La testa di ponte

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 4 novembre 2015

Premetto che sono soltanto illazioni. Non dispongo di alcun genere di informazione diretta ed è in gioco soltanto la mia intuizione. Pur tuttavia, questo lento stillicidio, che somiglia così poco a una plateale scissione (per dire Livorno 1921), mi dà l’idea che siamo di fronte a un processo inedito, a cui guardare con attenzione. Nessuna forma di platealità, dunque. L’immagine è quella della sabbia che filtra pian piano da un pugno malamente chiuso.

A questo penso quando vedo Civati, Cofferati e poi Fassina, Gregori e poi, ancora, D’Attorre, Galli, Folino lasciare il PD per approdare con la ex SEL in un gruppo parlamentare unitario. Non scorgo ancora un piano preciso, né una strategia, ma tante sensibilità e decisioni personali, scadenzate, ‘rateizzate’. Poi penso, però, che tutto possa avere un principio d’ordine, persino il caos volendo. E dunque provo a immaginare che si stia facendo, magari, una cosa molto intelligente. Ossia preparare una testa di ponte, alla quale potranno approdare ‘in sicurezza’, successivamente, altre forze in fuoriuscita. Ciò, secondo un nota tattica militare, che vede il grosso spostarsi solo dopo la predisposizione di un ambito più avanzato.

Perché si può perdere, e sacrificare un commando di esploratori in avanscoperta, ma le truppe debbono essere sempre messe in sicurezza (per quanto sia possibile) contro il rischio concreto di perdere la massa degli uomini e delle risorse, senza le quali non è nemmeno ipotizzabile una vera manovra d’attacco. Se così fosse, aspettiamoci un fase di assestamento, magari sino alle prossime amministrative, durante le quali la ‘Sinistra’ darà concreta prova di esistenza, per poi assistere a uno sbarco in più grande stile verso la nuova testa di ponte, ormai consolidata. La partenza di D’Attore a questo mi fa pensare. E se così fosse io ne sarei lieto, ovviamente. Perché penso che una sinistra di governo, unitaria, non minoritaria, aperta alle culture politiche riformiste, debba tentare di risorgere dall’incipiente progetto neocentrista e tecnocratico oggi in campo, denominato ‘partito della nazione’. Penso che se si resta infagottati nel PD si rischia di perdere identità e prospettiva, nonché alla lunga di morire soffocati. Per queste preoccupazioni e per il desiderio diffuso di impegnare la sinistra in un grande progetto riformatore, sono indotto a pensare questo particolare scenario, mutuato dalle tattiche belliche. E dunque le mie sono soltanto illazioni, ripeto. Ma magari ce cascano.

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