forse volto gentile.

51
Ogni erba che cresce gioiosa in riva al ruscello,
Diresti, è peluria spuntata da angeliche labbra.
Attento, il piede non porre sovra quell’erba a disprezzo:
È nata quell’erba da tombe di belle dal volto di fiore.

58
Un uomo è portato nel mondo, un altro strappato alla terra,
Ma a niuno è concesso svelare l’arcano supremo:
E questo solo c’è dato saper del Destino
Che la vita nostra è una Coppa, e Qualcuno la beve.

81
Fin quando sprecherai tu la vita adorando te stesso?
E ad affannarti a correr dietro all’Essere e al Nulla?
Bevi vino, ché una Vita che ha in fondo solo la Morte
Meglio è che passi nel sonno, meglio è che passi in ebbrezza.

83
Calma la brama del mondo e vivi contento di poco,
Taglia i legami tutti col Bene e col Male del tempo:
In mano prendi una coppa e la treccia d’Amica gentile,
Ché passa, passa e non resta, questa tua vita d’un giorno.

98
Se tutto quello che ha l’Uomo è un tozzo di pane, due giorni,
E d’acqua fredda un sorso un istante da un’anfora rotta,
Perché bisogna esser servo di chi è da meno di noi?
Perché bisogna esser schiavo di chi, come noi, è mortale?

103
O cuore, fa’ conto d’avere tutte le cose del mondo,
Fa’ conto che tutto ti sia giardino delizioso di verde,
E tu su quell’erba fa’ conto d’esser rugiada
Gocciata colà nella notte, e al sorger dell’alba svanita.

Trad. Alessandro Bausani, Einaudi 1956

dFabio Brotto

 

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