LE FOGLIE CHE CADONO DALL’ALBERO, OVVERO L’OBLIO E L’ARRICCHIMENTO.
Oblio o memoria, come districarci? La nostra esistenza è una vita che si svolge nel tempo e della quale conserviamo ricordi in superficie. Ma oltre i ricordi, ci sono gli arricchimenti dovuti all’oblio.
Quando provo a scrivere episodi del mio passato, ne viene fuori meno di una paginetta, sono ricordi molto sbiaditi, solo alcuni con uno sforzo si ripresentano, pur sempre pallidi, occasionali, qualche immagine, qualche debole impressione, una esperienza lontana nel tempo. Mi sento povero di ricordi, eppure sono stato tanto attivo. Se mi sforzo, quel ricordo si ravviva un poco, ma è infima cosa rispetto quanto sperimentavo. Sarebbe strano che tutto quello che ha lasciato una impressione in noi da quando eravamo bambini si presentasse continuamente alla coscienza ogni giorno. Durante la vita noi dimentichiamo una infinità di cose, non solo quelle dell’infanzia, ma anche quelle di un anno fa, e forse anche impressioni di ieri. Per fare un solo esempio. Non ricordo più quei momenti quando appresi a leggere e a scrivere da bambino, conservo appena una immagine sbiadita dell’abbecedario, del quaderno con le righe distanziate, mi sembra di rivedere qualche vocale incerta, i numeri traballanti. Eppure, quella assimilazione, passata ormai nel dimenticatoio, ha germogliato tanto nella mia vita!!
Ma che qualcosa sia svanita dalla memoria non significa che sia scomparsa del tutto dalla nostra individualità. C’è una profonda differenza tra una immagine di cui abbiamo attualmente il ricordo e questa medesima immagine una volta svanita dalla memoria. Prendiamo appunto una rappresentazione che ci siamo formati e che vive attualmente nella coscienza. Poi, osserviamo come essa a poco a poco svanisca. Eppure, essa è ancora presente nella nostra anima. A fare che? Ad essere assimilata, a svolgere un lavoro importantissimo da quando cade nell’oblio. C’è un fare continuo prodotto da ciò che dimentichiamo. È l’assimilazione di quanto caduto nell’oblio che ci fa evolvere.
Fin quando un ricordo rimane vivo nella memoria, esso è riferita ad un oggetto o un’idea, resta vincolato e la propria forza interiore deve indirizzarla a tale oggetto. Nel momento in cui viene dimenticata, è interiormente svincolata e può sviluppare delle forze germinali nell’anima.
Con le impressioni trattenute stabilmente nella coscienza, può succedere che non c’è spazio per accogliere il nuovo. Per esempio, è sempre dannoso quando di notte non si riesce in alcun modo a rimuovere dalla coscienza una preoccupazione o un dissapore. Se si riuscisse a dimenticare, si trasformerebbero in benefici. Il fatto di non riuscire a dimenticare qualcosa è dannoso per la salute interiore.
Quando serbiamo rancore, la salute ne soffre. Quello che invece riusciamo a dimenticare diviene un balsamo salutare per l’anima e il corpo. Se qualcuno ci ha offeso e noi torniamo a rinvangare più e più volte l’impressione ricevuta, riferiamo l’immagine del male subito a quella persona, la lasciamo fluire all’esterno. Ma immaginiamo di esserci decisi a perdonare e dimenticare come se non fosse successo nulla, ecco, questo sarebbe un atteggiamento veramente salutare. Questi sono fatti che ci fanno capire la benedizione dell’oblio in un senso ancora maggiore.
Nella difficoltà di modificare le abitudini di pensiero vediamo anche l’enorme lavoro che facciamo per conservarle intatte ma a scapito di nuove esperienze e nuovi arricchimenti.
Durante la vita tra nascita e morte siamo in condizione di accogliere nuove possibilità evolutive, di arricchirci e di trarre costanti bilanci di quanto vissuto. È lo stesso Mondo a cambiare di continuo e presentarci infinite opportunità. Sta a noi coglierle.
L’evoluzione, quella personale e quella collettiva, contiene in potenza un continuo innalzamento dell’esistenza e ciò dipende dalle nostre scelte. Da dove proviene ciò che si accoglie? Sono esperienze dell’anima che si danno per mezzo di relazioni nuove con i fatti che la vita ci presenta.
Ci sono esperienze condizionate da cause precedenti, e poi ci sono esperienze libere che entrano per la prima volta nel nostro orizzonte. Le prime sono quelle che portiamo con noi, riflesse nell’educazione, l’ambiente familiare immediato, metodologia, abilità. Trasportiamo con noi fatti caratteriali, inclinazioni, abitudini, e con essi affrontiamo la vita, spesso di forma meccanica e automatica. Per spiegare le esperienze faccio solo qualche esempio semplice.
Il repentino sorriso di un bambino in carrozzella che sboccia spontaneo e mi attrae, mi sorprende al punto di indurmi, impercettibilmente, a sorridere e stabilire una relazione che mi arricchisce e mi mette di buon umore, disposto oggi a accogliere di più quello che mi attende. Ne serberò il ricordo, oggi sorriderò nuovamente. Qualcosa è nato in me che si propaga. E’ solo un esempio.
Oppure, passeggio vicino al mare increspato dal vento al tramonto. Camminare attento a quanto sento e vedo può fare di me qualcosa di diverso nell’anima di ciò che ero stamattina. Quello che vivo significa per me l’inizio di un arricchimento che può continuare a crescere. La passeggiata può generare una profonda impressione nella mia anima e divenire una esperienza aggiunta. Posso sentirmi grato per la Creazione, consapevole dell’inquinamento, e quante altre riflessioni si daranno nella mia anima.
Qualcosa che nasce dal niente: sono annesso al panorama, aggregato alla situazione che già è data, come elemento vivo che si è collegato di forma incondizionata, liberamente. Perché potrei stare facendo un’altra cosa, passeggiare distratto, parlare al telefono senza neanche accorgermi del mare. Questa creazione dal nulla arricchisce me e il Cosmo con un grano di sabbia che prima neanche esisteva. La educazione, intesa in senso lato, è una continua fucina per apprendere a creare nessi e relazioni nuove con la vita. Il luogo e l’ambiente in cui nasciamo costituiscono solo il gradino preliminare, con la creazione dal nulla possiamo aggiungere del nuovo alle nostre disposizioni di partenza. Possono sorgere altrettante opportunità per sconvolgere l’ordine cristallizzato delle cose e di infondere vita e calore nella dedizione al mondo.
Qui devo chiarire un equivoco che può sorgere a proposito della memoria. Dicevo nell’articolo precedente che possiamo acquisire la conoscenza dell’Io vivendo, non solo nel presente ma anche, attraverso la memoria, nel passato, guardando indietro ai giorni, alle settimane, agli anni, persino ai decenni precedenti, fino al punto di tempo della nostra infanzia in cui la memoria può portarci. Ma come dicevo, la memoria in sé si è “impoverita” e ha tralasciato dettagli e particolari. Allo stesso tempo, abbiamo sviluppato forze germinali nell’anima che generalmente rimangono sottotraccia fino ad emergere al momento opportuno, o nell’altra vita. Abbiamo una sorta di memoria cosciente delle assimilazioni, esperienze e gli arricchimenti della nostra vita interiore, altrimenti ci sarebbe davvero impossibile parlare dell’Io. È la consapevolezza degli arricchimenti che ci permette dare uno sguardo sulla nostra individualità unica. Non è il singolo episodio o ricordo che importa, la memoria come detto ha lasciato indietro infinità di dettagli. La coscienza del nostro Io però si smarrirebbe se il ricordo cosciente delle esperienze arricchenti fino al momento in questione venisse cancellato completamente. All’Io ci arriviamo solo imparando a conoscerlo nella sua attività, nel suo impulso creativo. Questo guardare indietro nella memoria è comunque utile, perché ci fa riconoscere che nella vita abbiamo acquisito conoscenza dalle nostre esperienze in un modo da metterle in relazione con l’Io, perché è innegabile che abbiamo lavorato interiormente sulle nostre esperienze, stimolati dalle circostanze esterne seppur in libera autonomia, e così facendo le abbiamo arricchite. Chiunque sia consapevole della maturazione e del miglioramento della vita che avviene nelle sue profondità sa che questo non può essere dovuto a nessuna realtà esterna, ma a qualcosa che opera dentro di lui. La realtà esterna offre continuamente spunti ed occasioni, comportandosi come il palco della nostra crescita. Una sofferenza, un ostacolo, una separazione, sono tutte potenziali occasioni per stabilire nuove relazioni con i fatti, al di là delle abitudini e pregiudizi. Le occasioni ci vengono incontro come il vento che ci colpisce al viso, e sta lì la nostra capacità di intravedere chi siamo veramente.
L’oblio, quindi, non è un semplice difetto ma qualcosa di benefico. Se sviluppassimo solo la memoria al massimo grado avremmo un carico maggiore e rimarremmo vincolati, prigionieri di abitudini di pensiero e pregiudizi, e quindi la nostra capacità di evolversi sarebbe come inaridita. La nostra possibilità di sviluppo la dobbiamo all’oblio. Da qui si possono prendere le mosse per comprendere come il perdono e il dimenticare attivo siano delle forze di evoluzione straordinarie, siano essi individuali o praticati in collettività.
FILOTEO NICOLINI
IMMAGINE: ALBERO.