Fonte: Huffington Post
di Ida Dominijanni – 31 luglio 2014
Non so se valga la pena di tentare il gioco che sto per tentare, cioè un’analisi testuale del post emesso ieri sera da Matteo Renzi su Facebook. Non lo so davvero, perché il linguaggio del Presidente del Consiglio è del tutto estraneo a qualsivoglia grammatica e sintassi della razionalità politica. Non che sia la prima volta: anche in questo il maestro è sempre lui, Berlusconi. Appunto da lui, Berlusconi, abbiamo capito che usare la razionalità contro i giochi di prestigio è quasi sempre inutile. Ci provo lo stesso, frase per frase.
“Gli italiani ci hanno chiesto di cambiare un sistema politico che non funziona più“. Non è vero. “Gli italiani” a Matteo Renzi non hanno chiesto proprio niente. È stato Matteo Renzi, all’atto dell’insediamento del suo governo, a presentarsi al Senato promettendogli di asfaltarlo. Il Senato, comprensibilmente e giustamente, resiste: c’è ancora qualcuno che non aderisce entusiasticamente alla forma sadomasochista imperante nei rapporti sociali e politici. Gli italiani, in materia di riforma del Senato, della Costituzione e della legge elettorale non sono stati interpellati e non si sono espressi. Hanno dato molti voti a Matteo Renzi e al suo partito alle elezioni europee, dove questa materia non era parte del programma né dell’agenda.
“Noi manteniamo la promessa, senza paura e senza mollare“. Accidenti che uomo, e che virile coraggio. Peccato che non siamo in una striscia di Braccio di ferro, ma in un conflitto politico che riguarda un assetto istituzionale e costituzionale. Ora, né le istituzioni né la Costituzione sono a disposizione di un governo. Matteo Renzi ha già fatto una forzatura ignobile imponendo arrogantemente una riforma costituzionale nel ruolo di capo dell’esecutivo, invece di limitarsi a proporla più umilmente nel ruolo di segretario del partito di maggioranza relativa. Molto male ha fatto il Senato ad accettare questa forzatura. Peggio farebbe a subirla a testa china e senza muovere ciglio, come il presidente del consiglio gradirebbe.
“Stiamo facendo le riforme perché la politica e i politici devono cambiare.” Bassa demagogia. Né la politica né i politici cambiano cambiando le regole. E non si vede perché l’una e gli altri dovrebbero cambiare sol perché il Senato diventa il dopolavoro di cento consiglieri regionali non eletti. Matteo Renzi abbia il coraggio di dire come stanno effettivamente le cose e i suoi desiderata: abbia il coraggio di rivendicare che vuole una sola camera, di nominati, per poter avocare al governo l’intero processo legislativo e decisionale. Nel combinato disposto della riforma del Senato più l’Italicum, c’è in realtà il cambiamento della forma di governo. Gli italiani gli hanno chiesto questo? Sono stati interpellati su questo? Sono stati informati di questo? Finora no.
“E le sceneggiate di oggi dimostrano che alcuni senatori perdono tempo per paura di perdere la poltrona“. Lo stile fa l’uomo. E lo stile è questo: insultare chi si oppone. Gufi, professoroni, gentaglia attaccata alla poltrona. Matteo Renzi non può non sapere che se questo fosse il movente, la paura di perdere la poltrona, ”alcuni senatori” gli avrebbero già detto di sì. Se la perdono, la poltrona, è perché gli dicono di no. Lo sanno, e ciò nonostante gli dicono di no perché la sua riforma non li convince, e fanno bene.
“Noi andiamo avanti e alla fine saranno i cittadini con il referendum a giudicare chi avrà ragione e chi torto”. Qualcuno ha già detto che proclamato così, dall’alto del governo, il referendum non sarebbe un referendum ma un plebiscito. E qualcuno ha anche già spiegato che allo stato attuale le regole per farlo, questo plebiscito, non ci sono. Se la riforma costituzionale passasse con la maggioranza dei due terzi, non si darebbe luogo al referendum: questo dicono le regole vigenti. Matteo Renzi e Maria Elena Boschi millantano un pronunciamento popolare indotto e condizionato dall’alto, che per giunta allo stato non si può dare per garantito.
“La nostra determinazione è più forte dei loro giochetti.” Vedi sopra, Braccio di ferro/2.
“Andiamo avanti pronti a discutere con tutti ma non ci faremo mai ricattare da nessuno.” Finora il governo non è stato pronto a discutere con nessuno che non fosse più o meno d’accordo con lui. E quando qualcuno non è d’accordo, è il governo che lo ricatta e non viceversa (si veda la signorile uscita di Lotti sulla fine dell’alleanza con Sel).
Già che ci sono, torno anche sull’argomento contro gli oppositori della riforma costituzionale usato dalla ministra Boschi. La ministra ha definito “allucinazioni” le denunce della torsione autoritaria che ne conseguirebbe per la democrazia italiana. Non so che idea abbia la ministra dell’autoritarismo: forse immagina qualcosa che abbia a che fare con l’olio di ricino e il manganello. Purtroppo in questo caso le allucinazioni sono tutte sue. L’autoritarismo dei tempi nostri non ha bisogno di quei metodi repressivi: gli basta configurarsi come dittatura della maggioranza. Che è esattamente quello che il combinato disposto dell’Italicum e della riforma costituzionale configura.
Questo combinato disposto, è evidente, non passerà mai così com’è. Del resto Renzi, dopo avere scritto ieri il risibile post di cui sopra, apre oggi 30 luglio a modifiche della legge elettorale pur di avere il mano la bandierina del Senato asfaltato da usare alle riffe d’agosto sull’efficienza del suo governo. Visto? Fatto! Fatto un bel niente. Siamo solo alla prima lettura nella prima Camera, e prima della seconda nella seconda camera molta acqua dovrà passare sotto i ponti. Il presidente del consiglio farebbe bene a inquinarla di meno.
Non so se valga la pena di tentare il gioco che sto per tentare, cioè un’analisi testualedel post emesso ieri sera da Matteo Renzi su Facebook. Non lo so davvero, perché il linguaggio del Presidente del Consiglio è del tutto estraneo a qualsivoglia grammatica e sintassi della razionalità politica. Non che sia la prima volta: anche in questo il maestro è sempre lui, Berlusconi. Appunto da lui, Berlusconi, abbiamo capito che usare la razionalità contro i giochi di prestigio è quasi sempre inutile. Ci provo lo stesso, frase per frase.
“Gli italiani ci hanno chiesto di cambiare un sistema politico che non funziona più”. Non è vero. “Gli italiani” a Matteo Renzi non hanno chiesto proprio niente. È stato Matteo Renzi, all’atto dell’insediamento del suo governo, a presentarsi al Senato promettendogli di asfaltarlo. Il Senato, comprensibilmente e giustamente, resiste: c’è ancora qualcuno che non aderisce entusiasticamente alla forma sadomasochista imperante nei rapporti sociali e politici. Gli italiani, in materia di riforma del Senato, della Costituzione e della legge elettorale non sono stati interpellati e non si sono espressi. Hanno dato molti voti a Matteo Renzi e al suo partito alle elezioni europee, dove questa materia non era parte del programma né dell’agenda.
“Noi manteniamo la promessa, senza paura e senza mollare”. Accidenti che uomo, e che virile coraggio. Peccato che non siamo in una striscia di Braccio di ferro, ma in un conflitto politico che riguarda un assetto istituzionale e costituzionale. Ora, né le istituzioni né la Costituzione sono a disposizione di un governo. Matteo Renzi ha già fatto una forzatura ignobile imponendo arrogantemente una riforma costituzionale nel ruolo di capo dell’esecutivo, invece di limitarsi a proporla più umilmente nel ruolo di segretario del partito di maggioranza relativa. Molto male ha fatto il Senato ad accettare questa forzatura. Peggio farebbe a subirla a testa china e senza muovere ciglio, come il presidente del consiglio gradirebbe.
“Stiamo facendo le riforme perché la politica e i politici devono cambiare.” Bassa demagogia. Né la politica né i politici cambiano cambiando le regole. E non si vede perché l’una e gli altri dovrebbero cambiare sol perché il Senato diventa il dopolavoro di cento consiglieri regionali non eletti. Matteo Renzi abbia il coraggio di dire come stanno effettivamente le cose e i suoi desiderata: abbia il coraggio di rivendicare che vuole una sola camera, di nominati, per poter avocare al governo l’intero processo legislativo e decisionale. Nel combinato disposto della riforma del Senato più l’Italicum, c’è in realtà il cambiamento della forma di governo. Gli italiani gli hanno chiesto questo? Sono stati interpellati su questo? Sono stati informati di questo? Finora no.
“E le sceneggiate di oggi dimostrano che alcuni senatori perdono tempo per paura di perdere la poltrona”. Lo stile fa l’uomo. E lo stile è questo: insultare chi si oppone. Gufi, professoroni, gentaglia attaccata alla poltrona. Matteo Renzi non può non sapere che se questo fosse il movente, la paura di perdere la poltrona, ”alcuni senatori” gli avrebbero già detto di sì. Se la perdono, la poltrona, è perché gli dicono di no. Lo sanno, e ciò nonostante gli dicono di no perché la sua riforma non li convince, e fanno bene.
“Noi andiamo avanti e alla fine saranno i cittadini con il referendum a giudicare chi avrà ragione e chi torto”. Qualcuno ha già detto che proclamato così, dall’alto del governo, il referendum non sarebbe un referendum ma un plebiscito. E qualcuno ha anche già spiegato che allo stato attuale le regole per farlo, questo plebiscito, non ci sono. Se la riforma costituzionale passasse con la maggioranza dei due terzi, non si darebbe luogo al referendum: questo dicono le regole vigenti. Matteo Renzi e Maria Elena Boschi millantano un pronunciamento popolare indotto e condizionato dall’alto, che per giunta allo stato non si può dare per garantito.
“La nostra determinazione è più forte dei loro giochetti.” Vedi sopra, Braccio di ferro/2.
“Andiamo avanti pronti a discutere con tutti ma non ci faremo mai ricattare da nessuno.” Finora il governo non è stato pronto a discutere con nessuno che non fosse più o meno d’accordo con lui. E quando qualcuno non è d’accordo, è il governo che lo ricatta e non viceversa (si veda la signorile uscita di Lotti sulla fine dell’alleanza con Sel).
Già che ci sono, torno anche sull’argomento contro gli oppositori della riforma costituzionale usato dalla ministra Boschi. La ministra ha definito “allucinazioni” le denunce della torsione autoritaria che ne conseguirebbe per la democrazia italiana. Non so che idea abbia la ministra dell’autoritarismo: forse immagina qualcosa che abbia a che fare con l’olio di ricino e il manganello. Purtroppo in questo caso le allucinazioni sono tutte sue. L’autoritarismo dei tempi nostri non ha bisogno di quei metodi repressivi: gli basta configurarsi come dittatura della maggioranza. Che è esattamente quello che il combinato disposto dell’Italicum e della riforma costituzionale configura.
Questo combinato disposto, è evidente, non passerà mai così com’è. Del resto Renzi, dopo avere scritto ieri il risibile post di cui sopra, apre oggi 30 luglio a modifiche della legge elettorale pur di avere il mano la bandierina del Senato asfaltato da usare alle riffe d’agosto sull’efficienza del suo governo. Visto? Fatto! Fatto un bel niente. Siamo solo alla prima lettura nella prima Camera, e prima della seconda nella seconda camera molta acqua dovrà passare sotto i ponti. Il presidente del consiglio farebbe bene a inquinarla di meno.
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