LA SCUOLA ALLA MATURITA’
Gli esami di maturità sono iniziati per tanti studenti, l’attesa da cardiopalmo è finita. Gli ultimi giorni hanno visto il moltiplicarsi di suggerimenti e consigli per i maturandi, apparsi ripetutamente sulla rete, i social e i principali quotidiani. Vorrei sbagliarmi, ma l’impressione che ne ho è di studenti fragili, ansiosi e finanche insicuri. Uno spirito burlone ieri ha fatto circolare una sintesi scherzosa del clima di tensione pre esame, che riproduco brevemente. “Cosa mangiare a colazione, pranzo e cena (leggera!). Su quale fianco addormentarsi per ridurre l’ansia. Quali scongiuri preferire, quali preghiere da ripetere nei momenti di pausa. Quali integratori assumere. Quali materie ripassare, cominciando da quelle trascurate. Come indovinare le domande in anticipo. Come dominare i complessi di colpa accumulati negli anni. Come vestirsi all’esame, ricordando che l’abito fa il monaco e aiuta a distrarre la Commissione. Non tralasciare prove di voce e di sorriso davanti a familiari”.
È verosimile supporre che una parte dei maturandi si senta insicura, inadeguata? Non so rispondere, ci vorrebbe un confessionale collettivo o una inchiesta a tappeto. E allora sposterei l’attenzione sulla Scuola, se essa passa nel complesso la prova di maturità. E qui abbiamo eccellenze scolastiche, insieme a Istituti che marciano più a rilento, precariato docente con titolari di cattedra prossimi al pensionamento. Ho avuto recentemente contatto con uno studente prossimo alla maturità, e devo dire che ne ho sentite delle belle riguardo la capacità didattica di alcuni suoi docenti. Confessioni fatte in camera caritatis, e prendendo per veridiche la metà delle affermazioni, mi rivelavano uno stato pietoso delle capacità didattiche elementari. Spiegazioni frettolose o a dir poco fulminee, senza possibilità di chiarimenti o domande, o semplici rallentamenti. Mi viene alla mente una esperienza di quando ero all’Università in una facoltà scientifica, laddove docenti con una lista di pubblicazioni accettate da prestigiose riviste e in procinto di andare in cattedra, non sapevano spiegare, davano quasi tutto per scontato e riempivano la lavagna di formule. Le conoscenze profonde non fanno da sole il docente, anzi. La didattica è tutt’altra cosa, la lezione va preparata e ripassata!
Ora, nessuno può dare quello che non ha. Come docente devo condividere condotte e qualità con i miei alunni, e quindi devo possederle e praticarle in primis. Il pensiero attento e preciso sarà la prima conquista, poi verrà l’azione ponderata che mi familarizzi con gli impulsi volitivi per non eseguire azioni che spesso sono reazioni, o desideri di cui ho una vaga idea su come portarli a termine. Altre conquiste saranno il sentire con coscienza, il saper riconoscere i sentimenti, per raggiungere un equilibrio e moderare gli eccessi.
Si apprenderà a sentire e pensare insieme, e si risalterà sempre prima il positivo, e poi eventualmente gli aspetti negativi. Bisogna porsi nei panni dello studente, cosa difficile ma auspicabile. Seguire il suo discorso e accompagnarlo in un certo senso nel suo mondo, quasi facendo eco alle sue parole. Concentrare l’attenzione sull’aspetto più importante e allargare il discorso, rimanendo vicino al tema principale. Fare una sintesi dell’argomento, così come lo studente lo ha sviluppato, e rilevarne gli aspetti salienti e quelli da correggere.
Un’altra virtù da sviluppare, alunni ed educatori tutti, sarà quella di essere sempre aperti al nuovo, a una nuova esperienza, a un fatto insperato da ricevere con meraviglia ed entusiasmo. Questi ideali richiedono quindi una calda partecipazione del cuore, una volontà decisa ed un pensare chiaro. Ne va della stessa possibilità di trasformare l’ideale in realtà. La lezione può trasformarsi in una cordata!
Ora però, presi da un sano capogiro per le altezze raggiunte, vanno segnalati alcuni pericoli inerenti agli ideali per intraprendere la discesa e conquistare un sano equilibrio. Gli ideali in quanto tali ci spostano su di uno spazio che non ha la chiarezza dei sensi, è impreciso e sfumato. Certamente è una benedizione che riceviamo quando possiamo periodicamente sfuggire alla tirannia dei sensi che vogliono presentarci contorni netti e delineati delle cose che ci circondano. L’ideale ci allontana dalla ferrea necessità delle cose reali della classe.
Ma se ci abbandoniamo solo all’ideale, finiamo per guardare il mondo dell’Educazione dal punto di vista aereo di uccelli in volo e perdere contatto equilibrato con la realtà, librando nell’aria al di sopra delle circostanze. Il Bene comune e le virtù ideali che esso predica, proprio perché generali ed indefiniti possono rimanere tali, rifugio e benessere dell’anima, auto compiacimento emozionale ed egoismo raffinato. Ci nutriremmo in aggiunta di orgoglio, presunzione, aria aristocratica, soggettività estrema, fantasia senza freni, fluire e rifluire di sentimenti. E’ facile fare allora allusioni al “Mondo là fuori”, considerarsi eletti tra pochi e fortunati conoscitori della verità.
Accennati i pericoli e riconoscendo in quegli ideali l’impulso iniziale per una ricognizione sincera su una didattica partecipativa, comincia il vero lavoro: quello di ritornare al mondo reale da cui ci eravamo allontanati. Per così dire, torniamo alla vita da svegli. Ora mettiamo nel piatto della bilancia la ponderazione, il peso della realtà dove ci troviamo ad operare. Se prima ci eravamo consegnati a una corrente di accesa rivoluzione, ora entriamo nella corrente conservatrice. Prima eravamo in uno stato di coscienza meno sveglio, sognante. Ora nella ferrea necessità della classe reale siamo fortemente svegli. L’azione degli ideali ringiovanisce all’inizio il nostro volere. La realtà dell’aula presa da sola esercita su di noi una azione che ci indurisce, diviene pensare astratto. A mezza quota è la sfida vera, a noi sta trovare il giusto equilibrio.
FILOTEO NICOLINI
Immagine: Ritratto in un interno, Sandro Conti