Le “altre” ragioni delle posizioni divergenti di Zingaretti e Renzi sulla crisi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Giovanni La Torre

Senza voler escludere a priori che il capo della segreteria (Zingaretti) e il capo dell’opposizione (Renzi) all’interno del Pd siano mossi da alti ideali, temo che ci sia anche dell’altro a spingere i due esponenti ognuno sulle proprie posizioni. Renzi, nell’assumere la posizione di questi giorni favorevole, anzi incitatore, a un governo con i 5S, ufficialmente dice di essere spinto dal sacro principio di impedire a Salvini di prendere il potere. Sarà, però è strana l’inversione a 180 gradi della sua posizione, visto che fino a un minuto prima della crisi era il più strenuo avversario del partito di Grillo e forse avrebbe fatto votare volentieri, contro l’ipotesi di accordo con i 5S, una sorta di “preambolo” dalla direzione del partito, alla maniera di Donat-Cattin della Prima Repubblica contro il Pci.

Ma è altrettanto sospetta la fermezza di Zingaretti che, già alle prime avvisaglie di una crisi in un momento in cui avrebbe anche potuto rientrare, ha urlato “al voto al voto”. E la stessa disponibilità di questi giorni a un eventuale governo giallorosso, appare più di facciata che di sostanza, date le condizioni poste ai 5S per un accordo. Intendiamoci: sono condizioni di alto profilo e condivise da chi scrive, a cominciare dalla perorazione europeista, ma di difficile digestione da parte dei potenziali alleati, e non è da politici italiani la fermezza nei valori, i quali sono considerati poco più che aria fritta a beneficio dell’elettore bue, molto negoziabili, e vengono quasi sempre dopo la convenienza personale e della propria parte.

Cosa inchioda, dunque, i due contendenti alle proprie posizioni? Io penso che la preoccupazione principale dei due sia quella che attiene alla composizione dei gruppi parlamentari nell’eventualità o meno di una tornata elettorale. Gli attuali eletti Pd sono stati scelti da Renzi e l’uomo, si sa, era un asso piglia tutto. Nella composizione delle liste mise quasi esclusivamente uomini a lui fedeli. Addirittura si disse che non voleva mettere neanche Gentiloni, che pure era il premier uscente. Negli attuali gruppi parlamentari Pd, non è esagerato dire che Zingaretti sia in minoranza. Allora è evidente che una nuova tornata elettorale, al di là degli esiti per l’intero Pd, avrebbe comunque come effetto un robusto avvicendamento, perché questa volta le liste le preparerebbe Zingaretti. Quindi, l’attuale segretario vuole nuove elezioni, mentre Renzi si oppone perché sa che con i nuovi gruppi il suo potere si sgonfierebbe ancora di più.

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