La troika, convitato di pietra

per Gabriella
Autore originale del testo: Andrea Colombo
Fonte: il Manifesto
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da il Manifesto, di Andrea Colombo, 13 agosto 2014

C’è un discorso che cir­cola nei salotti buoni del potere eco­no­mico e finan­zia­rio ita­liano, e che pro­ba­bil­mente costi­tui­sce il vero incon­fes­sato sfondo dei col­lo­qui di que­sti giorni, quello segreto di mar­tedì tra Mat­teo Renzi e Mario Dra­ghi, quello uffi­ciale con Napo­li­tano di ieri, più l’incessante e discreto lavo­rìo diplo­ma­tico e tec­nico tra Roma e Bru­xel­les. Si è affac­ciato aper­ta­mente negli edi­to­riali dome­ni­cali di Euge­nio Scal­fari, noto­ria­mente non lon­tano dagli umori del Colle, ma anche nella spa­rata a freddo dello stesso Renzi con­tro una troika che nes­suno aveva chia­mato in causa, tanto da indurre molti a chie­dersi cosa avesse spinto il pre­mier verso una posi­zione così dura e allo stesso tempo poco com­pren­si­bile a occhio nudo.

Il discorso in que­stione si arti­cola più o meno così: «Tutti i Paesi che, per fron­teg­giare la crisi dei debiti, hanno fatto ricorso al pre­stito euro­peo si sono chi più chi meno risol­le­vati e sono riu­sciti ad aggan­ciare la ripresa. L’Italia, che il pre­stito non lo ha chie­sto, invece no. E’ vero che così ha sal­vato l’orgoglio nazio­nale e che le misure adot­tate, pur se dra­co­niane, lo sono pro­ba­bil­mente state meno che con la troika in casa a det­tar legge. Ma è anche vero che in que­sti tre anni le cose sono cam­biate, il ciclo è tutto diverso e le poli­ti­che impo­ste da un even­tuale com­mis­sa­ria­mento, dovendo fron­teg­giare il nuovo mostro della defla­zione, sareb­bero molto meno rigide e social­mente dolo­rose di quelle decre­tate per la Gre­cia». E’ di que­sto che si è par­lato nel lungo incon­tro tra Dra­ghi e Renzi? Era que­sto il tema del col­lo­quio di ieri tra il pre­si­dente della Repub­blica e quello del con­si­glio? Quasi cer­ta­mente no. E tut­ta­via è que­sto il con­vi­tato di pie­tra che, quasi senza biso­gno di essere espli­ci­tato, orien­tava e con­di­zio­nava entrambi, così come orienta e con­di­ziona tutti i ten­ta­tivi del governo di met­tere a punto una stra­te­gia eco­no­mica effi­cace di qui a settembre.

E’ noto che il pre­si­dente della Bce non intende inviare al primo mini­stro ita­liano una let­tera sul modello di quella arri­vata a Ber­lu­sconi tre anni fa. La dif­fe­renza tra i due soci del Naza­reno è ovvia: il cava­liere azzurro era indi­vi­duato dalla tec­no­cra­zia euro­pea come un impac­cio del quale libe­rarsi il prima pos­si­bile, il rot­ta­ma­tore fio­ren­tino come l’ultima diga prima del salto nel buio. Una let­tera che tra­sfor­me­rebbe seduta stante la pro­messa d’Italia in una clas­sica “ana­tra zoppa” non può dun­que essere presa in troppo seria con­si­de­ra­zione dalla Bce. Renzi potrà con­ti­nuare a fin­gere che tutto vada bene e a rac­con­tare che «l’Italia non è un sor­ve­gliato spe­ciale». Pur­ché a stretto, anzi stret­tis­simo giro, si pre­senti con misure tali da garan­tire l’esborso neces­sa­rio per il pros­simo anno al quale aggiun­gere i miliardi per la prima rata del Fiscal Com­pact, da con­tra­stare lo tsu­nami mon­tante del debito pub­blico e da lasciar spe­rare in una immi­nente ripresa pro­dut­tiva. Anche solo la prima voce, la più impel­lente, costi­tui­sce un rom­pi­capo. Quasi cer­ta­mente il governo varerà un con­dono edi­li­zio camuf­fato da revi­sione dei cata­sti. Non basterà, come non baste­reb­bero le ancora even­tuali ma ben più dolo­rose misure allo stu­dio, prima fra tutte l’intervento sulle pen­sioni basate sul sistema retri­bu­tivo e defi­nite “ric­che”, ma che in realtà non lo sono, quelle sopra i 3000 (o 3500) euro lordi al mese. Se dal vicolo cieco il governo non tro­verà modo di uscire nel giro di un paio di mesi, sarà ine­vi­ta­bile pren­dere in seria con­si­de­ra­zione l’ipotesi del pre­stito europeo.

Sul tavolo di Castel­por­ziano c’erano le stesse que­stioni, con in più pro­ba­bil­mente un’altra, non meno impor­tante. Al capo dello Stato non è pia­ciuto affatto il tono ado­pe­rato dal gio­va­notto a pro­po­sito dell’Europa: non solo per­ché è uno stile lon­ta­nis­simo da quello di Napo­li­tano, ma anche per­ché il pre­si­dente lo ritiene peri­co­loso e con­tro­pro­du­cente. Re Gior­gio, è noto, quel modo di fare, che qual­cuno defi­ni­sce da “coatto”, non lo apprezza nep­pure all’interno dei con­fini nazio­nali. Ma una cosa è rivol­gersi con evi­dente sprezzo alla mas­sa­crata e pochis­simo legit­ti­mata classe poli­tica ita­liana, tutt’altra fare lo stesso con Angela Mer­kel e con la troika. Dun­que che si tratti di una corsa in eli­cot­tero a Città della Pieve da Dra­ghi, o di un invito uffi­ciale a Castel­por­ziano da Napo­li­tano, il tema è sem­pre lo stesso: la mon­ta­gna di pol­vere accu­mu­lata da Renzi sotto il tap­peto, stor­nando l’attenzione con l’inutile riforma del Senato, che rimanda non solo alla poli­tica eco­no­mica ma anche, in stretta cor­re­la­zione, ai rap­porti con l’Europa e la troika. Nodo arri­vato al pettine.

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