L’archeologia e la vera storia dell’Homo Sapiens

per tonigaeta
Autore originale del testo: Antonio Gaeta

di Antonio Gaeta   12 ottobre 2015

La definizione più comune dell’archeologia é quella di strumento di conoscenza delle antiche civiltà, considerate alla base della nascita e dello sviluppo di quelle successive. Generalmente, con la definizione di “antiche civiltà” gli storici intendono indicare quelle che hanno lasciato le più importanti vestigia architettoniche, manipolative, decorative, linguistiche e artistiche. Tale concezione dell’archeologia si presta alla perfetta simbiosi intellettiva con la Storia dei popoli e delle loro culture. In questa ricerca comune, infatti, la documentazione archeologica é alla base dell’interpretazione storica. Di contro la conoscenza storica é di grande aiuto alla archeologia nella attività di interpretazione e classificazione dei reperti, ricondotti alla conoscenza delle più recenti generazioni.

Questo idillio intellettuale di tipo umanistico rischia, però, di subire una battuta di arresto, allorché si scopre che la Storia dell’Uomo non inizia con le grandi civiltà, bensì con lo sviluppo delle sue culture, le quali non sono necessariamente fondate sulla scrittura e sulla architettura, bensì principalmente sulla manipolazione della pietra e dei metalli, sulla manifattura artigianale, sulla espressione artistica e sulla tradizione orale della conoscenza dei miti: forme di comunicazione capaci di perpetuare nei secoli e nei millenni il tipo di organizzazione sociale, che le ha generate e le ha rinnovate.

 Grazie all’impagabile trentennale studio di Heide Gottner-Abendroth* sappiamo, inoltre, quanto le civiltà oggetto di studi storico-archeologici abbiano volutamente cancellato e seppellito quasi tutte le tracce delle precedenti culture: quelle che per molti millenni della cosiddetta “preistoria” diedero vita a progredite società, fondate sui clan matriarcali, prime creatrici dei miti cosmogonici.

 Di alcune di queste culture Heide Gottner-Abendroth fa una erudita esposizione della loro esistenza, fino ai giorni nostri, ponendo le basi di un nuovo filone di ricerca storico-archeologica, che include anche la conoscenza e l’interpretazione storico-politica dei miti.

 Inoltre, considerate le numerose sovrapposizioni etniche e le conseguenti intersecazioni culturali, questo filone coinvolge anche l’antropologia.

 Le numerose testimonianze dell’effettiva esistenza di un diverso percorso della Storia dell’Homo Sapiens, riportate dalla suddetta studiosa, tuttavia, non toccano da vicino i popoli europei: soprattutto quelli eredi della grandiosa epopea storico-culturale “elladica” (prima delle invasioni ariane), “ellenica” (dopo le invasioni ariane) ed “ellenistica” (dall’egemonia macedone alla caduta dell’Impero Romano) !

Per questo ritengo indispensabile citare il grandioso studio antropologico sui miti greci, condotto da Robert Graves, sebbene si sia sempre definito un “mitografo”. Egli, tuttavia, ha saputo spiegare la natura storico-politica del “mito”, che non si presta a essere relegato alla sola funzione di simbolo religioso e meno ancora di strumento di conoscenza della psiche umana.

 Graves, infatti, nel suo famoso saggio “I miti greci” (Longanesi & C.) scrive: “Uno studio della mitologia greca deve iniziare dall’esame della situazione politica e religiosa dell’Europa, prima dell’invasione degli Ariani (o Indo-Europei ndr.). In tutta l’Europa neolitica, a giudicare dai miti sopravvissuti, le credenze religiose erano molto omogenee e tutte basate sul culto di una dea Madre, dai molti appellativi, venerata anche in Siria e in Libia.

 L’antica Europa – egli scrive – non aveva dei. La grande dea era considerata immortale, immutabile e onnipotente. Il concetto di “paternità” non era stato ancora introdotto nel pensiero mitologico dell’epoca. La dea, infatti, sceglieva i suoi amanti, per soddisfare il suo piacere e non per dare un padre ai suoi figli. Gli uomini temevano e rispettavano la matriarca, posta a capo del clan. Il focolare posto al centro di una grotta o di una capanna fu il loro centro sociale e la maternità il loro mistero… omissis.”

Nell’antica mitologia greca si riflettono inizialmente i mutevoli rapporti tra la regina e i suoi amanti (a simboleggiare la lotta per la supremazia tra i sessi ndr.), che termina quando nell’Iliade Omero fa dire ai Re: < Siamo migliori dei nostri padri !> : affermazione che allude alla fine dell’inviolabilità del matriarcato in Grecia.

Da quel momento molti miti greci seguono la storia politica e religiosa imposta dalle nuove popolazioni ariane. Bellerofonte doma Pegaso alato e uccide la Chimera. Perseo, in una variante della medesima leggenda, vola nell’aria e decapita la madre di Pegaso (ovvero la Gorgone Medusa), così come Marduk, l’eroe babilonese, uccide il mostro marino Tiamat, dea del Mare.

 Ad essi possiamo aggiungere Edipo, che uccide il padre (generazione non patriarcale), sconfigge l’enigma della Sfinge (enigma sull’animalità umana, espressione della dea Madre) e sposa la madre (a simboleggiare la sottomissione femminile) !

Sia Edipo, sia Bellerofonte, sia Perseo sia Marduk rappresentano il nuovo uomo patriarcale, che invade l’Europa, il Medio Oriente e l’India e impone la sua cultura e i sui simboli religiosi, anche in forma mitologica. Prima di allora Zeus era stato considerato un semplice semi-dio, non ancora capace di ascendere alla più alta carica di Padre degli dei e padrone dell’Olimpo. Per diventarlo dovette attendere l’arrivo degli Achei !

 Inoltre, l’Apollo che uccide Pitone a Delfi ricorda gli Achei, che conquistarono il santuario della Madre Terra cretese. Lo stesso dicasi della violazione di Apollo nei confronti di Dafne, che Hera (simbolo della trinità femminile: vergine, ninfa, vegliarda) subito trasformò in lauro. Dafne era una vestale, facente parte del collegio sacerdotale delle Menadi, che i nuovi popoli patriarcali soppressero.

 Il saggio di Robert Graves é un’enciclopedia esemplare sul significato storico dei miti greci, in un epoca dell’umanità, che ovunque nel mondo vedeva le culture matriarcali cadere sotto i colpi e le violenze delle culture patriarcali.

 Per questo l’archeologo che si fregia dell’onore di avere riportato alla luce un reperto, costituito da una raffigurazione in forma di affresco murale, di mosaico o di scultura, ha l’assoluta necessità di capire cosa quella raffigurazione intenda rappresentare, con riferimento al periodo a cui risale. Quando non si tratta di personaggi realmente esistiti, quasi sempre si tratta di personaggi mitologici.

In questo caso tutte le discipline sono chiamate a concorrere nel cercare di stabilire la cultura, a cui la raffigurazione fa riferimento (anche se in un contesto temporale diverso), perché il mito chiama in causa un’intera grande o meno grande cultura, portatrice di una storia, spesso non scritta, che fa parte della vera Storia dell’Homo Sapiens.

Con riferimento particolare all’archeologia, Robert Graves scrive: “Benché i miti seguano quasi sempre un medesimo schema, tutte le interpretazioni particolari delle singole leggende saranno suscettibili di revisione, finché gli archeologi non ci avranno fornito un quadro esatto dei movimenti delle diverse tribù, portatrici delle diverse culture (non solo della Grecia ndr) e relative date di riferimento.

Al momento il sistema di analisi che poggia su basi antropologiche é l’unico accettabile. La teoria secondo la quale la Chimera, La Sfinge, la Gorgone, i Centauri, i Satiri e così via, siano cieche manifestazioni dell’inconscio collettivo junghiano (cui non si può, né si potrà mai attribuire un preciso significato) é del tutto infondata ! L’età del bronzo e l’inizio dell’età del ferro non furono l’infanzia dell’umanità, come il dottor Jung ha immaginato. I fatto che Zeus inghiottisse Meti e, poi, desse alla luce Atena, attraverso un foro nella sua testa, non é un’irreprimibile fantasia.. Bensì un ingegnoso dogma teologico, che include almeno 3 percorsi storico-politici:

*Atena era nata per partenogenesi da Meti, quale più giovane dea della divina trinità matriarcale, che Meti rappresentava, in quanto dea della saggezza;

* Zeus inghiottì Meti: ovvero gli Achei soppressero il culto matriarcale e attribuirono il monopolio della saggezza a Zeus, in quanto supremo dio patriarcale;

*Atena, dunque, divenne figlia di Zeus: ovvero gli Achei fedeli a Zeus risparmiarono i templi di Atena, purché i suoi devoti accettassero la suprema sovranità di Zeus.”

 In conclusione, se taluni miti ci appaiono a prima vista confusi e sconcertanti, questo é solo perché la ricerca archeologica non si é avvalsa delle altre discipline (antropologiche in primo piano), capaci di avere una visione unitaria della storia umana.

 Antonio Gaeta

* Vedi il mio articolo pubblicato su Nuovatlantide il 1° Ottobre 2015

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