Fonte: La stampa
Se fosse Donald Trump, la presidente della Commissione potrebbe firmare in favore di telecamere un ordine esecutivo, e amen. Poiché non lo è, il suo progetto dovrà strisciare tra veti e controveti dei governi e delle famiglie politiche. In nome del pacifismo si opporrà una parte delle sinistre. In nome del sovranismo e dell’appeasement con la Russia diranno no le destre estreme che negano l’esistenza di un pericolo alle porte perché, come ha detto Viktor Orban, la loro prospettiva è la piena integrazione di Mosca nel blocco occidentale.
L’Italia sulle armi ha scelto la parte di Ursula e dell’Europa, ed era naturale perché l’idea di liberare quel tipo di investimenti dalle catene contabili è da sempre una rivendicazione delle destre. Ma si registrano segnali di allineamento anche su due temi più scomodi, dove le posizioni del governo erano meno scontate. I nuovi dazi Usa, innanzitutto, con la telefonata di Giorgia Meloni a von der Leyen a conferma della ricerca di una linea comune. E poi l’Ucraina, con il messaggio della premier dopo lo sgradevole attacco russo al Quirinale che associa la solidarietà a Sergio Mattarella alla condanna, ribadita, dell’aggressione a Kiev.
Tutto fa pensare che l’euforia filo-trumpiana dei giorni dell’insediamento stia scemando, mentre si deteriora ogni precedente valutazione, speranza e forse autoinganno sulle intenzioni del Presidente Usa e sulla possibilità di esserne interlocutori privilegiati.
C’è un quadro nuovo. Bisogna prenderne atto. L’offesa di Mosca al nostro presidente della Repubblica e le sconnesse frustate di JD Vance alle democrazie europee prefigurano due minacce molto precise. Una Russia che mette l’Italia tra i suoi nemici diretti imputandole un eccesso di vicinanza a Volodymyr Zelensky.
Un’America che non fa più differenze tra Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia, eccetera: tutte parti di un sistema europeo disprezzato, in ritirata dai “valori fondanti” una volta condivisi con l’America, covo di wokismo che censura la “cosiddetta” disinformazione, arresta militanti antiabortisti, condanna le campagne anti-Islam, calpesta la volontà dei popoli.
La destra di ieri, la destra di lotta e opposizione, probabilmente avrebbe ignorato gli attacchi al Quirinale e condiviso l’intemerata del vice-presidente Usa, e infatti nelle fila di FdI qualcuno non resiste alla tentazione di dare ragione a Vance. Ma la destra di oggi governa un Paese che si tiene a galla grazie a investimenti, sostegno, benevolenza europea e per di più ha fatto per tre anni della causa ucraina la “sua” causa.
Per consolidare questa posizione ha faticato tantissimo. È andata allo scontro frontale con le simpatie putiniane dei suoi alleati – non solo la Lega, all’inizio c’era pure Silvio Berlusconi che mandava Lambrusco al Cremlino – e del suo stesso mondo. Ha progettato e realizzato una lenta marcia di avvicinamento a von der Leyen, ne ha incassato i dividendi con una vice-presidenza, spera in un imminente avallo all’operazione Albania, madre di tutte le battaglie contro l’immigrazione. Cosa dovrebbe dire adesso? Contrordine, amici? Putin ha il diritto di prendersi quel che vuole, l’Europa è una fogna, Vance fa bene a schernirla, Trump ha ragione nel tenerla fuori dai giochi? Non è il momento, non si può, sarebbe – oltretutto – roba da banderuole.